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mercoledì 7 marzo 2018

Il Reddito di Cittadinanza e le considerazioni "auto-razziste" di un Meridionale sul Sud :-)


Salve.

Chi scrive – secondo alcuni – è un "auto-razzista". :-)
È un "auto-razzista" in quanto, da Meridionale, ha il coraggio di riconoscere pubblicamente che la maggioranza dei suoi concittadini ha votato per il Movimento Cinque Stelle perché spera di ottenere il Reddito di Cittadinanza.

Per alcuni è un auto-razzista perché, da vero infame, sfacciato e figlio ingrato del Sud, ha il coraggio di sostenere pubblicamente che le ragioni della disperazione, dell'assenza di prospettive per il presente e per il futuro, pur comprensibili e condivisibili, non sono affatto sufficienti a giustificare chi aspira a vivere a spese di chi lavora.

Chi scrive, per alcuni, è un auto-razzista, perché ritiene che queste persone abbiano scelto di campare alle spalle del prossimo solo perché si sono rifiutate di considerare la possibilità di andare via, di emigrare; un'opzione che esiste da sempre ed aperta a tutti gli strati sociali ed a tutte le età.
Una possibilità che milioni di Italiani prima di loro, tra cui anch'io (e migliaia mentre scrivo) hanno invece considerato; e l'abbiamo fatto perché quello che volevamo era una vita dignitosa, e ritenevamo – dateci pure torto – che non ci fosse alcuna dignità nel campare a sbafo del prossimo.

Ma andiamo con ordine.  :-)
Nella seconda metà degli Anni '90, in una delle mie numerose vite precedenti, lavoravo come consulente per la Pubblica Amministrazione: ho girato enti locali e territoriali in Puglia e un po' di Campania, ma ho anche tenuto alcune lezioni di corsi di formazione in alcuni enti in Sicilia e nel Lazio. Non ho visto, quindi, "tutto il Sud", ma un'idea approssimativa me la sono fatta.
Non posso – per ovvi motivi – fare nomi né fornire coordinate troppo precise da cui si potrebbe desumere a chi o a quale realtà mi riferisco esattamente, ma ho avuto comunque modo di formarmi un'opinione basata sui fatti e non sui soliti pregiudizi contro o pro-Sud.

E vi posso dire, come un Nexus VI terrònico, che ho visto cose che voi umani, ma manco sul Sacro Blog ve le potete sognare.

Ho visto persone brillanti, ma non ammanicate con i piani alti, non soltanto non fare carriera, ma venire superate da mediocri ed anche caricate di lavoro, sia il proprio che quello degli altri.
Perché, ad essere sinceri, non è vero che nella Pubblica Amministrazione nessuno fa un cazzo: la verità è che c'è chi non fa un cazzo, chi lavoricchia e chi lavora per sé e per tutti quelli che non fanno un cazzo. E, ovviamente, lavora male. È un problema organizzativo e culturale.

Ma con la stessa sincerità vi dico – credeteci, non credeteci, fate voi – che non capitava mica di rado che io ed altri entrassimo in un ufficio pubblico e, dopo aver osservato, letto, intervistato dirigenti e dipendenti, parlato, fatto riunioni, eccetera, passati alcuni giorni, non fossimo ancora riusciti a capire questi signori cosa cazzo ci facessero davvero là dentro.
Attenzione: sto dicendo cosa facessero davvero. Non le loro mansioni sulla carta.

Per giorni, non vedevamo nessuno che lavorava, o che quantomeno sembrasse lavorare: la gente vagava per gli uffici, chiacchierava, teneva sul tavolo la stessa pratica con il faldone sempre, immancabilmente chiuso, faceva telefonate tutte rigorosamente personali e soprattutto, se interpellata sul proprio lavoro, forniva solo risposte assolutamente evasive, generiche ed inconcludenti.
Ad esempio (scusate la censura stile CIA ma, ripeto, devo evitare troppi dettagli che rendano riconoscibili luoghi e/o persone), io chiedevo: "Scusi, lei di cosa si occupa?"
E quello: "Maaa, guardi, quando arrivano segnalazioni da parte di X, noi ci attiviamo per effettuare Y".
Io: "Quando è stata l'ultima volta che X ha segnalato qualcosa?" (Io sapevo già che era da molto)
Lui: "Eh, saranno almeno sei o sette anni fa, anche perché da allora non ci sono più fondi".
Io: "?"

Ma non è tutto. Se un collega di un altro ente pubblico si presentava in ufficio chiedendo del dottor Tizio, gli si diceva che il dottor Tizio non c'era e gli si suggeriva di richiamare, invece di presentarsi di persona.
Voi direte: "E allora, cosa c'è di strano?" Di strano c'è che a dirglielo era proprio... il dottor Tizio.
Quante volte avrò visto questa scena da film di Totò, ho perso il conto.

Ora mi direte: "Sì, va be', ma tutto questo col Reddito di Cittadinanza che c'entra?"
Belli miei, non prendiamoci in giro. Per molti al Sud, la cultura del lavoro è questa: se hai un posto fisso pubblico e sei vicino a chi conta, allora te la passi bene; se no, ti tocca lavorare davvero, pensa tu. A questo aspirano molti – non tutti, ma molti – Meridionali: ad un posto come quello di questi signori qua.
Un posto in cui devi "attivarti" quando te lo richiede X, il quale X non si fa vivo da anni, ma meglio così, ché ti stressi di meno.

Perché credete che il MoVimento Cinque Stelle, che dice di sapere come reperire le coperture finanziarie per il Reddito di Cittadinanza senza fare debiti (vicenda assolutamente folle, di cui mi sono occupato anch'io, qui e qui), con quei soldi non ha proposto di lanciare un piano di sostegno alle start-up che generasse posti di lavoro nel settore privato (e nell'indotto), invece di pagare semplicemente dei sussidi?
In altre parole, se i fondi ci sono, perché non usarli per creare posti di lavoro veri, invece di dare soldi a chi non fa un cazzo? 
E la ragione è semplice: perché alla Casaleggio Associati sanno benissimo che ciò che i loro elettori vogliono non è un lavoro: è un posto. "Se questi volessero un lavoro – come diceva già anni fa la buonanima di Indro Montanelli – emigrerebbero."

E qui intendiamoci sui termini: il posto non è un lavoro. Il posto è una forma di occupazione che ti garantisce un buon reddito per tutta la vita, senza però causarti troppi problemi. 
Tuttavia, non potendo ingabbiare il Paese in un'altra ondata di concorsoni interminabili che molti dei loro elettori neppure supererebbero (e poi, quella dei concorsi che non portano a niente è la strategia del PD! E non vorrete mica che copino la strategia del PD!), si sono inventati una strada più breve e, soprattutto, più semplice, alla portata di tutti: una bella domandina, e per tre anni il tuo problema di reddito è risolto.
Anzi, se sei sposato, come nucleo familiare, puoi portare a casa più soldi di quegli sfigati che fanno i turni come commessi all'ipermercato, poveri scemi!

Una bella norma clientelare – perché solo di questo si tratta, sia chiaro: una forma di clientela – pretesa e fatta passare perché "In Europa ce l'hanno tutti" (peccato solo che gli altri Paesi in Europa non hanno un rapporto debito/PIL spaventoso come il nostro, più circa cinque milioni di lavoratori a bassa produttività ed a carico dell'erario, più un esercito di pensionati con onerosissime pensioni retributive e pochissimi giovani a versare contributi; ma questi sono dettagli...); un colpo di marketing che sinora è servito perfettamente allo scopo.

Ovviamente non ci sono davvero i soldi per realizzarlo, o almeno non come dicono di volerlo realizzare loro: quello che faranno sarà o fare altri debiti (!) oppure distribuire un po' di soldi a qualcuno, magari accorpando insieme gli strumenti già esistenti, come ad esempio la Cassa Integrazione, i sussidi erogati a livello territoriale, eccetera, rimpacchettandoli e chiamandoli "Reddito di Cittadinanza".

Una banale operazione di quelle che nel marketing – unico ambito di cui il M5s capisca davvero qualcosa – si chiama "re-labelling", ossia mettere una nuova etichetta a qualcosa che c'è già.
Non potendo cambiare la realtà, lavorano sulla percezione della realtà.

Tutto qui; ma quanto basta affinché qualche attivista pentastellato che non capisce niente di Pubblica Amministrazione si senta autorizzato ad urlare su Facebook: "Avete visto, piddioti?! Lo hanno fatto davvero!"

Che poi, se servisse anche soltanto a mettere ordine nel regime di aiuti e sussidi, non sarebbe nemmeno una cosa del tutto inutile.
Ma ciò non toglie che resti soltanto l'ultima trovata con cui l'ennesima, spregiudicata formazione politica ha comprato il voto di molti miei conterranei. E non c'è da meravigliarsi, perché quel voto, in effetti, era in vendita.

Saluti,

(Rio)

lunedì 5 marzo 2018

L'inevitabile epilogo dei senza palle


Salve.

 Nel momento in cui scrivo, sono ancora in corso le operazioni di spoglio relative alla tornata delle Elezioni Politiche del 4 Marzo 2018, ma il risultato complessivo appare comunque chiaro ―anzi, per la verità, è apparso oltremodo evidente sin dai sondaggi pre-voto che si sono succeduti da almeno un paio di mesi a questa parte.

Il MoVimento Cinquestelle ha stravinto le elezioni politiche, anche se la coalizione più votata è stata quella di Centrodestra, con al proprio interno la Lega di Matteo Salvini a fare da mattatrice sulle ossa del non-così-redivivo Silvio Berlusconi.

In questo momento, nessuno sa cosa farà il Presidente Mattarella. Forse affiderà a Salvini l'incarico di formare un nuovo governo, ipotesi tutt'altro che campata in aria, oggi; come è pure possibile che Mattarella affidi invece l'incarico a Luigi Di Maio, il leader (qualunque cosa questo voglia dire, trattandosi pur sempre del M5s) del primo partito italiano.

Ad ogni modo, il PD crolla ―o meglio, tracolla― al proprio minimo storico (anche qui le percentuali non sono ancora finali, ma è una Caporetto garantita) e questo voto cambia drasticamente lo scenario politico nazionale italiano in un modo che non si vedeva dai tempi della "discesa in campo" di Berlusconi nel 1994, imprimendogli una forte sterzata a Destra.
Solo, stavolta non Centrodestra; proprio Destra.
Il Centrosinistra e la Sinistra oggi rappresentano sì e no un Italiano su cinque; voto più, voto meno.

Ma l'argomento del post di oggi non è questo. 
Il punto qui è che niente dello scenario sopra descritto è arrivato come un fulmine a ciel sereno: a parte Renzi, se lo aspettavano tutti da mesi.

Quindi, la domanda ovvia di chi, come me, ancora "ci crede" è sempre la stessa: ma perché nella politica italiana nessuno sembra accorgersi che oggi, a voler evitare di rischiare, si finisce di sicuro con il perdere tutto? 
Perché in Italia, in tutti gli schieramenti, sopravvive soltanto una classe politica pavida, senza palle, che preferisce inseguire i populisti sul terreno scivoloso della demagogia, dove i Cinquestelle o la Lega sono Maestri indiscussi, piuttosto che mettersi una buona volta a fare proposte politiche serie, rischiando magari di perdere i consensi di chi non ha i neuroni accessi, ma apparendo finalmente credibili agli occhi di chi un cervello funzionante, invece, ce l'ha?

La classe politica italiana (tutta!) evidenzia una scarsissima fiducia nell'elettorato di questo Paese, specie al Sud, ed è convinta che il solo modo per conquistare il voto di un popolo sofferente sia di prenderlo in giro con promesse più vane di quelle degli avversari. In pratica, di spararle più grosse del vicino. Tutto qui. È ovvio che, se il gioco è soltanto questo, i professionisti della demagogia vinceranno sempre; e sempre più a man bassa.

Tra l'altro, per ora, il voto populista di Destra confluisce quasi interamente verso i Cinquestelle e la Lega; ma domani ―rivelatasi l'inconsistenza della loro proposta politica― potrebbe essere persino la volta di Casapound e affini, aprendo la via a scenari davvero inquietanti.

In altre parole, si è preteso di accarezzare gli elettori anti-sistema per il verso del pelo, sfidando due formazioni politiche: un movimento che è nato inizialmente per sfasciare le Istituzioni italiane ed un altro che ha avviato la propria attività politica con una cosa che si chiama Vaffanculo Day.
No, complimenti davvero per la strategia.

È pure vero che qui si innestano anche altre considerazioni: l'elettore medio italiano è stato educato a votare sempre e soltanto sulla base della propria convenienza personale; da sempre. Era così ai tempi della DC, del PSI e, in una qualche misura, anche del PCI... Difficile cambiare questo stato di cose.

Così come è pure evidente che il successo travolgente di due formazioni che per anni non hanno fanno niente sia dentro che fuori dal Parlamento, a parte protestare e dire di NO su tutto (anche per cose su cui, appena il giorno prima, erano d'accordo), non si può spiegare unicamente con una buona campagna elettorale, ma chiama inevitabilmente in causa i demeriti e le colpe degli altri partiti, quelli che avrebbero voluto e dovuto arginarli, e che invece hanno saputo soltanto continuare il solito tran-tran, le solite piccole regalie, le solite clientele, le solite promesse, la solita politica marginale dello "sposto centomila euro da questo a quel capitolo di spesa" che non cambia niente per nessuno e, porca miseria, le solite candidature di inquisiti e impresentabili.

Ma, a voler comunque cercare di essere ottimisti, forse adesso le persone serie e di buona volontà ―se mai ve ne siano ancora in politica― hanno finalmente ricevuto la riprova ultima del fatto che la strategia del "contrastiamoli sul loro terreno" ha un unico e scontato esito: si perde, e di brutto.

Anche nella politica, arriva un momento in cui la mancanza di palle, la codardia, non possono più essere chiamate "sano realismo", "real-politik" e idiozie simili. Arriva un momento in cui bisogna capire perché davvero si continua a perdere e, a quel punto, si deve saper cambiare strategia; o, se non si hanno le qualità, bisogna sapersi fare da parte. Questo vale per i Renzi, vale per i Berlusconi, vale per i D'Alema, per i Bersani, gli Emiliano, i Brunetta, eccetera eccetera: o sai cambiare completamente strategia perché hai qualcosa di davvero nuovo in mente, o ti togli dai piedi.

Saluti,

(Rio)