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domenica 19 dicembre 2010

Perché l'antiberlusconismo militante aiuta Berlusconi

Salve.
Oggi non voglio presentare una mia tesi con il ragionamento deduttivo: lascerò valutare voi.
Riporto qui di seguito una discussione - svoltasi su Facebook - tra il sottoscritto ed alcuni amici dipietristi, di cui ometto le generalità per motivi di privacy. Io non dico nulla. Fatevi un'idea da soli.

[AMICO XXX] - Tu giudichi Di Pietro un giustizialista.
Tipico di voi radicali (o meglio di tipico di te e di AAA), etichettate sempre...
Di Pietro è un giustizialista fiero di essere figlio di contadini. Scomodissimo perché parla in faccia e senza peli sulla lingua.
Ribadisco nuovamente che tu non vivi in Italia e non sai una ci***a di ca**o su quello che succede, o comunque filtri le tua fonti informative a modo tuo. Se vivessi in questo paese e vivessi i problemi di questo paese la vedresti forse diversamente.
Mi spiace solo dirti che sei un radicale con sentimento estremista di destra.

[IO] - Io di destra sì, ma liberista: mica sono un fascista.
E' molto più di destra Di Pietro di me, con il suo giustizialismo populista che si applica a tutti; fuorché a se stesso ed a suo figlio, sia chiaro.

[AMICO XXX] - E se sei di destra perché porti la tessera radicale? Potevi tesserarti con FLI o MPA etc... Come al solito ETICHETTI (in base a congetture) non GIUDICHI (in base ai fatti). in fondo a te Di Pietro sta solo antipatico... La verità imprescindibile è che tu non ami il libero pensiero, non ami le manifestazioni di piazza e allora dimmi di grazia come dobbiamo risolvere i problemi del mio paese che da anni non è più il tuo? Tra l'altro Di Pietro non ha mai detto di essere di destra o di sinistra, è soltanto un politico che ha un solo compito istituzionale: liberare l'Italia da una anomalia chiamata Berlusconi e scagnozzi (compreso La Russa)...
E come tutti gli etichettatori sei pronto ad elogiare la gente sbagliata (non faccio nomi.. GELMINI, BRUNETTA E TREMONTI) e colpisci la gente "meno sbagliata".

[IO] - Se tu continui ad etichettare la realtà in base alla solita, vecchia contrapposizione di classe novecentesca, ti sfuggirà sempre la comprensione di molti aspetti del mondo di oggi.
Un mondo che è cambiato: Di Pietro, in un momento di grande crisi della politica e dei valori, pretende di riempire il vuoto non con idee nuove, ma con un giustizialismo alla Savonarola.
Se vuoi, e' la versione moderna di Girolamo Savonarola; ma i giustizialisti - solitamente - vengono accantonati non appena non si ha più bisogno di loro. Ed è questo che mi auguro accadrà anche con Di Pietro.

[AMICO XXX] - Che il mondo sia cambiato è vero ma io GIUDICO perché le vivo sulla mia pelle e non ETICHETTO perché le leggo "ad capocchiam", quindi non parlare troppo difficile con un metalmeccanico abbastanza pragmatico. Tu non ami il libero pensiero e non tolleri che qualcuno spiattelli ciò che pensa in TV. Tu Di Pietro lo tieni sulle palle e basta. Questi sono i fatti, altro che contrapposizioni di classe novecentesca.

[IO] - Io non leggo a capocchia, XXX.
Io leggo bene. Molto bene.
E ascolto tutti.
Di Pietro, semplicemente, non ha nulla da dire.
Se vuoi ascoltare qualcuno che ha davvero qualcosa da dire, ascolta quel che hanno detto della crisi la Bonino o Tabacci.
Cose pesanti, vere.
Altro che "lei è uno stupratore della democrazia!".
Certe cavolate le possono dire tutti.

[AMICO XXX] - HAI PRONUNCIATO UDC? Braaaaavoo! proprio i peggiori politici che abbiamo! MERCENARI ALLO STATO PURO che fanno l'ago della bilancia a destra o sinistra dove gli conviene e poi si schierano al centro quando vengono fatti fuori dalla coalizione! Casini ha baciato Berlusconi dopo la fiducia... E poi dimmi di grazia se esiste un politico in odore di santità... Di Pietro non ha messaggi da dare ha solo opinioni da esprimere e dice quello che pensa. Ma tu, ripeto, ce l'hai profondamente sui coglioni.Ma stai tranquillo che lui in un intervista su LA7 (che tu forse non prendi in TV in England) non ha espresso l'intenzione di governare. Basta che Berlusconi se ne vada perché sta facendo a questo paese danni terribili. testuali parole. MA TU CE L'HAI SULLE PALLE...
Di Pietro dice ‎"lei è uno stupratore della democrazia!"... e ti inorridisci per così poco? E quando Berlusconi ha definito i comunisti "bollitori di bambini" non ti sei schifato? Ad insulto si risponde con insulto. Con queste merde al Governo devi rispondere a tono e scendere al loro livello e Di Pietro da contadino calza a pennello.
Vatti a vedere su YouTube le corbellerie del nano e poi ne riparliamo...

[AMICO YYY] - Di Pietro viene definito giustizialista e forcaiolo. Ma in fondo sbraita per un motivo molto semplice. La giustizia deve fare il suo corso. Questo SANO principio democratico da quando Merlusconi ha cominciato a scalare grazie ai soldi della mafia è diventato un pò evanescente. Ma chiunque di noi sia in credito con la giustizia vorrebbe sia applicato, senza per questo essere etichettato come FORCAIOLO.
Tra l'altro, Rio, il concetto di Forcaiolo te lo devi andare a rivedere.
Forcaioli sono coloro che su Facebook hanno gridato a morte al signor Messeri, senza sapere nulla. Forcaioli sono quelli che lascerebbero alla folla il Tartaglia o il Sollecito di turno, magari proprio quando la notizia è ancora fresca.
Io, XXX ed anche il buon Tonino, chiediamo soltanto che venga applicata la legge, che Berlusconi sia processato.
Se applichiamo il tuo concetto di "Forcaiolità" (e mi consenta il neologismo hahahah ) allora lo sarebbero anche i familiari della Thyssen, le vittime della stazione di Viareggio, i familiari delle scorte di Falcone e Borsellino.
Purtroppo a te Di Pietro sta sulle palle. Perché? E' evidente. Perché a te non interessa che Berlusconi sia processato. Non ti voglio etichettare come Berlusconiano, ma ti voglio semplicemente dire che se non ti interessa che un delinquente sia assicurato alla giustizia, vuol dire che in questo avrai il tuo TORNACONTO.
Ma questo a me non interessa. Mi basta il tuo agire per capire dove vuoi arrivare.

Aggiungo due semplici concetti.
1. Tu non sei nemmeno liberale. Travaglio lo è, prendi esempio.
2. Per edificare un nuovo palazzo occorrono due cose. Demolire il precedente e costruirne uno nuovo.
Siccome l'opposizione non è fatta da una sola persona, e anche se lo fosse, nessuno è incapace di fare due cose contemporaneamente, in Italia c'è bisogno sia del Tonino "Eraser" Di Pietro sia dell'Adinolfi che porta nuove idee fresche, sia del saggio Bersani, sia del Vendola che riesce a toccare il cuore della folla.
Se vogliamo battere politicamente Berlusconi, mettiti nella tua capoccia pseudo liberale che dobbiamo portare dalla nostra parte MILIONI di voti. La maggior parte dei quali sono analfabeti di ritorno, colonizzati da decenni di Mediaset. E' questa la realtà di cui ti parlava XXX, una realtà che tu non conosci. Primo perché non vivi qui, secondo perché non stai a contatto con i "cafoni" quotidianamente, come me e XXX.
Di Pietro e Vendola sanno come parlare al popolo. Sei mai stato ad un comizio di Vendola? A uno di Grillo?
VACCI. Alla gente del PIL che scende, del terzo grado processuale e delle bicamerali non fotte un ca§§o.
Tanto meno se la pensione è retributiva o contributiva. Figuriamoci dei "padri...".

[IO] - Facciamo gli elenchi? E facciamo gli elenchi. :-)

Primo: nessuno qui ha mai detto che Berlusconi non debba essere processato.

Secondo: io avrei un "mio tornaconto" (!) dal fatto che Berlusconi non venga condannato? :-D
Ma che vi siete fumati tu e XXX, stasera, la carta del panettone? :-D :-D
E quale sarebbe, questo "tornaconto"? Dai, ché mi voglio fare due risate...

Terzo: chiedere che Berlusconi venga condannato è una cosa, impostare tutto un movimento politico in chiave antiberlusconiana è ben altro. Di Pietro dovrebbe ringraziarlo, Scilipoti! I dipietristi sono interamente sbilanciati sull'antiberlusconismo e, se Berlusconi cade, li vedrai presto tornare tutti da dove sono venuti. O si ricicleranno negli altri partiti.
Stessa cosa, se dovesse emergere una leadership politica "vera" nella Sinistra, in grado di restituire al Paese visione, prospettiva e speranza.
Anche il PD è malato di antiberlusconismo e di contrapposizione pura, ma almeno nel PD c'è chi se ne accorge e chiede di passare alle proposte, prima che sia troppo tardi. Antonio Di Pietro, con i suoi toni sempre sopra le righe, è un grande aiuto per Silvio Berlusconi, perché gli consente di fare la parte della "vittima-della-Sinistra".

Quarto: YYY, io di motociclette non parlo. Tu non mi parlare di pensiero liberale, perché ti mancano proprio le basi. Fidati.
Da quello che dici (e scrivi) da anni, è chiaro a tutti che la tua non è, né è mai stata una cultura liberale: tu che dai dell'illiberale a me è una cosa che fa ridere.
Resta nell'alveo della militanza di Sinistra, ché quello ti appartiene: prendetevi a sprangate coi fascisti, ché quello è il vostro posto; non il pensiero liberale. Questa è roba per gente che sa in che secolo vive.

Quinto: Berlusconi, come ogni altro Presidente del consiglio eletto democraticamente in un Paese non totalitario (!), si deve sconfiggere politicamente, non con la magistratura.
Il Centrodestra perderà non perché preso a picconate da gente come Di Pietro, che invece rafforza Berlusconi, lo fa apparire un "perseguitato-dalle-toghe-rosse" e gli fa dire sempre "non-mi-fanno-lavorare", ma perché qualcun altro saprà aggregare consenso dietro un progetto politico alternativo credibile.
Nessuno ha mai vinto delle elezioni dicendo "lei è uno stupratore della democrazia, un corrotto ed un corruttore" (o almeno non in un Paese che non stesse passando direttamente da una dittatura all'altra).
Questo lo fa solo chi non ha idee ed allora fa vedere alla gente il sangue. Di Pietro avrà pensato: «Chissà quanti avrebbero voluto essere qui per urlare il loro odio contro Berlusconi...!» E "il buon Tonino" li ha fatti tutti contenti. Per quella gente, è un eroe.
Ma Italia dei Valori è solo un altro partito emotivo, che parla alla pancia e non alla testa: proprio come Forza Italia.
L'unica vera differenza è che Forza Italia parla alla pancia dei furbi, mentre IdV a quella dei fessi.

Sesto: di quello che importa alla "cosiddetta gente", a me non è mai fregato niente. Sai perché?
Perché certa gente (non tutta) prima non capisce "sistema contributivo" e "sistema retributivo", e poi si indigna quando vede quanto le rimane in tasca di pensione. Allora, però, è troppo tardi. Bisognava agire prima.
Certa gente (non tutta) non capisce cos'è il PIL (a meno che non sia "chiù pil pe tutti"), salvo dopo lamentarsi della crisi ma, di nuovo, ormai è troppo tardi. Di nuovo, bisognava agire prima.
E allora, se qualcuno non legge e non si informa, se - in poche parole - vuole pensare con tutto, fuorché con la testa, tu che fai? Gli vai appresso?

[Amico YYY] - Quella della sconfitta di Berlusconi da parte della magistratura è una farsa. Infatti è impossibile che qualsiasi personaggio politico possa sconfiggere Berlusconi giuridicamente. Mi sembra ovvio.
Tuttavia le cose sono "linkate". Infatti l'unica idea fissa di Berlusconi è quella di farla franca: siamo arrivati a 38 leggi ad personam.
Quindi chi ti dice (cioe tu) voglio vedere Berlusconi sconfitto politicamente e non giuridicamente dice una emerita stronzata.
Se una persona viene processata e condannata, ci sono vincitori o vinti secondo te? No, c'è solo una riconduzione alla normalità.
Ma allora esistono i giustizialisti? Ecco l'altra mistificazione della Destra Rio-etichettatrice. I giustizialisti non esistono, infatti se non sbatti fuori dalle istituzioni Berlusconi, non lo puoi processare.
E allora Di Pietro a che serve? Per ricordare ai numerosi analfabeti che Merlusconi è un delinquente. E li ci sta tutto il nostro grande Tonino.
E ora torniamo a noi.
"E allora, se qualcuno non legge e non si informa...Le vai appresso?"
Ecco, qui c'è il Rio che, come dice XXX, non vuole leggere, non vuole capire e continua a svarionare.
Te lo ripeto.

Berlusconi è stato eletto da 17 milioni di persone alle ultime elezioni.
Tu, Rio, con queste persone CI DEVI PARLARE, devi COMUNICARE.
In attesa che diventino tutti acculturati come te e che possano tutti andare a fare i master alla Bocchini, devi tradurre i concetti base in italiano moderno. Quello che ha fatto Mediaset in 20 anni. OK?
Capito? Per comunicare hai bisogno di forma e contenuti. Devi "andare loro appresso" con la FORMA ma non con la sostanza.
La forma per comunicare alla gente è quella di Vendola, Di Pietro e Beppe Grillo. I CONTENUTI sono quelli dell'opposizione.
I programmi ormai sono tutti uniformi, o quasi. Che poi a te non piacciano, quella è un'altra cosa. 17 milioni di voti, ricorda.
"Se qualcuno non legge e non si informa" Hahahahahahahah!!!!
Se fuori dal mondo, Rio. Vieni in banca a compilare le distinte ai netturbini, vieni a sbloccare le bussole alla novantenne con la badante georgiana, vieni a rinnovare i Botti alla parrucchiera in camice vieni...
La frase te la continuo io. Se qualcuno ( 17 milioni o giù di li)legge o non si informa DEVE ESSERE INFORMATO DA QUALCUNO CHE SA FARLO, altrimenti, pensioni, padri CGIL e piazza, le elezioni le PERDI DI NUOVO.
Ma in fondo sto perdendo il mio tempo. Perché tu è quello che vuoi.

[IO] - Vent'anni di Berlusconi... Sono almeno altrettanti anni che la Sinistra prova a strappare diciassette milioni di voti a Berlusconi con sceneggiate da baraccone, infinite varianti di "Lei e' uno stupratore della democrazia".
Sono altrettanti anni che la Sinistra - quasi sempre - perde.
Io dico che e' venuto il momento di cambiare musica.
Ripeto, cosi' lo rafforzate: gli date la possibilità di dire "non mi fanno lavorare", "e' una persecuzione delle Sinistre illiberali"...
Forse pure il netturbino, l'infermiera e la novantenne con badante georgiana magari non capiranno cos'è il PIL o il sistema contributivo, ma intuiranno quando uno strilla solo perché non sa che dire oppure perché ha un messaggio da comunicare.
Tu vuoi una Sinistra che si abbassi al livello di Berlusconi (che poi, e' quello che la Sinistra - a modo suo - ha fatto in tutti questi anni). Io voglio una politica all'altezza di un Paese civile.

Saluti,

(Rio)

sabato 11 dicembre 2010

Un commento al progetto per l'Italia di "The Week"

Salve.
Due settimane fa, preceduto da una debole eco mediatica, è partito un nuovo progetto editoriale che sta suscitando interesse a livello sia politico che giornalistico: sto parlando del lancio del settimanale "The Week", diretto dal giornalista e blogger Mario Adinolfi, di area PD.

Chiariamo subito una cosa: i temi toccati da "The Week" non sono certo nuovi.
Si parla del tradimento del patto intergenerazionale a danno di quelli nati a partire dal 1970, del precariato, dell'assenza di prospettive presenti e future per le giovani generazioni, insomma delle questioni già affrontate da molti in Italia, a partire da Giuliano Da Empoli nel suo celebre libro "Un Grande Futuro Dietro Di Noi", pubblicato nell'ormai lontano 1996.
Si parla anche delle problematiche relative al vuoto di rappresentanza degli under-40 in campo politico, sociale, mediatico ed imprenditoriale; le stesse di cui discutono da tempo, tra gli altri, anche i "rottamatori" che fanno capo al sindaco PD di Firenze Matteo Renzi.

La prima, grande differenza rispetto al passato sta, semmai, nel dibattito mediatico che è seguito al lancio del settimanale: a parte diverse trasmissioni televisive che si sono occupate del tema, a distanza di pochi giorni, Barbara Spinelli prima e, in maniera più obliqua, Giovanni Sartori poi, hanno pubblicato - rispettivamente - su "La Repubblica" e sul "Corriere della Sera", editoriali sul tema della mancanza di prospettive delle giovani generazioni.

In un momento in cui la politica è caratterizzata da una cronica mancanza di idee, un ulteriore elemento di grande interesse è costituito dalla presentazione, nel numero di questa settimana, di un progetto per l'Italia: si tratta di un manifesto suddiviso in 10 punti programmatici, articolati in 25 proposte che, a parere di chi scrive, meritano un'analisi più da vicino.

Nel complesso, si tratta di un progetto davvero vasto, che per alcuni punti richiede persino una revisione della Costituzione. Di conseguenza, per la sua completa realizzazione, si impongono tempi lunghi.
Di buono c'è però che le 25 proposte hanno una propria utilità anche se  attuate singolarmente, il che rende comunque sensato cercare di portare avanti quelle di più semplice implementazione.

Non dispongo dei diritti per riportare integralmente il manifesto, per il quale vi rimando all'articolo dal titolo "L'Italia che faremo", pubblicato sul n. 3 di "The Week", uscito il 10 Dicembre 2010 (in foto, la copertina).

Però, vorrei presentare qui di seguito una personalissima disamina dei principali punti programmatici (sintetizzati in blu), a cui ho aggiunto miei commenti e, alla fine, anche alcune mie perplessità (in rosso).

- - - - - - - 

Elezione diretta a turno unico del Presidente della Repubblica, con poteri simili a quelli del presidente USA e, come lui, in carica cinque anni e rieleggibile una sola volta. 
Per questo e per altri punti, mettiamo subito da parte la legittima obiezione sui tempi di realizzazione della modifica costituzionale e sulla sua fattibilità, soffermandoci - invece - sull'eventuale utilità ed opportunità della proposta, dal punto di vista del riequilibrio generazionale.
Tra le ragioni alla base della scarsa capacità della politica di rappresentare le istanze degli under-40, il mancato ricambio generazionale e l'eccessiva farraginosità dei meccanismi decisionali tra ed all'interno dei partiti costituiscono senza dubbio due tra le cause più importanti.
Pur essendoci quasi metà del Paese che ha meno di 40 anni, la percentuale di parlamentari nati dopo il 1970 è esigua; per non parlare delle posizioni "di potere", interamente nelle mani delle generazioni precedenti.
Un sistema elettorale a turno unico è in grado di scardinare logiche definite "a tavolino" e consegna nelle mani degli elettori una forza decisionale più diretta, scavalcando la "mediazione" delle segreterie di partito.
Il maggioritario, unitamente al potere esecutivo affidato ad un Presidente eletto direttamente dal popolo, determina la condizione migliore per favorire cambiamenti profondi, i soli in grado di restituire prospettive alle generazioni escluse.
Molti dei punti del manifesto puntano a creare proprio questo tipo di condizione.

Sempre atti a facilitare il ricambio generazionale della classe dirigente ed un processo decisionale più rapido e meno "mediato" sono i punti in cui si propone una sola Camera di rappresentanza nazionale eletta con sistema maggioritario puro, il dimezzamento del numero dei parlamentari, il limite massimo di 15 anni complessivi in carica per i deputati, come anche per i Sindaci ed i Presidenti regionali.

Interessante è pure la proposta sui referendum abrogativi e propositivi nazionali e regionali, dietro presentazione di firme certificate del 2% appena degli aventi diritto, e con un quorum valido se votano il 25% degli elettori. Vista la numerosità degli under-40, soltanto con i referendum ce n'è abbastanza da far sentire il fiato sul collo e cambiare per sempre il lavoro di tutta la classe politica locale e nazionale.

Un altro aspetto chiave è l'istituzionalizzazione delle elezioni primarie per la definizione delle liste elettorali dei partiti. Non c'è dubbio che le primarie del PD abbiano riservato sinora più di una sorpresa alla segreteria del partito ed una loro ufficializzazione ed istituzionalizzazione appare come una via obbligata per qualsiasi progetto di ricambio generazionale.

Sono però i punti n. 8, 9 e 10 quelli veramente cruciali per la battaglia del riequilibrio intergenerazionale. Per raccogliere 50 miliardi di euro all'anno e finanziare così - almeno in parte - le politiche di sostegno ai precari, si propone, infatti:
  • L'abolizione immediata delle pensioni di anzianità (attenzione: non sono quelle di chi va in pensione a 65 anni! Quelle sono le pensioni di vecchiaia. Le pensioni di anzianità sono quelle cui si ha diritto quando si è maturata un'anzianità minima di contributi come accadeva, ad esempio, per le pensioni baby).
  • L'istituzione di una tassa di solidarietà intergenerazionale del 10% a valere su tutte le pensioni superiori a 1.500 euro (riguarderebbe oltre 6 milioni di pensionati).
  • L'innalzamento dell'età minima pensionabile a 67 anni da subito per tutti, tranne che per chi fa lavori usuranti.
Inoltre, si propone di sostituire la giungla dei contratti di lavoro flessibili con un unico contratto "a stabilizzazione progressiva del rapporto di lavoro", analogo a quello già ipotizzato anni fa dal professor Francesco Giavazzi della Bocconi.
La stabilizzazione dovrebbe essere raggiunta entro due anni dalla stipula del contratto di lavoro e comportare, man mano che il contratto diventa più rigido, una riduzione del costo aziendale del lavoratore, ovvero una diminuzione sia degli oneri fiscali che fanno capo all'azienda, sia del compenso monetario corrisposto, così da incoraggiare le aziende a stabilizzare il rapporto di lavoro e da remunerare economicamente anche i maggiori rischi sostenuti dal lavoratore precario.

Un ultimo aspetto importante è rappresentato dall'attenzione del manifesto sul finanziamento dell'istruzione e della ricerca sulle nuove tecnologie legate all'ambiente. In sostanza, si riconosce che senza ricerca il Paese semplicemente non ha prospettive di lungo periodo e che i livelli di finanziamento della ricerca in Italia dovrebbero essere innalzati alla media europea.
Interessante anche l'istituzione di un'aerea ad esenzione fiscale totale per i primi tre anni a beneficio di nuove imprese guidate da "giovani", anche se nel documento manca praticamente qualsiasi dettaglio al riguardo.
Nel contempo, la diffusione capillare della banda larga dovrebbe favorire una minore mobilità legata al lavoro (una cosa che, personalmente, io già sperimento ogni giorno qui in Gran Bretagna) ed un sostegno al trasporto pubblico, per ridurre la dipendenza dagli idrocarburi.


Tralascerò, invece, i punti sull'election day, le elezioni regionali di metà termine, il "Senato regionale", la riforma della giustizia, l'implementazione del principio di sussidiarietà, nonché la trasformazione dei partiti politici in associazioni riconosciute dalla legge, senza finanziamenti pubblici né rimborsi elettorali di alcun tipo e sottoposte ai controlli della Corte dei Conti; non perché non interessanti di per sé, ma perché non strettamente attinenti al tema del riequilibrio generazionale.
Tra l'altro nel documento, su un tema complesso - no, complicato, davvero intricato - come il principio di sussidiarietà, manca qualsiasi indicazione di carattere attuativo, per cui si può solo dire: "Sì, in linea di principio, sono d'accordo o non sono d'accordo", ma ogni valutazione di merito è impossibile.

Ed ora, alcune mie perplessità:
  • una delle critiche più evidenti che si possono muovere a questo manifesto sta proprio nell'aver voluto inserire quasi "a forza" una serie di elementi sicuramente importanti, per carità, ma sui quali si poteva anche sorvolare, per ora, mantenendo l'attenzione focalizzata solo sui temi "centrali".
  • Ammirevole lo sforzo di indicare dove e come reperire le risorse per finanziare il sostegno ai precari, nonché l'ammissione che sono necessarie scelte dolorose: siamo lontani dalla contraddizione in termini e dalla demagogia di progetti come "Giovani NON+" della CGIL. Tuttavia, mancano molte, troppe considerazioni importanti da fare: ad esempio, quelle in materia di reperibilità dei finanziamenti per la ricerca, di modalità di erogazione dei fondi, di valutazione della qualità dei risultati, di rapporti con il mondo imprenditoriale. 
  • Siamo certi che l'esenzione fiscale totale possa rilanciare l'avvio delle attività da parte dei "giovani"? Non rischia invece di creare "abitudini deleterie"? Non sarebbe forse il caso di puntare su una forte semplificazione degli adempimenti? E a chi si applicherebbe la no-tax area? Anche ai 30enni alla loro seconda impresa? E se un'azienda è costituita da un 20enne e da un 50enne? E se un padre/zio iscrivesse la proprietà al figlio/nipote 20enne, solo per ottenere l'esenzione triennale? 
  • Che cos'è mai questa istituzionalizzazione dell'informazione che si concretizzerebbe nella creazione di un Consiglio Superiore dell’Informazione, sul modello del CSM? Specie nell'era di internet e dei social media, a che serve? Piuttosto, non bisognerebbe de-istituzionalizzarla, l'informazione? Qui sembra invece che si voglia creare degli spazi appositi per qualcuno.
  • Spesso, nel breve e medio periodo, le riforme in materia di ambiente possono determinare incrementi di spesa ed anche tagli alle entrate. In questo caso, una significativa riduzione dalla dipendenza dagli idrocarburi comporta una riduzione altrettanto significativa del gettito derivante dal prelievo fiscale sui carburanti (si pensi, ad esempio, all'accisa regionale sulla benzina), che costituisce una voce non trascurabile delle entrate. Se lo Stato e le Regioni perdono questi soldi, bisogna farglieli recuperare in qualche modo, anche perché le Istituzioni centrali e territoriali saranno chiamate a trasferire ulteriori risorse agli Enti Locali per potenziare il trasporto pubblico (il car sharing, il bike sharing, i bus, e così via).
Insomma, è evidente che siamo appena agli inizi. ma resta sempre il fatto che un manifesto per il riequilibrio del Paese - forse più un documento programmatico che un manifesto - finisce sotto il riflettore dei media.

E' un documento tutt'altro che perfetto, a tratti un po' improvvisato, sicuramente da migliorare e rivedere. Ma, diversamente dal passato, oggi internet ed i social network possono favorirne la diffusione e offrire strumenti utili ad ampliare e vivacizzare il dibattito e la discussione sui diversi punti programmatici.

Forse, diversamente dal passato, internet ed i social media possono anche fare la differenza; non lo so.
Ma quel che so è che è il caso di provarci comunque.
Perché su una cosa Adinolfi ha sicuramente ragione: l'Italia possiamo cambiarla soltanto noi e, se non lo facciamo, saremo soltanto noi a pagare.

Saluti,

(Rio, classe 1970)


Aggiornamento: sembra che al momento la rivista si sia arenata. Un ritardo di due settimane nell'uscita del numero 4 è diventato prima di un mese, poi di due mesi, poi di tre e attualmente... non si sa. 
Né si sa che fine faranno i soldi degli abbonati che, a detta della redazione, "hanno pagato per 50 numeri e 50 numeri riceveranno". 
Mah...

venerdì 26 novembre 2010

Quilliam - Musulmani contro il fanatismo in Gran Bretagna

Salve.
A proposito del tema dell'indottrinamento fondamentalista nelle scuole britanniche, questa e' una mia sintesi in italiano di un articolo comparso il 23 Novembre 2010 sul quotidiano britannico "The Times" (www.thetimes.co.uk) firmato da Maajid Nawaz (nella foto), 36 anni, opinionista britannico di origini pachistane, musulmano e  fondatore del think tank denominato "Quilliam" (www.quilliamfoundation.org).

Si tratta di un articolo di grande valore, non solo per i suoi contenuti e per lo stile (Maajid Nawaz scrive bene e spero solo che la mia traduzione non lo penalizzi troppo; nel cui caso mi scuso con lui e con chi legge), ma perche' Nawaz e', come altri membri di Quilliam, un ex estremista islamico che - ad un certo punto - dopo l'esperienza della prigione, e' tornato indietro ed ha abbracciato la via del pluralismo e del dialogo interreligioso, restando un musulmano credente.
Si tratta, quindi, di un punto di vista che proviene da chi ha conosciuto direttamente l'indottrinamento fondamentalista, avendolo provato sulla propria pelle e che, dopo un ripensamento, non ha abbandonato la propria fede religiosa.

Una puntualizzazione: purtroppo, l'articolo in lingua originale e' disponibile solo nella sezione a pagamento del Times (pagina 24, rubrica "Thunderer", per chi fosse interessato), per cui non posso ne' linkarlo ne', ovviamente, copiarlo qui, perche' questo costituirebbe una violazione del diritto d'autore.
Una sintesi tradotta, invece, non essendo l'articolo integrale, rappresenta una semplice citazione, peraltro non a fini di lucro.

Il titolo originale dell'articolo e' "The UK is utterly failing to deal with Islamic extremism", ovvero la Gran Bretagna sta fallendo completamente nell'affrontare l'estremismo islamico.

«
Oggi, scuole britanniche aperte nel fine settimana e gestite da Musulmani insegnano che gli Ebrei discendono dai maiali e dalle scimmie, ed i loro libri di testo mostrano, con l'aiuto di disegni, come amputare gli arti ad un ladro. Benvenuti nella Gran Bretagna del 2010, cosi' come e' stata descritta in un recente rapporto della polizia.

Sarebbe semplice, ma erroneo, accusare i Sauditi di finanziare il fanatismo, dato che tali insegnamenti sono basati sui loro vecchi testi; ma i Sauditi, anche se molto lentamente, sono andati avanti, muovendosi in una direzione positiva ed abbandonando quei vecchi testi lungo il cammino. Nel frattempo, la Gran Bretagna sta scivolando lentamente all'indietro.

Essendo cresciuto nella contea dell'Essex, mi ricordo di "matrimoni sud-asiatici" [comune espressione britannica che si riferisce ai matrimoni contratti tra persone originarie di paesi asiatici musulmani, ndt] che erano davvero degni della loro reputazione. Spesso rappresentavano un giorno importante nei nostri calendari, con cibo fantastico e musica dal vivo, balli tradizionali ed un'occasione per posare gli occhi su una possibile futura sposa. Oggi, mi reputo fortunato se mi capita di andare ad un matrimonio musulmano che non sia la solita celebrazione solenne segregata per sessi e mono-religiosa.

Ancora non riusciamo a comprendere pienamente che l'ascesa dell'Islam radicale in Gran Bretagna e' stata guidata specialmente da giovani nati e cresciuti in questo Paese. Spesso, questi si sono ribellati contro l'Islam dei propri padri, reinventando la propria fede come dichiarazione politica. Come mostrato dall'ultimo rapporto di Quilliam sulla radicalizzazione, gli estremisti agiscono partendo proprio dai livelli piu' elevati dell'istruzione. E' piu' probabile che gli studenti vengano radicalizzati in un'universita' di Londra che in una madrassa di quartiere.

La gente si rifiuta di guardare in faccia questa verita', e cio' e' frustrante. Gran parte dei Musulmani comuni e tradizionali sono dominati dalla cultura del vittimismo, mentre alcuni non musulmani sono impegnati a sostenere che l'intolleranza debba essere considerata come un elemento fondante della cultura islamica e per questo rispettata, come se da noi "poveri Musulmani" ci si dovesse aspettare standard meno elevati di civilta'. L'ipocrisia che si cela in questo ragionamento e' che, in realta', i Musulmani sarebbero stati i primi a lamentarsi, se le scuole britanniche aperte nei fine settimana fossero state utilizzate per insegnare agli studenti che i Musulmani sono degli animali.

Ignorando intere porzioni della nostra societa' caratterizzate da atteggiamenti aggressivi ed auto-segregativi, finiamo inevitabilmente con soffiare sul fuoco dell'Estrema Destra. Entrambi questi estremi puntano il dito l'uno contro l'altro per dimostrare le proprie "verità". Cio' su cui ci si dovrebbe concentrare, invece, e' la coesione sociale. Un punto di partenza potrebbero essere le unita' di monitoraggio dell'estremismo nelle scuole che il think tank della polizia ha suggerito questa settimana di istituire.

Nick Lowes, del settimanale Searchlight, ha annunciato che lui e gli altri attivisti anti-razzisti cominceranno a sfidare gli estremisti islamici proprio come oggi sfidano gli estremisti bianchi di Destra.
Questo e' un segnale incoraggiante, oltre che un primo passo per giungere al riconoscimento di una verita' scomoda: l'estremismo in Gran Bretagna si e' istituzionalizzato.

Maajid Nawaz
co-fondatore e direttore 
del think tank Quilliam
»

Saluti,

(Rio)

mercoledì 24 novembre 2010

La CGIL e l'iniziativa "Giovani NON+"

Salve.
Spesso questo blog (come altri) si e' occupato della drammatica situazione della disoccupazione giovanile in Italia, che supera ormai largamente il 30%.

Per contrastare di questo fenomeno, sono state concepite e poste in essere numerose iniziative. Tra queste, quella che che ha ottenuto maggiore visibilità e' stata senza dubbio l'iniziativa della CGIL, denominata "Giovani NON+". Una campagna inizialmente partita in modo "anonimo", con affissioni che descrivevano alcune ironiche ed inverosimili (ma mica tanto) offerte di lavoro per giovani neolaureati e neodiplomati, che ha dato poi vita ad un seguito gruppo su Facebook ed una serie di iniziative volte ad aumentare la visibilità mediatica del problema: sit-in dinanzi a sedi istituzionali, flash mob davanti alla Camera dei Deputati e cosi' via.

Intendiamoci bene: iniziative pacifiche e legali come queste volte a far si' che si parli del problema sono sempre le benvenute e rappresentano un elemento importante, in un Paese in cui la consapevolezza della gravita' della situazione e' scarsissima, persino tra i giovani che vivono tale condizione ogni giorno sulla propria pelle.

Tuttavia, anche questa iniziativa della CGIL ha evidenziato subito i limiti di tutte quelle che l'hanno preceduta e - temo - anche di molte tra quelle che la seguiranno.
Al di la' dell'indignazione (sacrosanta), al di la' delle immancabili affermazioni di principio, che non costano nulla, questa iniziativa si e' rivelata del tutto incapace di formulare proposte credibili per affrontare - non osiamo dire risolvere - il problema della disoccupazione giovanile in Italia.
Si torna, come al solito, a parlare di eliminazione degli sprechi, di lotta all'evasione fiscale, di taglio delle spese militari; il tutto al fine di finanziare un "grande progetto per rianimare il nostro Paese e rimettere in circolo le energie dei giovani". 
Tutto qui? 
Non abbiamo forse gia' sentito schiere di ministri di Centrosinistra e di Centrodestra dire cose simili molte e molte altre volte? 

Anzi, c'e' dell'altro. Tutte le volte che nella storia della politica economica italiana si e' voluto NON fare qualcosa, e' bastato stabilirne il finanziamento "a valere sui fondi rivenienti dal recupero dell'evasione fiscale". Si tratta infatti di entrate presunte, non certe, che a fine anno non riescono mai a raggiungere i livelli stimati: cosi' il gioco e' fatto. Non ci sono i soldi, non si implementa l'iniziativa.
Come mai questa volta dovrebbe essere diverso?
Molti si chiedono: "Ma in un Paese in cui i 2/3 dei contribuenti dichiara meno di 20mila euro lordi, e' possibile che non si riesca a fare una lotta seria all'evasione, neppure in una fase storica cosi' drammatica?" 
Una domanda legittima, per carità: la dimensione dell'evasione fiscale in Italia e' davvero scandalosa, inaccettabile. 

Ma quanti si sono mai posti il problema delle conseguenze economiche e sociali di una lotta vera all'evasione fiscale? Non sto parlando dei soliti numerini di cui si vanta questo o quel governo: sto parlando di una lotta SERIA, in grado di recuperare, che so, il 50% del gettito evaso. 
Sapete qual e' la verità? La verità e' che - prescindendo dalla crisi economica globale - dato che la massiccia evasione fiscale in Italia esiste da decenni, non poche aziende oggi sono talmente malmesse che restano aperte e competitive soltanto... perché evadono. Fate pagare loro davvero le tasse e molte di loro chiuderanno; o emigreranno. 

Questo, in pochi anni, oltre a produrre ulteriore disoccupazione, ridurrà drasticamente l'imponibile e saremo punto e daccapo. 

E' per questo che nessun governo ha mai fatto una lotta seria all'evasione fiscale, nemmeno negli ultimi vent'anni, quando ce n'era più bisogno: ci si limita a recuperare qualcosa per potersi vantare un po', quando conviene. 

Ma nessun pavido governo degli ultimi vent'anni vorrà mai assumersi la responsabilità politica di tali conseguenze economiche e sociali. L'opposizione avrebbe gioco facile, con accuse di "assassinio dell'Italia" e la gente, anche chi oggi chiede a gran voce la lotta all'evasione, dinanzi ad una crisi ancora peggiore di quella di oggi, darebbe credito a tali accuse.
Soprattutto nei momenti difficili, la gente dimentica in fretta anche le proprie opinioni.

Si propone la cancellazione delle norme di diritto del lavoro che consentono i contratti precari. Ma che bell'idea. Chi, come me, ha (purtroppo) l'età, ricorda bene com'era l'Italia prima della cosiddetta "Legge Biagi" e anche prima del "Pacchetto Treu" del 1995: eravamo tutti... in nero. 

Queste due misure, approvate dal Centrosinistra (Pacchetto Treu) e dal Centrodestra (Legge Biagi) erano volte proprio a favorire l'emersione del mercato nero. Cosa fa credere gli estensori della proposta che, una volta eliminate, le nostre imprese accetterebbero di assumere i precari?
I controlli a tappeto che non si sono mai fatti? E chi li paga? 
E se molte aziende, dinanzi all'impossibilita' di licenziare lavoratori "anziani" ormai poco produttivi per assumere giovani, si vedessero costrette a spostarsi all'estero? O a chiudere? O a cambiare forma, trasformando i contratti subordinati in consulenze, trascinando un intero Paese in interminabili cause civili?

L'impressione che se ne ricava e' che - ancora una volta - si cerchi solo di girare intorno ai problemi, come si e' sempre fatto in Italia, sperando che una bella mobilitazione di massa produca un'improvvisa materializzazione dei soldi necessari; quasi un fenomeno paranormale.

In passato, si badi, e' accaduto proprio questo: si e' finanziato tutto con una bella emissione di BOT a 20 anni (leggi: si sono fatti debiti sulle generazioni future) e via, tutti contenti: Confindustria, politica e sindacati. 
E' cosi' che i lavoratori "anziani" hanno ottenuto pensioni ben più elevate dei contributi che avevano versato nella loro storia lavorativa: facendo debiti su di noi. 

Questa volta, la mobilitazione di massa non farà il miracolo: i soldi non pioveranno dal cielo, ne' verranno da iniziative fatue come l'eliminazione degli sprechi, che pure va fatta, ma e' una goccia nell'oceano. 


Tutto perché non si vuole affrontare il nocciolo della questione, che e' ormai evidente ai più: una generazione, quella dei nostri padri, con l'aiuto di tutte le parti in causa, della politica, dell'INPS, della pubblica amministrazione, delle rappresentanze dell'industria, dei sindacati, ha finanziato il proprio benessere presente e futuro sulla pelle dei propri figli. 
Si sono assicurati posti di lavoro inamovibili, scaricando il peso della flessibilità - che pure e' una necessita' in ogni mercato del lavoro moderno - interamente sui più giovani. 
Si sono assicurati pensioni a bassa contribuzione ed elevato rendimento, il TFR pagato in contanti, il prepensionamento, senza pagare alcun costo per tutti questi "diritti acquisiti": semplicemente, chiedendo a noi di pagarlo per loro. 

Va da se' che le pensioni per i precari non ci saranno. Semplificando, se c'è chi ha versato "70" di contributi e poi prende "100" di pensione, necessariamente per riequilibrare il sistema ci vuole chi versi "100" e poi prenda "70"; anzi non "70", bensì "50", perché c'è anche il calo demografico, per cui i vecchi sono tanti ed i giovani pochi. 
I nostri figli, se mai ne avremo, avranno finalmente un sistema previdenziale in equilibrio; ma non noi. Noi siamo la generazione di mezzo, quella che deve risistemare le cose, che deve ovviare ai disastri dei propri padri. Noi siamo quelli che lo prendono in quel posto.

Credete che un'azienda, potendo scegliere di assumere un giovane entusiasta e qualificato al posto di un lavoratore anziano, demotivato ed "iper-sindacalizzato" non lo farebbe? Il problema e' che non può mandare a casa l'anziano, che e' inamovibile. 
Pensate che questo ricambio della forza lavoro che comporta il licenziamento dei meno produttivi sia uno scenario assurdo e crudele? 
Be', sappiate che e' cosi' che funziona il mercato del lavoro in quasi tutti i Paesi avanzati del mondo: dalla Gran Bretagna (dove vivo e lavoro io) agli Stati Uniti, dalla Germania alla Danimarca.
Io sono assunto a tempo indeterminato, ma se vogliono mandarmi via, bastano due mesi di preavviso. Punto.
Questo e' accettato dalle forze sindacali come un male necessario.

Voi direte: "Ma li' c'è il sussidio di disoccupazione, ci sono ammortizzatori sociali migliori!" 
Vero. 
Ma ci possono essere perché il Paese non si accolla (più) l'onere di pagare comunque uno stipendio ai 300mila esuberi della Pubblica Amministrazione italiana, ne' ai 10mila esuberi di RTI (ex Ferrovie dello Stato); perché il Paese non crea enti inutili fatti solo per dare posti di lavoro alla gente. 

L'Italia ha il bilancio bloccato, congelato - qualcuno dice blindato - a causa delle spese di parte corrente (cioè stipendi e pensioni) e non ci sono i soldi per finanziare alcun tipo di investimento e di iniziativa.
Altri, invece, hanno evitato certi eccessi, o sono tornati indietro, pagando anche un costo politico e sociale elevato, non crediate.

Ma e' cosi' che si finanzia la giustizia sociale e l'equilibrio tra le generazioni, nei Paesi seri: evitando di concedere troppo o tornando indietro in fretta se lo si e' già fatto.
Altro che flash mob a Montecitorio.


Saluti,


(Rio)

domenica 31 ottobre 2010

Mi sa che non ho capito niente... :-)

Salve.

In gioventù, spesso mi è capitato di essere stato tra quelli che pensavano alla propria vita come ad un progresso continuo, una serie ininterrotta di successi che mi avrebbero portato a fare conquiste personali gratificanti.
Ho creduto - ma davvero creduto! - che questo fosse l'essenziale e che il resto, le cosiddette "cose importanti", come una famiglia, dei figli, sarebbero venute col tempo praticamente da sole, quasi discese dal cielo.

Non immaginavo affatto, a quei tempi, che le mie convinzioni sarebbero state solo l'ennesimo sbaglio da pagare con anni preziosi trascorsi a vivere la vita... di un altro.

Un peccato davvero, ma non ho che me stesso da incolpare per questo: di tutti gli errori che si possono fare nella vita, una delle categorie che si pagano a più caro prezzo è quella degli sbagli che derivano dal non conoscere bene se stessi. Congratulazioni, quindi.

Ciò premesso, se mi guardo intorno, scopro di essere in ottima compagnia: molti altri miei connazionali, uomini e donne, sono cadute nella medesima trappola.
Come spesso succede, questa "trappola" ha un sapore ed un profumo diverso per ciascuno di noi, ma la sostanza rimane la stessa: "Rimanda, rimanda, c'è tempo, pensa piuttosto a fare questa o quell'altra esperienza, non vincolarti in modo da rimpiangere di non aver fatto... ecc ecc".
La frase, ognuno la completi come crede: non è importante.

Qui in Gran Bretagna, invece, la maggior parte delle persone dà un peso determinante alle "cose importanti". E' piuttosto frequente incontrare per strada coppie di Inglesi (sto parlando di Inglesi, non solo di immigrati!) nei loro vent'anni con due o tre figli.
Molti di loro non hanno affatto paura di imbarcarsi nell'esperienza della paternità o della maternità; lo fanno presto e - comincio ad averne il sospetto - lo fanno anche bene.

Non vivono l'esperienza di avere dei figli come una galera, un'ossessione continua, né quella del matrimonio come di una catena che non si può spezzare (visione ereditata dalla nostra cultura cattolica del matrimonio come vincolo indissolubile e senza ritorno).
Mettono al mondo dei figli e si occupano di loro quando hanno non solo il tempo, ma anche la voglia di farlo.
Punto.
Non si sentono cattivi genitori per questo e non smettono certo di vivere per badare ai propri figli.
Sono genitori giovani che vivono l'esperienza della genitorialità restando giovani.
Se falliscono, divorziano e - dopo una naturale fase di elaborazione personale - ricominciano a vedere gente. Tutto qui.
Diversamente da quanto si pensa in Italia, i loro figli non crescono necessariamente come degli scapestrati o dei disadattati per questo e, di solito, imparano a cavarsela da soli prima dei nostri.

Quando avevo 30 anni, mi dicevo che era troppo presto per essere un genitore, che avevo ancora "tanto da vivere".
Ma, a ben vedere, non è che dopo i trent'anni io mi sia poi divertito tanto; o almeno non tanto da giustificare il desiderio di rimandare l'esperienza della paternità.

Guardando quelle giovani coppie inglesi, un tempo non lontano avrei detto: "Naaah, assurdo...!"
Oggi, 10 anni dopo, mi domando: "E se invece sono io che non ho capito un cazzo della vita?"


Saluti,

(Rio)

domenica 10 ottobre 2010

Lettera alla Redazione di Repubblica.it ed al suo Direttore

 Titolo: "Attenti all'etica professionale".



Egregio Direttore e spett.le Redazione di Repubblica.it,

con dispiacere noto che sul sito del vostro quotidiano compare una pagina con immagini ricevute da un'agenzia di stampa, in cui un colono Israeliano sembrerebbe investire senza alcuna pietà con la propria auto dei poveri bambini Palestinesi a Gerusalemme.
Questo è il link:  http://www.repubblica.it/esteri/2010/10/09/foto/gerusalemme_auto_coloni_travolge_due_ragazzini_palestinesi-7893598/1/?ref=HREC1-9

Dico "con dispiacere" perché nessuno all'interno della Redazione pare si sia posto il problema di verificare le fonti dalle quali quelle immagini apparentemente così drammatiche provenivano, né tanto meno di accertare come i fatti si siano effettivamente svolti.

Alle volte, questo atteggiamento "sbrigativo" di dare le notizie non produce dei danni; ma questa volta, invece, sì, perché La Repubblica si è involontariamente resa complice di un fenomeno che i media esteri chiamano "Pallywood", ovvero the Palestinian Hollywood, che consiste nel montaggio "ad arte" di notizie ad uso e consumo di media troppo occupati per darsi pena di verificare le proprie fonti.

Di conseguenza, vi riporto qui un link su YouTube in cui TUTTA la sequenza viene mostrata, senza tagli "ad arte", e la vostra attenzione viene attirata anche su dettagli "ai margini" dalla scena madre.
Da buoni giornalisti, scoprirete cose molto interessanti, che cambiano -- e di molto -- i fatti; cose che voglio sperare giudicherete meritevoli di adeguate attenzioni e di una rettifica da parte vostra: non credo che a Repubblica.it piaccia essere "usati".

Il link su YouTube è questo. Vi invito a guardarlo per intero e tradurre in italiano le scritte in inglese che compaiono in sovrimpressione: sono loro che vi dicono cosa vi è sfuggito.
http://www.youtube.com/watch?v=1Gi2z6sRSnQ

Comprendo che nelle redazioni dei quotidiani italiani, anche di quelli più importanti, la maggior parte sia rappresentata da precari, ai quali va tutta la mia solidarietà. Tuttavia, fare il mestiere di giornalista in questo modo diventa un'operazione che ha molto a che fare con la sopravvivenza e molto poco con il dovere di cronaca.

Spero che comprendiate il mio disappunto.

Saluti,

giovedì 30 settembre 2010

Geert Wilders e la confusione dei media

A seguito dei recenti successi elettorali, da qualche tempo anche in Italia i mass media cominciano a parlare del partito Olandese PVV, fondato da Geert Wilders.
L'acronimo olandese PVV sta per "Partito delle Libertà", un nome che ricorda il Popolo delle Libertà di Berlusconi.
Proprio come il PdL, il PVV è un partito di Destra, molto critico nei confronti del relativismo culturale e dell'egualitarismo della Sinistra.
Inoltre, il PVV è il terzo partito in Olanda, un po' come la nostra Lega Nord e, proprio come la Lega, ha posizioni dure nei confronti dell'immigrazione, in particolare quella proveniente dai Paesi islamici.
Infine, proprio come il Centrodestra italiano, non gradisce di essere accostato ai partiti che si ispirano alla destra sociale, quella di matrice fascista.
Un'analisi superficiale, quindi, consegna il PVV alla categoria "partiti xenofobi e populisti della nuova destra demagogica" a cui appartengono molte delle recenti formazioni politiche europee.

Eppure, a guardare meglio, il partito di Geert Wilders è invece una novità nello scenario politico europeo, ed ha davvero molto poco a che spartire con il Centrodestra italiano.

Geert Wilders, che si è rapidamente guadagnato soprannomi come "Mozart" e "Capitan Perossido" per via della zazzera ossigenata -- francamente ridicola -- è un ateo olandese, laico, libertario e, al tempo stesso, diffidente nei confronti di tutte le confessioni religiose e dei loro dogmi.

Da buon olandese, Wilders è orgoglioso della tolleranza e dell'apertura mentale che la società dei Paesi Bassi è in grado di esprimere, ritenendola un segno di civiltà.
L'Olanda che Wilders sogna è un paese ancora multietnico, in cui possano trovare posto rispetto reciproco e diritti individuali.
Wilders, inoltre, si definisce un grande amico degli Ebrei e di Israele (ricambiato) ed è uno strenuo difensore dei diritti degli omosessuali e delle donne, la cui tutela e parità ritiene essere un elemento cardine di una società moderna ed un tratto distintivo della Cultura Occidentale.

Siamo lontani anni luce dall'isolazionismo provinciale leghista, come anche dalle battaglie omofobe, antisemite ed a tutela della "razza" dei neofascisti; ci ritroviamo, invece, curiosamente vicini alle idee dei Radicali Italiani.

Ma allora perché la stampa italiana, tutte le volte che parla di Geert Wilders, si sente in dovere di etichettarlo come "xenofobo", "razzista" e leader di una formazione politica di "estrema destra"?

La ragione è semplice: il PVV è fortemente determinato a limitare il più possibile l'immigrazione dai Paesi islamici in Olanda ed è contrario al velo integrale e ad altre manifestazioni del fondamentalismo, come la segregazione e riduzione in stato di semi-schiavitù della donna.
Xenofobia?
Facciamo quelli con il cervello acceso. Prima di affibbiare etichette, sentiamo cosa dice il diretto interessato: il PVV sostiene che l'integralismo islamico sia incompatibile con la vita democratica e che rappresenti una forma di totalitarismo fascista che utilizza le libertà civili dell'Occidente allo scopo di distruggerlo.

In sostanza, Wilders ritiene che non sia possibile mantenere in piedi un sistema di regole democratiche che tutelino i diritti individuali, la libertà e l'uguaglianza di tutti i cittadini, specie delle categorie più deboli come gli omosessuali, i minori e le donne se -- al tempo stesso -- non ci si difende dalle forze contrarie, interne ed esterne, che puntano a minare ed a sovvertire quegli stessi diritti.

Più volte Wilders ha ribadito, ed altrettante volte le sue dichiarazioni sono state ignorate dagli organi di stampa, che la sua battaglia politica non riguarda tutti i musulmani, ma soltanto quelli che, per motivi religiosi, si rifiutano di integrarsi nel sistema di libertà e di diritti della persona delle società occidentali.

Quella di etichettare Wilders come xenofobo razzista di estrema destra appare più come la conseguenza dell'applicazione errata di vecchie categorie novecentesche da parte dei media ad un fenomeno politico nuovo del XXI Secolo, che coniuga laicità (per qualcuno, laicismo), libertà individuali e diritti civili, ma nega l'egualitarismo culturale.

L'idea di Wilders, che solo in Olanda poteva trovare una realizzazione così compiuta, appare più come un moto d'orgoglio del mondo occidentale, una voce che afferma con forza che la società democratica, libera e laica, con tutti i suoi difetti, è comunque quanto di meglio l'umanità abbia prodotto sinora, perché è la sola che assicura il rispetto dei diritti individuali e delle vocazioni personali di ognuno; una voce che ricorda che l'equilibrio democratico è, per propria natura, intrinsecamente instabile e che quindi necessita di essere continuamente riaffermato e tutelato da nemici interni ed esterni.

Ora, non so voi, ma quando leggo la notizia che in Olanda gruppi di giovani fanatici islamisti picchiano gli omosessuali per strada e che la Sinistra li difende (intendo dire difende gli islamisti, non gli omosessuali!), io mi domando se il mondo oggi sappia ancora cosa siano la Destra e la Sinistra; se queste due categorie abbiano ancora un significato, dopo la fine della guerra fredda, o se bisognerebbe quantomeno ridefinirle.

Io credo che uomini come Geert Wilders stiano provando a gettare le basi di un sistema di valori diverso, libero dagli steccati del passato.

Sono pienamente consapevole, e certamente lo è Wilders, che il passaggio è stretto e che il confine tra la tutela della laicità liberale come faro del mondo e la xenofobia becera della Lega Nord è molto labile.

Ma sono altrettanto convinto che, in questa fase storica di crisi di ideali, il tentativo sia doveroso e che il beneficio potrebbe essere grande per tutto l'Occidente e non solo.

Saluti,

(Rio)

domenica 19 settembre 2010

Fallimenti di Successo


L'inizio, si sa, è spesso la parte più difficile nella vita.
Qualcuno potrebbe obiettare che anche la fine è tostarella da gestire, ma asteniamoci da considerazioni troppo scontate e soffermiamoci a parlare dei momenti in cui la vita - o almeno buona parte di essa - è ancora davanti a noi.

Si dice che ognuno è diverso, che i sogni della gente vadano per conto proprio, senza sovrapporsi, se non in minima parte, gli uni agli altri e tante altre cose il cui  scopo è quello di ribadire la nostra unicità.

Sarà anche così, ma una cosa di certo non è nei sogni di nessuno: il fallimento.
Tutti temiamo il fallimento.

Possiamo rigirare la frittata in mille modi, ma la ragione per cui non ci imbarchiamo nel 99% delle cose che non facciamo è che temiamo di fallire; di non farcela.
Questo vale tanto per i bambini quanto per noi altri.

Il fallimento non piace proprio a nessuno.
Eppure la storia ci insegna che i grandi uomini sono divenuti tali anche perché non avevano alcuna paura di fallire; anzi, che il successo è infine arrivato soltanto al termine di una lunga, lunghissima catena di fiaschi colossali. Questa gente aveva capito che, essenzialmente, bisognava imparare a fare due cose: mai perdersi d'animo e mai smettere di imparare dai propri errori.

Esagero? Leggete qua sotto e giudicate voi.

Bill Gates, fondatore e presidente di Microsoft, ha letteralmente cambiato la cultura del lavoro d'ufficio nel tardo XX secolo, semplificando enormemente l'utilizzo del personal computer. Eppure, negli Anni '70, fu buttato fuori da Harvard. Oggi è uno degli uomini più ricchi del mondo.

Abraham Lincoln, che non aveva ricevuto un'educazione scolastica formale oltre la quinta elementare, entrò in politica per essere trombato in ben dodici elezioni, prima di essere finalmente eletto (fior di) Presidente degli Stati Uniti d'America (due volte) ed abolire la schiavitù.

Isaac Newton fu il più grande fisico e matematico della propria generazione: i suoi lavori sulla gravità dei corpi e sull'ottica lo hanno reso immortale, elevandolo al rango di uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi. Molti ritengono erroneamente che fosse un genio dalla nascita, ma i fatti raccontano una storia diversa. Newton a scuola era negato, tanto che i suoi insegnanti disperavano di poter migliorare il suo rendimento.

Albert Einstein, il più grande astrofisico del XX secolo, un autentico genio le cui teorie avveniristiche sullo spazio-tempo rimasero incomprese per decenni, da ragazzo non solo andava malissimo a scuola, ma collezionava figure di merda formato planetario (forse presagio delle sue future teorie cosmologiche).
Raccontò il compianto giornalista italiano Ruggero Orlando che una volta, a diciassette anni, Einstein salì su un autobus. Il biglietto costava 60 centesimi di franco svizzero e il giovane Albert pagò con un franco intero. Il conducente-bigliettaio, allora, gli chiese altri dieci centesimi, così da potergli dare un pezzo da cinquanta centesimi come resto. Nonostante ci fosse tanta gente che volesse salire sull'autobus dietro di lui, Einstein si impuntò, arrabbiandosi con il conducente, convinto che questi lo stesse imbrogliando.
Il conducente, che si vede che ne incontrava di Einstein ogni santo giorno, spense il motore e, con la massima calma, spiegò passo per passo il calcolo. Il giovane Albert, infine, capì, arrossì di vergogna e si scusò col conducente, il quale, sempre tranquillo, rispose: "Non fa niente, figlio mio. Non tutti sono portati per la matematica."

Thomas Edison, l'inventore le cui scoperte hanno cambiato la vita di tutti i giorni nel XX secolo, registrando ben 1.093 brevetti a proprio nome, veniva considerato dai suoi insegnanti a scuola uno stupido incapace di imparare alcunché. E prima di mettere a punto la famosa lampadina incandescente, dovette collezionare la bellezza di oltre novemila(!) fiaschi, con i prototipi precedenti.

Michael Jordan è considerato il più grande cestista di tutti i tempi (nel senso che giocava a pallacanestro, non che faceva i cesti di vimini della Valle d'Itria). Era un atleta fenomenale, dotato di una combinazione unica di grazia, velocità e potenza, unite ad una capacità di improvvisare il gioco e ad una voglia di vincere notevoli. Be', per quanto vi sembrerà incredibile, prima di entrare nell'NBA, Michael Jordan era un cestista modesto, al punto che era stato messo fuori squadra al liceo per "mancanza di capacità".

Walt Disney
fu un celeberrimo animatore, produttore, regista e sceneggiatore cinematografico. La Walt Disney Company da lui fondata ha fatto sognare migliaia di bambini (ed i loro genitori e nonni, anche) ed ha attualmente un risultato d'esercizio intorno ai 30 miliardi di dollari annui, spicciolo più, spicciolo meno. La sua prima produzione di animazione non solo finì in bancarotta, ma lo mise in condizioni di essere ridicolizzato dinanzi ai giornalisti che, nel corso di una conferenza stampa, lo accusarono di non avere proprio alcuna idea nuova da offrire al cinema. E non finisce qui: il buon Walt andò in fallimento altre sei volte ed ebbe anche un esaurimento nervoso, prima di riuscire a sfondare.

Winston Churchill
, considerato uno dei massimi statisti del Novecento ed uno dei cento più grandi sudditi della Corona Britannica di tutti i tempi, da piccolo era balbuziente e fu anche bocciato all'esame di terza media.

Il Colonello Sanders della Kentucky Fried Chicken si vide respingere la propria ricetta per il pollo fritto ben 1.009 volte (le ha pure contate tutte, l'animaccia sua!), prima che un ristorante finalmente la accettasse.

Il celeberrimo regista e produttore americano Steven Spielberg abbandonò la scuola media. Fu convinto a ritornare ma, siccome la sua vecchia scuola non voleva riprenderlo, trovò collocazione in una classe per ragazzini con problemi nell'apprendimento. Durò appena un mese, e poi lasciò la scuola per sempre.

Nel 1947, la 20th Century-Fox scaricò una giovane attrice sotto contratto da un anno, con la motivazione che non vi era in lei alcuna alchimia capace di suscitare l'attenzione da parte del pubblico maschile. Si chiamava Norma Jean e da lì a qualche anno sarebbe diventata "la" diva sexy per eccellenza: Marilyn Monroe.

La prima novella di John Grisham è stata respinta da ben sedici agenti e da dodici case editrici. Immagino che stiano tutti ancora sputando i peli.

Non la prima, ma le prime due aziende automobilistiche del signor Henry Ford finirono in bancarotta. Ford è oggi ricordato come il padre dell'automobile di serie; anzi della produzione in serie, tanto che il suo modello organizzativo basato sul lavoro specializzato, ossia la catena di montaggio, prende il nome di "fordismo".

Vincent van Gogh vendette un solo quadro nel corso della propria vita: a suo fratello.  :-)

Soichiro Honda fu scartato dalla Toyota Motor Corporation nel corso di un colloquio di lavoro per un posto da tecnico meccanico. Vatti a fidare dei selezionatori del personale... Rimase disoccupato per un bel po' e,  siccome lavoro in Giappone allora non ce n'era, si mise ad assemblare degli scooter in garage. Solo dopo anni, i suoi vicini cominciarono a comprarglieli e... il resto della storia la conoscete.
Oggi, il suo motto più celebre è: "Il successo è al 99% fatto di fallimenti".

Richard Hooker ha passato ben 17 anni a scrivere e cercare di promuovere una storia comica sulla Seconda Guerra Mondiale, che fu respinta da ben 21 editori, prima che William Morrow l'acquistasse. Il titolo del libro era "Mash". Serve dire altro?

Akio Morita, fondatore della Sony, progettò il suo primo apparecchio elettrico che doveva servire a cucinare il riso... Peccato che, invece di cucinarlo, lo bruciava alla grande; per cui ne vendette sì e no cento esemplari e l'intera operazione finanziaria fu un bagno di sangue. Oggi, la Sony è la sesta più grande azienda di elettronica al mondo, con un risultato annuo di circa 66 miliardi di dollari.
Immaginate anche il valore collezionistico di uno di quei cento brucia-riso Sony... 

Saluti,

(Rio)

domenica 12 settembre 2010

L'Undici Settembre dei complottisti: un attentato all'intelligenza

Sono passati nove anni dall'immane tragedia di quell'11 Settembre del 2001 in cui, nell'incredulità del mondo intero, si consumava il più micidiale attacco a sorpresa al cuore dell'America e, indirettamente, all'intero Occidente.
La ferocia di quell'attacco fu aggravata dal fatto che si scelse di colpire non solo un obiettivo militare, il Pentagono, ma due obiettivi civili, le Torri gemelle del World Trade Center di New York, utilizzando aerei di linea con passeggeri civili a bordo, e causando la morte orribile di oltre tremila persone.
Il fatto è già devastante di per sé.
Di sicuro non aveva bisogno dell'aggravante dei complottisti, che molto presto hanno cominciato a far circolare una serie di teorie, spesso in contraddizione le une con le altre, per fornire quella che loro definiscono "una spiegazione alternativa dell'accaduto" rispetto a ciò che sempre loro chiamano "la verità ufficiale".

Una elencazione delle teorie complottiste richiederebbe molto più spazio di una semplice nota anche perché - come dicevo - sono tante e si contraddicono a vicenda. In linea di massima, la più accreditata è quella dell'autocomplotto: in sostanza, la stessa Amministrazione americana di George W. Bush, con l'aiuto dell'immancabile CIA, avrebbe organizzato l'orrendo attentato per poi farne ricadere la colpa sullo sceicco del terrore Osama Bin Laden - del tutto estraneo ai fatti - ed avere così il pretesto di attaccare l'Afghanistan. Ciò per far guadagnare montagne di denaro alla lobby delle armi, che aveva precedentemente finanziato (e che avrebbe poi anche rifinanziato) la campagna dei Repubblicani alla presidenza. Qualcuno aggiunge anche ragioni legate al mondo dell'edilizia, come la necessità di abbattere il WTC senza far scoprire alla gente che era stato in realtà edificato con materiali cancerogeni.

Vi sembra assurdo? Be', la cosa ancora più curiosa è che la Presidenza degli Stati Uniti, anziché servirsi di attentatori burattini, manipolati ad arte e manovrati dalla CIA, avrebbe in realtà camuffato quattro missili da aeroplani e li avrebbe lanciati contro gli obiettivi, facendo poi crollare le Torri gemelle grazie alla più incredibile e segreta opera di demolizione controllata mai registrata nella storia del genere umano, realizzata con un lavoro occulto durato mesi e completata oltre un anno prima; il tutto senza che nessuno sinora (Anno del Signore 2010) spifferasse né fornisse alcuna prove dell'immane complotto.

Ora, io non voglio entrare nel merito degli "sbugiardamenti incrociati" tra sostenitori del complotto e sostenitori dell'attentato islamico, perché ci vuole un libro, se non un'enciclopedia, ma mi limiterò a due semplici considerazioni di base.


1. LE MODALITÀ
Se io fossi un Presidente USA impazzito e decidessi di ammazzare oltre tremila civili innocenti miei connazionali in quel modo orrendo soltanto per la mia sete di potere e denaro, starei molto, molto attento a non farmi scoprire.
E sì, perché se se ne accorgono, non solo io, ma tutta la mia famiglia, il mio partito, i miei amici e sostenitori sono rovinati per decenni. Un attentato come quello dell'11 Settembre non è roba da prendere alla leggera. 
L'ultima cosa che mi serve è un piano talmente intricato, complesso e lungo nella sua attuazione da contenere centinaia di elementi che potrebbero andare storti.
Quello che avrei fatto io sarebbe stato far detonare una semplice bomba ad alto potenziale nascosta in una valigetta all'ora di punta di un giorno feriale a Grand Central, la maggiore stazione ferroviaria di New York. Un po' come la strage di Bologna del 1980.
Anzi, mi voglio rovinare: due bombe ad innesco differenziato, stile Hamas, così la gente, dopo la prima esplosione, scappa tutta da una parte e muore per l'esplosione della seconda bomba. Il tetto di Grand Central crolla e muore molta più gente delle tremila persone dell'11 Settembre.
Non ci credete? Vi invito a ripensarci. Avete visto cos'è successo a Madrid l'11 Marzo 2004? Piccoli ordigni improvvisati ed artigianali hanno ucciso 191 persone e ne hanno ferite in modo anche grave oltre 1400...! Basta organizzarsi e si può massimizzare l'effetto letale.
Ma il vero punto è che non è difficile: ci vuole un esperto militare di ordigni esplosivi (la CIA ne avrà uno, che dite?) un paio di bombe ad alto potenziale e un paio di pezzi di merda che le piazzino dove non si notano, tipo in un ripostiglio delle pulizie. Aggiungiamoci uno o due che facciano da palo.
Esageriamo: ci vogliono dieci persone.
Non difficilissimo e sicuramente alla portata dell'intelligence militare USA.
E invece no.
L'Amministrazione Bush fa decollare due aerei di linea (mi limito alle Torri Gemelle, per brevità); poi li fa atterrare Dio-solo-sa-dove; fa trucidare tutti gli occupanti e ne fa bruciare i corpi (perché, di essere morti, sono morti! E polverizzati, pure), tipo lupara bianca.
Poi fa partire Dio-solo-sa-da-dove dei missili travestiti da aerei di linea e li fa schiantare contro le Torri; ma non insieme, attenzione! Prima uno e, dopo 15 minuti, anche l'altro, così intanto arrivano le TV di mezzo mondo, viene meno l'effetto sorpresa e si nota meglio che non si tratta di aerei bensì di missili... (?)
E infine, gran finale, anziché usare missili abbastanza potenti da abbattere le torri da soli (e sono dei missili, sì o no?!?), fa detonare una serie elevatissima di cariche esplosive in una successione sincronizzata che ha dell'incredibile, per giunta senza cablaggi (perché, oltre a lasciare tracce, il calore dell'incendio avrebbe rischiato di danneggiarli, compromettendo il perfetto sincrono; ma sarebbe impossibile anche con i cablaggi, dicono gli esperti), facendo cominciare le esplosioni non dal basso, per sfruttare il peso dell'edificio, come si fa a regola d'arte, ma dal punto dell'impatto (circa a tre quinti dell'altezza).
Tutte queste cariche sarebbero rimaste lì per oltre un anno, collocate in gran segreto su praticamente tutti i cento e passa piani di ciascuna torre da una squadra di pazzi furiosi travestiti da tecnici dell'ascensore, ben motivati ed a prova di omertà più di un clan mafioso.
A parte che a me sembra un piano escogitato da un deficiente ubriaco, i rischi di insuccesso e di essere scoperti sono chiaramente enormi.
Quante cose possono andare storte, con un piano così assurdo?
Quanta gente si deve coinvolgere? Da quante persone si deve ottenere - con le buone o con le cattive - il silenzio, che poi dev'essere mantenuto per sempre?
In breve: ma chi è così coglione da andare a cacciarsi in un piano così rischioso, quando ci sono diverse alternative decisamente meno complicate?


2. LE RAGIONI
E veniamo alla seconda considerazione, la mia preferita: le ragioni per cui tutto l'attentato sarebbe stato realizzato. Permettetemi di liquidare alla svelta la baggianata della costruzione del World Trade Center con materiali cancerogeni... Se a Bari hanno abbattuto Punta Perotti e bonificato la Fibronit dall'amianto, non capisco perché a New York per buttare giù due torri si debbano ammazzare tremila persone.
Parliamo quindi solo della guerra dell'Afghanistan e della lobby delle armi. Da lì a pochi anni, dopo l'11 Settembre, gli USA avrebbero scatenato una guerra folle contro Saddam Hussein, in alcun modo legato all'attentato dell'11 Settembre e ad Al Qaida, sulla base della presenza di un fantomatico arsenale di armi di distruzione di massa di tipo chimico e batteriologico; arsenale che non è mai stato ritrovato, per la semplice ragione che non esisteva.
Era solo una menzogna della CIA, per aver creduto alla quale l'allora Segretario di Stato USA, il generale Colin Powell, ha perso il posto e l'onore. Eppure, è bastata a scatenare una guerra che dura da anni, nella quale le truppe di mezzo Occidente sono impelagate e da cui non riescono ancora ad uscire.
In tutta onestà, la necessità di commettere il più atroce degli attentati terroristici della storia - per giunta su suolo americano e con vittime americane - proprio non si vede, e neppure si intravede.
Si possono immaginare, invece, svariati metodi più semplici di questo per scatenare un conflitto.
E chissà quanti in più ne immaginano le diverse Amministrazioni USA, in cui - Presidenti a parte - lavorano menti raffinatissime: vi ricordate come è scoppiata la guerra del Vietnam? Si trattò di un altro evento manipolato ad arte dagli USA al fine di creare il pretesto per attaccare i Vietcong, invadendo il Paese. Non ci fu certo bisogno di ammazzare tremila civili su suolo americano.
Né ce ne sarà mai.
Per quello occorre la follia fondamentalista di un nemico che ti odia e che ha un nome: La Base, Al Qaida.

Saluti,

(Rio)

lunedì 7 giugno 2010

Israele spiegato a quelli con la kefiah

Salve.
In un impeto violento di masochismo, in altro modo non so spiegarmelo, ho fatto la scelta folle di rispondere - per una volta - ad alcune delle mille e mille "osservazioni" su Israele sollevate su Facebook da diversi ragazzi e ragazze di Sinistra e di Destra.

Essendo una selva inestricabile di giudizi del tipo "due-pesi-e-due-misure", mi sono concesso la licenza di operare una selezione, ma solo per filtrare le banalità più sconcertanti e i ragionamenti più dozzinali, perché se no avrei dovuto dedicare i migliori anni della mia vita a fornire risposte o anche solo interrogativi logici a chi non ne vuole, perché a vent'anni - beato lui - sa già tutto.

Inutile dire che il quadro è deprimente: nessun amore per i fatti oggettivi, nemmeno quelli auto-evidenti di un filmato video.
Nei loro ragionamenti la logica è semplicemente assente, o del tutto asservita alla politica: questo rende il loro compito molto più semplice del mio.
Spero solo che, banalmente, io li abbia giudicati male.
Del resto, non essendo come loro, posso permettermi il lusso di essere imperfetto.

Cio' premesso, proviamo ora a rispondere a questa selva di luoghi comuni.
Ci vorrà un po', temo: un luogo comune è come uno slogan e si formula in cinque minuti. Una verità richiede un po' più tempo e qualità nelle argomentazioni.

Uno: Nel caso Mavi Marmara, il TG4 ha difeso Israele! Sono dei venduti al soldo americano e sionista!
Risposta:
Tutti sappiamo che il TG4 è obiettivo come io ho un guardaroba di kefiah nel mio armadio...
Ciò nonostante, il caso conta. Traduco: va da sé che Fede sarà sempre allineato alle posizioni di Berlusconi, ma questa volta - per un puro caso - le posizioni del governo sono coerenti con quanto effettivamente emerge dai video.
Cose che capitano anche ai peggiori TG. :-)
Sapete come si dice: anche un orologio fermo, due volte al giorno, ha ragione.
Ora, resta da vedere se - per puro spirito di contraddizione politica - vogliamo asserire che Fede ha torto persino quelle rarissime volte che, per un semplice scherzo del destino, gli capita di avere ragione.

Due: Quelli della Mavi Marmara andavano a portare aiuti ad una popolazione sigillata da mare e da terra da un blocco militare delle merde sioniste che dura da più di 2 anni!
Risposta:
Come ho già puntualizzato in un mio precedente post, il blocco totale israeliano non riguarda affatto ne' viveri, ne' medicine, ne' beni di prima necessita', che possono entrare in quantità e tipologie illimitate. Riguarda solo alcuni tipi di carburanti (non tutti: il diesel è ammesso), alcuni tipi di fertilizzanti (quelli esplosivi, come quelli a base di nitrato di potassio), ed alcuni materiali metallici e plastici. La ragione per cui questi materiali non possono entrare a Gaza è perché con questi materiali si possono costruire armi.

Se l'obiettivo dei pacifisti fosse stato davvero quello di portare aiuti alla Striscia di Gaza, avrebbero semplicemente usato i valichi via terra consentiti.
Nessuno li avrebbe fermati e nessuno glielo avrebbe impedito: ci sono decine e decine di ONG, anche arabe, che ogni settimana utilizzano quegli stessi valichi.

Ma il loro scopo, in realtà, era un altro: loro volevano dimostrare che era possibile far arrivare un carico non ispezionato nel porto di Gaza, per ragioni che di umanitario avevano poco e di strategico, invece, molto.
Israele, dal canto suo, doveva dimostrare che non era possibile, per le stesse identiche ragioni.

Lo ha spiegato e ripetuto il portavoce del Governo Israeliano in TV: nella stiva di una nave si possono trasportare materiali bellici molto, molto più pericolosi che in uno stretto tunnel scavato alla buona sotto il confine con l'Egitto.
Ora, con l'Iran e la Siria che vogliono egemonizzare il Medio Oriente e sono sempre pronte a fornire armi e con il Pakistan che ha addirittura l'atomica (l'ha fatta esplodere sottoterra in un test qualche anno fa), far arrivare un carico non ispezionato ad Hamas è semplicemente fuori discussione.
O forse certa Destra e certa Sinistra italiane pretenderebbero che Israele corresse serenamente il rischio?
Che razza di pretesa sarebbe?

Tre: I Palestinesi lanciano dei razzi con la potenza di un Pallone di Maradona contro chi gli ha distrutto e levato tutto!
Risposta:
Un razzo Qassam è un arma rozza, ma letale: i razzi Qassam hanno ucciso diverse volte (altro che "O Pallone 'e Maradòna"!) e sono progettati per essere realizzati con materiali "civili", quelli ancora disponibili quando è in atto un blocco nell'importazione di armi industriali. Un razzo Qassam è troppo rudimentale per essere preciso (per fortuna!), per cui non trova uso in operazioni militari "convenzionali", ma serve comunque ad uccidere civili e terrorizzare i sopravvissuti.
Ricordiamo che nell'inverno del 2008-2009 fu proprio un razzo Qassam caduto troppo presto per un errato calcolo balistico degli uomini di Hamas a causare dei morti in una scuola di frontiera palestinese nella striscia di Gaza. Altro che i petardi di Natale.

Un razzo Qassam è composto, essenzialmente, di un vettore fatto con grossi tubi in metallo o in materiale plastico PVC spesso, dei fertilizzanti come propellenti ed un ogiva contenente del materiale esplosivo e circa 200 schegge di metallo, per massimizzare l'effetto letale della deflagrazione.
Certo, non è la bomba atomica (e menomale!), ma se io fossi un ragazzino con la kefiah o un naziskin con gli stivaloni, non vorrei trovarmi a meno di 15 metri da uno di questi cosi, quando esplode. E me ne starei ben riparato dietro un muro spesso, anche.
Considerate anche che, nei sei mesi precedenti alle operazioni israeliane a Gaza, sulle città di confine ne arrivano una media di cinquanta al giorno.

Il fatto che ci siano state relativamente poche vittime dipende da una serie di fattori:
  • I razzi Qassam non hanno ogive potenti;
  • I razzi Qassam sono imprecisi;
  • Gli attivisti di Hamas, sul piano delle competenze balistiche, lasciano a desiderare peggio dei razzi Qassam;
  • La popolazione delle città di frontiera è addestrata a raggiungere il più vicino rifugio entro e non oltre una manciata di secondi (considerate che dal lancio all'impatto di un razzo passa solo qualche minuto: quindi è meglio scattare come molle o sono cazzi. Fatelo cinquanta volte al dì in media, giorno e notte, e poi ne riparliamo).
Senza contare che l'Iran ha recentemente dotato Hamas anche di alcuni missili Graz di fabbricazione russa, molto più insidiosi.

Quanto al "distrutto e levato tutto", ad di là del fatto che i nonni degli shahid di Hamas si sono arricchiti vendendo catapecchie a peso d'oro a ricchi immigrati invasati di sionismo solo perché queste sorgevano in luoghi biblici (e adesso le vorrebbero indietro gratis, anche se al posto delle catapecchie ci sono intere città con tanto di infrastrutture primarie e secondarie), io mi domanderei anche: quanto spende Hamas per migliorare le condizioni di vita dei Palestinesi?
Negli attuali territori sotto controllo palestinese, le infrastrutture che esistono (strade, ospedali, eccetera) sono state realizzate praticamente tutte dagli Israeliani o dalla comunità internazionale. Se Hamas avesse a cuore il proprio popolo, invece di usarlo come scudo umano lanciando i razzi Qassam dai cortili delle abitazioni civili e tenendo le riunioni dello Stato Maggiore nei reparti di pediatria degli ospedali, pianificherebbe ed attuerebbe progetti di sviluppo regionale e di institutional building, come fanno i Paesi che vogliono crescere davvero.
Pioverebbero su di loro miliardi di dollari pubblici della cooperazione internazionale e i capitali privati.
Invece, Hamas spende tutto per comprare o costruire armi da usare contro la "Bestia Sionista", quando gran parte del popolo della "Bestia" - statene certi - di tutto ha voglia fuorché di tirare ancora per le lunghe la "questione palestinese".

Quattro: In acque internazionali non si può mandare avvertimenti ne' abbordare nessuno, a meno che non sei un terrorista o pirata.
Risposta:
E certo, così una nave che trasporta un carico imprecisato è libera di attraccare e scaricare la stiva dove le pare.
Le ispezioni in acque internazionali sono ammissibili, quando il natante manifesta, nelle comunicazioni o nei fatti, l'intenzione di attraccare in un porto dichiarato off-limits.
Internet esiste apposta: non usatelo solo per i siti porni.
Inoltre, se è in pericolo la sicurezza nazionale, è illegittimo fare tutto quanto è possibile, senza arrecare danni non necessari a terzi?

Cinque: L'incolumità dello stato israeliano è direttamente proporzionale all'annientamento del popolo palestinese.
Risposta:
Tipico esempio di disinformazione di komunisti kombattenti kol K: è esattamente il contrario ed i fatti parlano da soli.
Persino quando Israele è legittimato a difendersi, come nel caso Mavi Marmara, viene isolato a livello internazionale!
Il momento migliore, sul piano della credibilità internazionale, nella breve storia di Israele è stato l'anno del Nobel per la Pace a Rabin e Arafat, dopo che Rabin decise lo sgombero unilaterale dai territori occupati dai coloni.
Quello non fu un grande anno, per Hamas. :-)

Sei: Hamas è stata democraticamente eletta nella striscia di Gaza nella stessa maniera di quei macellai del governo israeliano o di quel delinquente di Bush in America.
Risposta:
Hamas è, nei fatti, un clan mafioso. Forse eletto regolarmente, ma che ha già fatto capire che non autorizzerà elezioni sino a quando le condizioni non lo permetteranno (leggi: quando saranno sicuri di vincere loro).
Sono le stesse promesse dei dittatori di tutto il mondo.
Per darvi un esempio di quanto Hamas abbia a cuore la democrazia, pensate che durante l'operazione militare israeliana a Gaza, l'anno scorso, Hamas ha dato l'ordine ai suoi di sparare ai membri della fazione rivale Al Fatah (quella vicina all'eredita' di Arafat), per toglierli di mezzo e dare la colpa agli Israeliani.
Magari per voi questi sono metodi democratici, ma a me sembrano più sistemi da Al Capone.
Israele, dal canto suo, è una democrazia parlamentare, con una miriade di partiti ("ogni Ebreo è un partito", ti dicono là), eletti col sistema proporzionale, come si faceva da noi ai tempi della Prima Repubblica.
Ed è rimasta una democrazia nonostante tutti i problemi che ha dovuto e che deve affrontare.
Noi Italiani saremmo già scivolati nel fascismo: in passato, lo abbiamo fatto per molto meno.
Certo, è una democrazia "tosta", ma deve esserlo. Se no, sarebbe già scomparsa.

Sette: Trovo quantomeno razzista fondare l'identità di un paese sull'unica religione di razza (si é ebrei solo per nascita...la conversione é una trafila lunghissima e che comunque non ti porta mai ad essere veramente ebreo).
Risposta:
Israele è sì la terra degli Ebrei (l'unica al mondo) ma è uno stato laico, in cui la libertà di culto è garantita dalle Leggi Fondamentali.
Provate invece ad aprire una chiesa nella striscia di Gaza: auguri. Ricordatevi però di lasciarmi prima un indirizzo per la corona di fiori.

Quanto alla trasmissione della condizione ebraica, non essendo io né Ebreo né esperto di questioni religiose (sono agnostico), mi devo astenere.
Io sapevo (ma mi occorrerebbero conferme) che una sorta di "sinodo" dei rabbini negli Anni '70 aveva stabilito che uno è Ebreo se sua madre è Ebrea; cioè che l'ebraicità si trasmette per parte di madre.

Quanto alle trafile per la conversione, non ne so nulla.
Vi ricordo però che uno può diventare Musulmano in dieci minuti, con una brevissima cerimonia.
Ma se dopo ci ripensa, è peccato di apostasia; e l'apostasia nell'Islam è punita con la morte. Ogni tanto, le cronache dei giornali ce lo ricordano.

Otto: Israele è un Paese con l'intera popolazione militarizzata, un Paese che erige muri per difendersi.
Risposta:
Figlia bella (questa era una ragazza che scriveva), che ti devo dire?
Quando sono cazzi, sono cazzi.
Gli Israeliani fanno tutti il servizio militare (tranne gli ortodossi, che anche per questo vengono guardati male dagli altri): le donne per venti mesi e basta, mentre gli uomini inizialmente per tre anni, e poi ancora vengono richiamati per un mese l'anno sino al compimento del 40esimo anno di età (mi pare).
Tutto questo costa moltissimo; soldi che potrebbero essere spesi in modi diversi e - non mi pare che serva dirlo, ma non si sa mai - non fa piacere proprio a nessuno, specie ai soldati.
Lo stesso dicasi per il muro. A nessuno piace stare dietro un muro.
Personalmente, trovo che nessun muro sia mai servito nella storia, nemmeno quelli che costruivano i comunisti, per cui alla fine ritengo che Israele lo tirerà giù.
Ma hanno comunque diritto di provarci, per proteggersi.

Nove: Fino a che punto questa esigenza di "difendersi" può legittimare lo sprezzo dei più elementari diritti umani e delle convenzioni internazionali?
Risposta:
A parte che non ricordo bene in quale documento delle "convenzioni internazionali" o statuto dei "diritti umani" è ammesso usare dei poveri disperati per farsi saltare in aria negli autobus e nei mercati israeliani, o tirare razzi sulle palazzine delle case civili dei villaggi israeliani di confine, ma se uno chiedesse a te fino a che punto sei disposto ad arrivare per non farti ammazzare, tu che risponderesti?
"Fino a dove è necessario", ovviamente.
Perciò che razza di domanda è, scusa?
Se uno venisse da te e ti dicesse: "Senti maaa, ti posso ammazzare per rivendicare le mie istanze di popolo?" tu glielo lasceresti fare, forse?

Dieci: che senso ha fare i conti in tasca e contare i peli del culo ad ogni episodio politico sociale nel contesto palestinese per poi fare SILENZIO sullo schiacciasassi militare economico e mediatico di quel regime di assassini chiamato Israele?
Risposta:
Israele uno schiacciasassi mediatico? :-D
Ma se i media gli danno in testa persino quando ha ragione da vendere!
Persino la Reuters si mette a truccare le foto per andare "contro" Israele. All'anima dello schiacciasassi...! :-D
Per essere uno schiacciasassi mediatico - lo Stato di Israele se lo lasci dire - se la cava davvero da schifo.
Quanto al "fare i conti in tasca", tu cosa proponi, sentiamo?
Lasciamo chiunque libero di fare qualsiasi cosa contro Israele ed asteniamoci dal giudicarla?
E i diritti alla sicurezza della gente che vive e lavora in territorio israeliano?
Questo Israele è ovvio che non può consentirlo: se hai un minimo di onestà intellettuale, ammetterai che non lo consentiresti mai neanche tu.
Io dico, invece: basta usare due pesi, due misure. Israele uccide dei "pacifinti" che attaccano i soldati a sprangate? Mostri sionisti! Hamas fa saltare un kamikaze in un mercato e fa una strage di innocenti? No, qui è diverso, questo è un atto legittimo di guerriglia...
Ecco. Partiamo da qui: evitiamo certe distinzioni "di comodo".

Undici: si starnazza sull'aggressione di pacifici militari israeliani che pacificamente assaltavano una nave straniera in acque internazionali armati fino ai denti e che per aver subito qualche LEGITTIMA sprangata, visto che i pirati erano loro, hanno giustamente ammazzato 9 persone e ferite altre...
Risposta:
Se avessero "assaltato" la nave, avrebbero usato i cannoni o i siluri. Avevano tutti i mezzi per affondare la nave e tanti saluti ai "pacifinti".
Invece, come mostrano i video, si sono calati dall'alto per prendere il controllo del natante e condurlo al porto di Ashtod per i controlli, la sola cosa che interessava agli Israeliani. Lo avevano pure preannunciato via radio. E hanno fatto esattamente lo stesso con le altre nove navi.
Che razza di "assalto" sarebbe?
Come se io prima di rubarti il motorino, ti chiamassi sul cellulare per dirtelo; poi, verificato che non ci sono esplosivi nel bauletto, te lo restituissi.
I soldati nemmeno hanno toccato il ponte, che i "pacifinti" li hanno presi a sprangate.
Quanto alle "legittime sprangate", vorrei vedere te prendere sprangate da uno che ti dice "Non mi puoi sparare: le mie sono sprangate legittime" poi e riparliamo.
Se aggredisci a sprangate, molotov e coltellate degli uomini armati, che ti aspetti di ottenere, in cambio? Carezze, forse?
Molti dei morti, del resto, erano attivisti fondamentalisti: hanno cercato volutamente la provocazione, alcuni con l'intento di morire da martiri. Anche di questo ci sono ampi riscontri su San Internet.

Dodici:
'Sto pallone gonfiato delle terre comprate è il caso di sgonfiarlo 1) perché si tratta di neanche 1/10 dell'estensione attuale occupata da Israele. Praticamente i primi insediamenti a Jaffa e intorno Gerusalemme. 2) non si è visto mai che una nazione nasca con il semplice accumulare terre acquistate...sarebbero bravi tutti. E per piacere evitiamo la solita fola del 'deserto' visto che era una regolare prefettura ottomana.
Risposta:
Quando fu fondato il moderno Stato di Israele, nel 1948, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Palestina era un Protettorato Britannico, non una prefettura ottomana...
La città di Tel Aviv, la seconda e la più moderna città israeliana, circa 400mila abitanti oggi, è stata costruita su di un terreno acquistato dagli Inglesi da parte di una Cooperativa edilizia ebraica. Ci sono anche delle foto dell'epoca, in cui si vede un "branco di futuri luridi inquilini sionisti" posare... Su un terreno brullo ed arido che diventerà una delle città più vitali e dinamiche del Medio Oriente. Ci sono le carte, ci sono le foto, c'è tutto.
Con Haifa e Gerusalemme che hai citato tu, hai già le tre città più grandi del Paese, ed hai fatto una parte significativa della popolazione. Ti ricordo che, pur essendo una nazione, la superficie complessiva di Israele è solo un po' più grande di quella della Puglia; ma Israele, per una parte non trascurabile, è desertica.
Io ci sono stato. Altro che "la terra del latte e del miele"!
Dio, gli Ebrei, li ha fregati: secondo me, ci sono gli estremi per una rescissione contrattuale. :-)

Poi, certo, ci sono anche terre conquistate: prendi le Alture del Golan, quelle che il presidente Giorgio Napolitano vorrebbe che Israele restituisse alla Siria ed al Libano (grande idea: cosi' quando gli Hezbollah lanciano i loro razzi contro le città israeliane, possono prendere meglio la mira e disporre di una gittata adeguata).
Israele le ha conquistate nel 1967 con la Guerra dei Sei Giorni, ma potrebbe perderle, con un'altra guerra.
Le guerre spostano i confini e cambiano lo status quo.
Ma è vero: non esiste un solo Paese - eccetto quelli piccolissimi - che sia nato senza conquiste militari.
Ma perché sarebbero illegittime solo quelle di Israele, questo proprio non si capisce.

Tredici: Israele non è una nazione ma semplicemente una gigantesca operazione geopolitica!
Risposta:
E perché, è mai esistita nella storia una Nazione Palestinese, forse?
Questa Nazione Palestinese non è forse un'operazione geopolitica?
Hai mai sentito parlare, prima degli Anni '70, di Stato di Palestina?
Che differenza c'è?
Vedi? Sempre due pesi e due misure.
Cosi' non si arriva da nessuna parte.
Ai Palestinesi tutto è lecito, mentre ad Israele non è lecito nulla.
Per gli Ebrei è lecito solo morire. Come ai tempi di Auschwitz.
Bravo: Hitler sarebbe fiero di te.

Quattordici: Se qualcuno "vuole solo esistere" e, per farlo, butta a mare chi stava prima di lui, per quanto mi riguarda può legittimamente essere spazzato via.
Risposta:
Su chi "c'era prima" si potrebbe discutere a lungo. Prima c'erano gli Ebrei(!), che - per la verità - hanno continuato sempre a vivere in Palestina, nei secoli, nonostante varie diaspore, ben prima che sorgesse un "Movimento Sionista" definito tale.
Chiedetevi perché.
Perché esiste ed esisterà sempre un legame indissolubile tra la Palestina ed il popolo ebraico.
Mandarli via di lì è come pretendere di cacciare gli Arabi da La Mecca: un nonsenso storico e sociologico.

E comunque, fino a prova contraria, è Hamas che vuole "buttare a mare" gli israeliani, non il contrario.
Se Israele volesse davvero annientare i Palestinesi, potrebbe farlo in breve tempo, vista la sua schiacciante superiorità militare.
Invece lo Stato di Israele si limita a difendersi: vuol solo vivere al sicuro, non fare pulizia etnica, come vi raccontano sui giornali di Sinistra.
Volesse fare davvero pulizia etnica quale vantaggio geopolitico avrebbe nel farla con il contagocce?
Sperare che Siria ed Egitto non se ne accorgano, forse?
In realtà, la maggior parte degli Israeliani e, credo, pure dei Palestinesi, di tutta 'sta guerra non ne può più.
E, per quel che mi riguarda, che si decida per i "due stati, due popoli" e buonanotte.

Quindici: nessuno dei soliti sofisti e (molti sono i prezzolati) si straccia le vesti sulle continue estromissioni demolizioni repressioni e violazioni perpetrate quotidianamente sui palestinesi a Gaza e in Cisgiordania da Israele. Che secondo le regole del vivere civile occupa militarmente e illegalmente territori non suoi da decenni.
Ora se si tiene presente questo contesto sempre e continuamente, allora possiamo parlare del fatto particolare di turno ma, a questo punto, visto sotto una luce veramente obiettiva.
Risposta:
E - in sprezzo delle stesse regole del vivere civile - nessuna spedizione pacifista è mai partita per il Darfur a dare sostegno alle popolazioni massacrate dai Janjaweed musulmani. Né in Eritrea. Né nelle guerre etniche del Congo. La ragione è semplice: quelle morti, benché numericamente superiori a quelle della Palestina, non servono al vero scopo, che è fare politica anti-americana.

Se davvero l'obiettivo fossero la pace, la legalità e la liberazione degli oppressi, queste aree del mondo sarebbero di gran lunga più centrali nell'azione svolta dai cosiddetti "pacifisti".
Ma non è affatto così.

Perciò non illudetevi: dei Palestinesi e degli Israeliani in sé non frega un cazzo a nessuno, nel mondo. Né agli stessi arabi, né alla Sinistra radicale italiana, né agli Americani.
Questo è solo lo strascico di contrapposizioni che si sono originate ai tempi della guerra fredda, quando l'America usava Israele come cuneo nel Medio Oriente e l'URSS cercava di spazzarlo via armando e/o finanziando l'OLP, la Siria, la Giordania e, ai tempi del presidente Nasser, anche l'Egitto.

Gli Israeliani sono odiati da tutti, in Medio Oriente, perché tutti i paesi confinanti vogliono estendere la propria egemonia nell'area: per questo "usano" quei poveretti dei Palestinesi.
Che gli altri Paesi arabi non importi niente dei Palestinesi, ve ne accorgete da come li trattano, quando li hanno in casa: peggio dei cani, mentre in Israele ci sono migliaia di Palestinesi che o vivono e lavorano, oppure lavorano e basta e quindi si sobbarcano quattro check point al mattino ed altrettanti alla sera, facendo i pendolari dalla Cisgiordania.
In altri paesi del Medio Oriente, i Palestinesi non possono avere un lavoro, o non possono avere una casa o - addirittura - nemmeno possedere beni: trattati peggio dei cani. Altro che chiacchiere.

Sedici: Israele non ha nemmeno una Costituzione.
Risposta:
Errato. La Gran Bretagna, il più antico paese democratico del mondo, non ha una Costituzione (ma non per questo non è una nazione democratica; anzi).
Israele ha nove Leggi Fondamentali, che - nel quadro del sistema giuridico - sono documenti scritti che hanno sia il contenuto che il rango di una di costituzione.
In pratica, è la stessa cosa, solo che la costituzione è un documento unico approvato "tutto insieme", mentre le nove Leggi Fondamentali (che stabiliscono il ruolo del Parlamento, quello del Governo, i diritti dei cittadini, eccetera) state definite ed approvate una alla volta, in tempi diversi, nell'arco di 40 anni.
Scelta logica per un Paese che, prima di darsi un'identità "finale", ha scelto di ricevere i segnali della storia.
Ad ogni modo, l'avere o meno una costituzione non vuol dire nulla sul piano della democraticità di un Paese: la Siria, uno dei Paesi più fascisti del mondo, ha una costituzione; come ce l'aveva l'Iraq di Saddam Hussein.
La Gran Bretagna, come già detto, no.

Diciassette: Parlando poi delle varie nakba, mi dispiace, ma ad iniziare la faida sono stati i sionisti.
Risposta:
Questa - scusate - è ignoranza pura. Bisogna avere le fette di prosciutto sugli occhi e nelle orecchie per non aver mai sentito parlare delle decine e decine di volte nella storia in cui i Musulmani hanno oppresso, privato dei beni, espulso o ammazzato gli Ebrei. E pure i Cristiani, dall'altra parte.
O credete forse che sia cominciato tutto con Hitler?
Come credete che ci siano arrivati gli Ebrei, ad esempio, in Italia? Molti sono Sefarditi espulsi dalla Spagna (editto di Isabella di Castiglia).
Altro che "hanno cominciato i Sionisti".
Per poter "cominciare" dimenticate che ci vuole uno Stato ed un esercito.
Dai tempi dei Romani sino al 1948, gli Ebrei non hanno mai avuto uno stato.
E allora, se hanno cominciato loro, mi dite come la facevano, questa "oppressione"?
Tiravano le papaline all'uncinetto alle orde dei saraceni?

Vi saluto con un cenno della testa, perché le braccia mi sono cadute,

(Rio)

PS. Due anni e mezzo dopo, sempre su questo blog, ho pubblicato un aggiornamento intitolato "Principali luoghi comuni su Israele e i Palestinesi".