GA_TagManager_Container

martedì 30 marzo 2010

Ma perché cacchio la gente non va a votare?

Salve.
Da Radicale incallito, sono ancora parecchio contrariato per il risultato delle regionali in Lazio, in cui Renata Polverini - ovvero una creazione di Ballarò - ha superato Emma Bonino, uno dei politici più corretti, onesti e coerenti nella storia d'Italia.

Cose del genere succedono solo in questo bizzarro Paese, ma non è di questo che voglio parlare.
Lascerò piuttosto che le numerose droghe pesanti che ho assunto - tutte insieme, per aumentare la flagellazione autoinflitta - si prendano cura del mio animo di leone ferito, generando un vortice dell'oblio grosso così, nel quale io possa sprofondare per sempre, magari risucchiato insieme al "Trota" Bossi ed a qualche altro improbabile fenomeno da baraccone che popola le nostre istituzioni in questi anni confusi.

Il tema che voglio affrontare oggi, invece, prima che le sostanze prendano il sopravvento, è quello dell'astensionismo. Va da sé che, come Radicale, io l'astensionismo proprio non lo capisco. Mi sembra un atteggiamento assurdo, oltre che uno schiaffo in faccia alla fortuna che abbiamo di essere nati e cresciuti in un Paese che una sorta di democrazia ce l'ha ancora.
Che darebbero per poter votare liberamente in Corea del Nord? O nel Myanmar?
Noi, invece, ci prendiamo anche il lusso di restarcene a casa, o di votare scheda bianca o nulla.
Per un Radicale, astenersi dal voto è una cosa inconcepibile; è un po' come per un ciellino cantare in chiesa l'Osteria Numero Sette.

Non capendolo, di conseguenza, sono andato a lezione di astensionismo seguendo uno dei numerosi corsi disponibili su internet e sono approdato alle pagine web approntate dai quotidiani "La Repubblica" e "Corriere della Sera", in cui chi non è andato a votare poteva liberamente spiegare perché non l'aveva fatto.

Neanche a dirlo, ho trovato di tutto: dall'immancabile qualunquista che dice "Siete tutti dei ladri!" (epiteto suppongo rivolto anche ai giornalisti della redazione on-line), a chi ha saputo esprimere con poche parole i propri argomenti in un modo che dovrebbe far riflettere tutti i partiti, come "Non voto perché in Italia c'è solo Berlusconi che pensa unicamente agli affari suoi e la Sinistra che pensa solo a Berlusconi. Io in tutto questo cosa c'entro?"

Ma se escludiamo le poche, lodevoli eccezioni, il panorama che ne risulta è davvero sconfortante; oserei dire fallimentare: oltre sessant'anni di democrazia non sono riusciti ad inculcare in una parte consistente del popolo italiano neppure i princìpi di base della sovranità e della rappresentatività parlamentare.
Un fallimento della scuola, della politica, del mondo del lavoro, dei media, della società... Non lo so; e non è certo il mio blog del cavolo la sede più idonea per analizzare un problema così complesso. Ma si tratta comunque di un fallimento clamoroso, evidenziato da livelli di astensionismo delle ultime elezioni che superano largamente il 30%. Un Italiano su tre.

Leggiamo insieme alcune pietre miliari, alcune perle d'autore di questo fallimento, e commentiamole, anche:

1.

Dice il lettore "W La Scuola" (ma dove se li vanno a cercare, certi nomi?):
«Il popolo sarà anche bestia ma c'è un limite! Penso che il pensiero ricorrente di chi si sia astenuto dal voto sia molto semplice: nessuno è degno di rappresentarci.»
Qualcuno dica a "W La Scuola" - che spero non possa votare perché in realtà ha solo 15 anni - che il concetto cardine che sottende il voto è che il popolo è sovrano. "Bestia" lo diventa quando decide di non esercitarlo, il voto.

2.
Dice invece, in un italiano zoppicante, Ashton1900:
«Non ho votato perché volevo mandare un messaggio forte chiaro al peggiore personale politico che l'Italia ha mai avuto dal dopoguerra ad oggi: non meritate il mio voto! Dovete cambiare radicalmente.»
Caro Ashton1900, non so se li avrai terrorizzati di più con il tuo messaggio forte e chiaro o con il tuo stile. Devo però riconoscere che c'è qualcosa di grandioso nell'espressione personale politico: ti dà l'idea che non siano eletti, ma assunti a tempo indeterminato e, quindi, almeno in Italia, inamovibili.

3.
Questo qui poi, a mio modesto parere, è il non plus ultra. Ecco a voi Norberto:
«Ritornerò a votare quando vedrò in galera i malfattori di ogni partito; i tecnici che hanno permesso la costruzione di edifici che hanno ucciso bambini e adulti; i preti pedofili; i mafiosi tutti; quando il Vaticano si manterrà da solo; quando la tv di stato ritornerà di stato; quando saranno risolti i conflitti di interesse; quando la scuola sarà solo statale; quando il libero mercato sarà veramente tale; quando banchieri e finanzieri pagheranno la loro insana ingordigia.»
In pratica, quando il Paradiso Terrestre sarà sceso in terra, e l'agnello pascolerà accanto al leone, e Dio tergerà ogni lacrima dagli occhi dell'uomo giusto, allora il signor Norberto si ricorderà di andare a votare.
Peccato solo che a quel punto né l'agnello, né il leone, né l'uomo giusto e nemmeno il Padreterno sapranno più che cazzo farsene del suo voto.
Qualcuno, per favore, gli spieghi che si vota per cercare di migliorare le cose, il che appare superfluo se il Regno dei Cieli è già qui.
Oppure datemi il suo numero di casa: lo chiamo alle tre di notte e glielo spiego io.

E ora scusatemi: mi si raffredda l'eroina sul cucchiaio.

Saluti,

(Rio)

domenica 28 marzo 2010

Raiperunanotte, internet per sempre

Ciao.
Che ne dica il ministro Bondi, che ne strepiti il presidente Berlusconi, l'esperimento mediatico di Raiperunanotte, primo nel suo genere in Italia, si è rivelato un completo successo e, per usare le parole del segretario del PD Bersani, "un boomerang" per tutti quelli che avevano salutato la censura pre-elettorale come un fatto positivo.

Scrivo apposta prima che si chiudano le urne delle regionali, domani pomeriggio, per sottolineare il fatto che, qualunque sia il risultato del voto, per una volta, una volta soltanto, gli Italiani di qualsiasi appartenenza politica hanno dimostrato di non gradire eccessive ingerenze da parte del Palazzo nell'applicazione dei principi costituzionali di libertà di parola e di stampa, oltre che nel diritto di essere informati prima di andare a votare.

Infatti, la grande risposta di pubblico, nonostante i numerosi problemi tecnici di chi, come me, è stato costretto a guardare il programma via internet dall'estero (vivo in Inghilterra), con uno streaming che funzionava a singhiozzo, sta a testimoniare come dietro ci sia molto di più di un semplice messaggio elettorale "anti-Berlusconi" o "vota per l'opposizione".
Il pubblico che ha passato ore incollato alla tv, alla radio, al computer o seduto in terra al freddo nelle piazze d'Italia era lì per dire: "Lasciateli parlare, lasciateci ascoltare. Decideremo noi a cosa credere e a cosa no."

Ma c'è un altro aspetto importante, di carattere più generale: l'evento di Raiperunanotte rappresenta lo spartiacque, anche in Italia, tra il vecchio mondo dei media tradizionali e quello dei nuovi canali di comunicazione mediatica.
Dopo Raiperunanotte, nessuno in questo Paese potrà più permettersi di considerare internet un canale secondario, concentrando i propri sforzi (anche quelli finanziari) solo sui media tradizionali.
Del web come canale chiave per la comunicazione anche politica se n'era già avuta qualche avvisaglia con la straordinaria popolarità acquisita, nel giro di pochi giorni, da Deborah Serracchiani, eletta europarlamentare "dal popolo di internet".
Ma il caso Serracchiani non è in alcun modo paragonabile, per portata e per significato, a quello di Raiperunanotte.

Non che Raiperunanotte sia stato un evento mediatico esente da difetti, sia chiaro: gli eccessi di una platea sovreccitata e quelli di alcuni momenti del programma, in cui Berlusconi viene paragonato addirittura a Benito Mussolini o in cui Mario Monicelli, dopo aver detto cose bellissime e sacrosante, chiude malamente parlando di "rivoluzione" (seguono applausi), rappresentano gli aspetti meno edificanti di un'operazione altrimenti impeccabile.

Ma, se vogliamo inquadrare gli eventi in modo corretto, dobbiamo considerare non tanto le pressioni esercitate sui componenti dell'Agcom (sulle quali io sorvolerei, perché le Autorità in Italia sono tutte lottizzate e tale responsabilità non è certo imputabile al solo PdL), quanto l'assurdità di chiudere tutte le trasmissioni di approfondimento politico proprio in campagna elettorale, quando cioè ce n'è più bisogno (al punto che, paradossalmente, verrebbe da chiedersi perché mai mandarle in onda fuori dalla campagna elettorale...!).

Quella di Santoro, dei suoi ospiti e del suo pubblico è stata - se consideriamo tutto ciò - una risposta forse a tratti nervosa ma, tutto sommato, equilibrata.
Esagera, o non ha seguito la trasmissione, chi sostiene che sia stata un'invettiva continua contro il PdL; a meno che mandare in onda i contenuti delle intercettazioni Agcom - ahimè, già di pubblico dominio - non sia da considerare un attacco politico, invece che, come ritengo, semplice dovere di cronaca.

Puntualizzo che io non sono di Centrosinistra, sono un Radicale liberista e, come tale, trovo che i bavagli - di qualsiasi colore - siano sempre fuori luogo; né condivido più di tanto il modo di fare tv di Michele Santoro, del quale ricordo una puntata sul conflitto arabo-palestinese che fece incazzare persino la Annunziata (e che ora mi si dica che la Annunziata è di Centrodestra).

Ma se la sola risposta che il Palazzo sa dare è il bavaglio, allora mi auguro che esperienze libere come Raiperunanotte si ripetano e si moltiplichino all'infinito, lasciando agli Italiani, e solo a loro, il compito di distinguere tra informazione e propaganda.

Saluti,

(Rio)