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giovedì 30 aprile 2020

I mantra del popolo italiano [2]


Variazione PIL pro-capite rispetto al 1998
Salve.

Proseguo la mia breve disamina dei mantra ripetuti incessantemente dalla cultura dominante in Italia con questo secondo post (il primo, con le premesse e i primi tre mantra, lo trovate qui. Il post conclusivo, invece, è qui).

In questo post mi occupo di altri tre ben noti dogmi che ‒ diversamente da altri affermatisi soltanto negli ultimi quindici o vent'anni ‒ tengono banco da più tempo di quanto io non riesca a ricordare. Tre grandi classici, tre evergreen nella lista dei mantra italici.


4. Abbiamo una classe politica indegna, che non ci rappresenta
Dio mio, come vorrei che questo mantra fosse vero.
E sì perché, se fosse vero, basterebbe cambiare il proprio voto, sceglierci dei rappresentanti diversi, e la questione si risolverebbe. E invece, quante volte abbiamo provato a cambiare indicazione elettorale, in Italia? Quante volte chi ha votato Lega Nord, Berlusconi, Italia dei Valori, Scelta Civica, MoVimento Cinque Stelle, Salvini, Potere al Popolo, solo per citare quei pochi nomi di cui io mi ricordo, si è ritrovato come prima, anzi peggio?
Abbiamo cambiato legge elettorale diverse volte, eleggendo maggioranze diverse, ma il risultato finale è sempre stato lo stesso: il clientelismo al potere; la mediocrità al potere; la pavidità al potere. In Italia sono in molti a sapere cosa bisogna fare per uscire dal pantano della recessione, oramai; ma nessuno si azzarda ad agire, perché tutti sanno che chi tocca certe questioni, chi si mette ad affrontarle anche solo con una parvenza di serietà e di onestà intellettuale ha matematicamente perso le prossime elezioni. E quindi ci si agita tanto, ma non si fa sostanzialmente niente.
Poi ci sono anche gli altri, quelli che davvero non hanno capito il problema; quelli che ancora credono alle narrazioni ideologiche (di destra e di sinistra, stataliste ed anarchiche, internazionaliste e sovraniste), a narrazioni giustizialiste ("più manette", "pugno duro", e così via) o a quelle, per così dire, new age (tipo la "decrescita felice", "facciamo auto-produzione", "stampiamo cartamoneta" e via delirando).
Anche questi, più di recente, sono arrivati al potere, spinti da un consenso enorme. Enorme.
Non credo che debba soffermarmi su che razza di casino abbiano o stiano ancora combinando anche loro.
No, signori miei; il problema qui non è la mancanza di rappresentatività. E' il suo esatto opposto. Sul piano della rappresentatività, le Istituzioni italiane ‒ dal Parlamento ai Consigli Comunali, dal Governo del Paese alle Giunte Municipali ‒ funzionano in modo pressoché perfetto, nel senso che sono occupate da rappresentanti che sono lo specchio fedelissimo dell'elettorato che li ha messi lì. Purtroppo. Il problema, lungi dall'essere, che so, una determinata legge elettorale, una specifica classe politica dirigente, è molto peggiore: il problema è il popolo.


5. Se tutti pagassero le tasse, pagheremmo tutti di meno
Come no. E la notte della Domenica delle Palme, gli asini volano, anche. Guardando alla storia recente del nostro Paese, quanti esempi abbiamo in cui, a seguito della scoperta di inattese disponibilità finanziarie nelle casse dello Stato, i politici di turno ne hanno subito disposto la collocazione in determinati capitoli di spesa interessati da una ottimale ricaduta elettorale?
Chi come me non è più tanto giovane ricorderà "il tesoretto". Ce n'è stato più di uno, a cominciare da quello di Giuliano Amato, seguito da quello di Padoa-Schioppa (forse il più celebre), sino ai più recenti di Berlusconi, Renzi e persino Conte. Sospinti da una pressione popolare immensa (perché, altro che chiacchiere sulla rappresentatività, gli Italiani sono quelli che sono), i politici li hanno immediatamente collocati a spesa per ragioni elettorali, trasformando subito un piccolo avanzo in nuovo debito.
Sempre, immediatamente, e senza mai proteste da parte della gente ‒ tranne da parte di quelli che non ne beneficiavano, ovviamente.

Alla prova dei fatti, diventa davvero difficile contestare la veridicità della tesi liberale secondo cui "se lo Stato avesse il doppio dei soldi, farebbe semplicemente il doppio dei debiti". Anche perché, sempre alla luce della storia recente, l'intera classe politica italiana ha dimostrato di saper fare una cosa soltanto: spendere soldi non suoi. Nemmeno le province abbiamo saputo abolire per davvero; o magari anche solo eliminare uno solo di quei ministeri abrogati per referendum... Nulla. Le province diventano aree metropolitane, i ministeri diventano dipartimenti della Presidenza del Consiglio, e così via. Si cambia soltanto il nome, la targa sulla porta, la carta intestata. Ma in Italia non si cancella mai niente.

La stessa "crisi della politica" di cui si parla spesso oggi... Signori miei, ma chi è davvero così idiota da pensare seriamente che sia una crisi ideologica? Sono semplicemente finiti i soldi. Il successo dell'antipolitica sta tutto nell'essere riuscita a far passare presso le masse italiane (ignoranti come capre) la narrazione che in realtà "i soldi ci sono" e che per qualche strana ragione la classe politica "tradizionale", chiamiamola così, non voglia spenderli, invece di comprarsi consenso a suon di spesa pubblica come ha sempre fatto dal secondo dopoguerra ad oggi.



6. Solo una gestione pubblica garantisce gli interessi della gente
Certo, lo vediamo tutti i giorni: non soltanto in molti casi la gestione pubblica è inefficiente ed inefficace, ma la macchina della Pubblica Amministrazione si rivela del tutto incapace di definire ex ante in modo adeguato standard di servizio e di prodotto per i fornitori privati, come pure di effettuare controlli adeguati durante ed ex post.
Stiamo parlando di una plètora di funzionari e dirigenti pubblici collocati in uffici dispersi (e non è colpa loro), con una suddivisione delle competenze che risponde più a logiche di spartizione di potere tra le Amministrazioni Pubbliche e di pax politica, che a reali esigenze di gestione (e nemmeno questo è colpa loro), che debbono attuare normative contorte e contraddittorie disponendo di competenze tecnico-gestionali che farebbero fallire un negozietto di merceria, ed invece devono rendicontare su servizi essenziali per milioni di euro l'anno.
E qualcuno, a questi qua, vorrebbe affidare chiavi in mano il futuro di tutti i settori strategici italiani.
"Eh, ma perché loro fanno gli interessi di tutti".

Di tutti, capite? No, perché consumare ingenti risorse pubbliche per lavorare male, alle volte malissimo, in alcuni casi non lavorare nemmeno, ma per tutti, è comunque meglio che lavorare bene, ma senza avere l'assoluta certezza che si operi nell'interesse di tutti.
L'assoluta certezza... E già perché, in effetti, se in Italia avessimo uno dei più alti livelli di corruzione al mondo tra i Paesi del G20 OCSE, allora capirei; ma questi non sono mica problemi nostri, vero? Quindi in Italia si lavora male, malissimo, per niente, ma senz'altro per tutti. Non ci sono dubbi. Guarda il MOSE. Guarda la gestione ANAS della viabilità. Guarda l'Acquedotto Pugliese. O l'ATAC di Roma. O l'ASIA di Napoli. E l'elenco va avanti per ore, se vogliamo.


E se invece il pubblico impiego servisse a stabilire cos'è meglio per tutti ed a controllare che venga effettivamente realizzato, affidandone la gestione ai privati? Dove sarebbe il tradimento delle finalità pubbliche? Il pubblico definisce gli obiettivi, negozia un prezzo col privato, controlla quel che fa il privato e, se è il caso, lo sanziona, anche.
E' sempre tutto in mano pubblica; solo che non abbiamo un funzionario laureato in lettere che deve fare un lavoro per il quale non è stato selezionato.
E a me viene un dubbio: ma non è che il vero problema sta nel fatto che, in questo modo, si creerebbero molti meno posti di lavoro nel settore pubblico e molti di più, invece, nel privato e quindi fuori da un diretto controllo politico?
Ma tanto, si sa, io sono un malpensante.

Alla prossima.

(Rio)


mercoledì 29 aprile 2020

Coronavirus, liberisti e sporco profitto


Salve.

«Nella crisi del coronavirus, i liberisti si preoccupano delle ricadute sull'economia perché a loro interessa il profitto. A noi invece interessa la salute!» 


Questa, in sintesi, l'opinione di buona parte dei giornalisti italiani e della quasi totalità degli utenti italiani dei social networks
Sottolineo: italiani. All'estero, grazie a Dio, è diverso.

Dinanzi a cotanta dimostrazione di competenza su come funzioni davvero una società complessa, cosa possiamo dire?

Io, non appena avrò recuperato le braccia che mi sono cadute e sprofondate al punto di arrivare in Cina (e quindi mi toccherà anche sottoporle a tampone), potrò solo rispondere che, se nemmeno in questa crisi avete capito quanto sia importante avere i soldi per affrontare i problemi al meglio -- per fare i tamponi, se non a tappeto, almeno su campioni rappresentativi della popolazione; per comprare dispositivi di protezione individuale a sufficienza per tutti; per fare ricerca su un vaccino; per comprare i farmaci antivirali; per fare ricerca su una cura; per aumentare i posti di terapia intensiva ed acquistare i relativi macchinari (fosse pure con Decathlon e stampanti 3D); per fare controlli adeguati che assicurino che le norme di distanziamento sociale vengano sempre rispettate; per il telelavoro; per la scuola a distanza, eccetera eccetera -- se non vi appare lapalissiano, persino banale che i soldi siano il facilitatore di ogni strumento che l'uomo può mettere in campo per curare quante più persone possibile (e meglio), oltre a permettere a tutti di riprendere una vita normale quanto prima...


...Allora rilassatevi pure a casa per quanto volete.

Se tutto andrà bene, e ve lo auguro, non vi ammalerete e semplicemente ricomincerete in una società in bancarotta: niente più pensioni, stipendi pubblici molto più bassi e tagli draconiani al welfare, alla sanità ed alla scuola al cui confronto quelli del passato vi sembreranno roba da Paese dei Bengodi. Ma per voi poco importa: potrete sempre prendervela con il neoliberismo selvaggio.


Se invece, purtroppo, dovesse andarvi male, vi ammalerete in un Paese senza più entrate, con una sanità pubblica fatta di medici di buona volontà che ormai non possono fare altro se non darvi un'occhiata e rispedirvi a casa: niente farmaci, niente terapie, niente posti letto. Un po' come il tanto vituperato NHS britannico, solo senza i dispositivi di protezione individuale; così chi vi visita può trasmettere meglio il contagio da un paziente all'altro.

Saluti,

(Rio)