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venerdì 13 dicembre 2019

Brexit, oh my Brexit

Salve. 

E così, i Conservatori di Boris Johnson hanno la maggioranza assoluta. Quindi, la Brexit, in qualche modo, in qualche forma, si farà. 

Intendiamoci: se state leggendo questo post sperando di sapere come saranno le regole del Regno Unito post-Brexit, vi avverto subito che state perdendo tempo. Non lo sa nessuno. 
Sì, certo, Boris Johnson ha dei piani belli, pronti e definiti. Ci ha fatto pure un bel foglio di Excel. Ha ammorbato l'etere albionico per settimane con infografiche, proclami, proiezioni, nuove normative,  tutto. 

Ma quello che molti qui in UK sembrano davvero non voler capire è che la Brexit non è un processo unilaterale, né potrà mai esserlo. Altrimenti, la partita sarebbe stata chiusa già tre anni fa. 
La Brexit è una negoziazione tra due parti. E dall'altro lato della scrivania c'è una controparte tosta, agguerrita e, a questo punto, pure parecchio incazzata che si chiama Unione Europea. 

Che piaccia o meno ai reali sudditi ed elettori del biondone, è questa possente controparte ad avere l'ultima parola su ogni-singolo-punto dell'accordo; a meno che Londra non rinunci a negoziarlo, un accordo, optando per la cosiddetta "hard Brexit", il taglio netto che, nei confronti dell'Unione Europea, porrebbe il Regno Unito alla stessa stregua, diciamo, dell'Australia. 
Pur essendo anche questa una opzione sul tavolo (da oggi, più che mai), sono in molti qui a non essere sicuri che sia una grande idea per il Paese.

Per inciso: da Italiano a Londra (pur con doppia cittadinanza), in questo momento provo sentimenti classificabili tra la depressione e la rabbia, tra il "mai una gioia" ed il "vaffanculo a quest'epoca di sovranisti di merda". Ma giustamente, a voi, di quel che provo io cosa ve ne frega... Quindi vi risparmio lo sfogo. In fondo sono soltanto affari miei. 

Vi dico solo che stavolta una piccola gioia forse c'è: in teoria, quel comunista antisemita di Jeremy Corbyn dovrebbe finalmente levarsi dai piedi. E con lui, dovrebbe sparire tutta la sua cricca filo-russa, filo-islamista, filo qualsiasi cosa che non sia una democrazia moderna, secolare, occidentale e, beninteso, borghese

Detto ciò, fa sorridere l'ingenuità di quelli che salutano festanti il rialzo della sterlina di stamattina, convinti che questo significhi qualunque cosa che non sia solo la fine dell'incertezza, dello stallo. Le reazioni a breve dei mercati hanno carattere emotivo, si sa. 
Credo sarà molto più interessante osservare le reazioni dei mercati, quando uno qualsiasi dei problemi irrisolti che ora vado a descrivere ‒ tutt'altro che ipotetici, vi assicuro ‒ si presenterà sulle scrivanie del nuovo esecutivo a guida Johnson.

Cominciamo da quelli interni.

La questione scozzese
La Scozia, tre anni fa, ha votato a maggioranza (62%) per restare nell'UE. In queste elezioni lo SNP, lo Scottish National Party, il partito indipendentista scozzese favorevole alla secessione dal Regno Unito ed all'ingresso di una Scozia indipendente nell'Unione Europea, ha ottenuto un ottimo risultato. 

Nicola Sturgeon, la leader dello SNP, ha dichiarato che interpreta questo risultato elettorale come un chiaro mandato del Popolo Scozzese per un secondo referendum sull'indipendenza della Scozia. 
All'epoca della prima consultazione secessionista, infatti, non si era ancora tenuto il referendum sulla Brexit, per cui ‒ sostiene non a torto lo SNP ‒ gli Scozzesi hanno votato sì per restare nel Regno Unito, ma all'interno dell'Unione Europea. 

Ora, però, lo scenario è completamente cambiato: gli Scozzesi non hanno alcuna voglia di andare alla deriva insieme al resto del Regno Unito, e torneranno a chiedere a gran voce un nuovo referendum sull'indipendenza, forti anche del risultato dello SNP. Se Johnson negherà loro questo diritto, è difficile prevedere con certezza cosa potrebbe accadere. Niente di buono, temo.

La questione nord-irlandese
Sul fronte doganale ‒ ovvero, sul transito delle merci tra le due "Irlande", quella fuori dall'UE, l'Ulster, e quella dentro l'UE, l'EIRE ‒ pare che già prima delle elezioni si sia raggiunto uno straccio di intesa tra Regno Unito ed Unione Europea. In realtà, i funzionari nord-irlandesi hanno recentemente espresso forti preoccupazioni sul processo di transizione, che prevede che per un tempo limitato le regole doganali in Ulster restino quelle UE; ma su questo punto almeno una bozza c'è.

Resta invece la scottante questione della libera circolazione dei capitali e delle persone: le forze politiche nord-irlandesi hanno ribadito a tamburo battente che non accetteranno alcuna ulteriore limitazione alla circolazione dei cittadini dell'Ulster all'interno dell'isola, e sono tutte sul piede di guerra, su questo punto.

Del resto, è cosa arcinota che gli Irlandesi dei due Paesi hanno parenti, amici, affetti e interessi in entrambe le "Irlande", e non hanno alcuna intenzione di farsi dire da nessuno dove possono o non possono andare. Il ricordo di un'Irlanda divisa e in perenne conflitto è ancora molto vivo nella memoria collettiva ed i benefici per l'economia provenienti dalla libera circolazione di merci, capitali e persone degli ultimi anni sono bazzecole, in confronto all'aumento della pace sociale che ne è derivato. 
Dall'altra parte, l'Unione Europea non sembra molto propensa a fare delle eccezioni, qui: visto e passaporto per tutti. 
Quanto alla circolazione di capitali, poi, non se ne è nemmeno parlato seriamente: sarà uno spasso.
Se all'interno dell'esecutivo Johnson dovesse prevalere una linea di fermezza, del tipo "fate come il resto del Regno Unito e non rompete"... Be', visti i precedenti, forse stavolta, diversamente dalla Scozia, non è così difficile capire cosa potrebbe accadere; ma io preferisco non pensarci. 



E veniamo adesso ai problemi esterni. 

Il nuovo colonialismo economico
Il mondo del futuro prossimo venturo sarà sempre più caratterizzato da pochi soggetti economicamente e/o militarmente molto più forti di tutti gli altri: alcuni li chiamano "big players". Io li chiamo molto più prosaicamente "squali"

Questi squali hanno capito bene che, nel Terzo Millennio, per colonizzare un altro Paese non serve sconfiggerlo in guerra: è sufficiente comprarselo un po' per volta. 

Infatti, nel cosiddetto Primo Mondo (cioè noi), la gente ormai è talmente assuefatta al proprio stile di vita, ai propri diritti, che si priverebbe di qualsiasi cosa, pur di non perdere il proprio status; inclusa la pienezza della propria sovranità. 
Lungi dall'essere una semplice "limitazione alla sovranità degli Stati Nazionali", come dicono i soliti imbecilli sovranisti, l'UE è una unione di Paesi piccoli, ridicoli nella loro spocchiosa e patetica grandeur, che da soli non conterebbero un cazzo di niente nel mondo. Un cazzo di niente. 
Uniti, però, e forti non certo del loro esercito, ma del grande peso dato dalla somma delle loro economie di nazioni del Primo Mondo, riescono, in qualche modo, a fare muro. Non dico a contare, ma almeno a resistere.

In un certo senso, l'Unione Europea rappresenta per i propri membri una baia al riparo dalle onde alte, un porto sicuro che protegge chi vi sosta dai rischi di imbattersi negli squali

E veniamo allo UK. Da quando 'sta storia della Brexit tiene banco, il Regno Unito sta perdendo pezzi di economia e posti di lavoro. Alcuni episodi fanno notizia, mentre altri, invece, no. Resta che è un processo costante; ora lento, ora meno lento, ma continuo. E' cominciato col settore finanziario, per poi estendersi anche al settore "retail" (vendita al dettaglio). 
Anche se la chiave di lettura non è univoca, i dati non sono certo confortanti. L'economia britannica non va ancora male, ma non va nemmeno bene. 

Una volta che ci sarà la Brexit, questo piccolo Paese (sì, piccolo: perché qualcuno deve pur dirlo agli Inglesi, una buona volta, che non siamo più ai tempi del grande Impero Britannico della Regina Vittoria, cazzo!), con un'economia dalle prospettive incerte ed una serie di tensioni secessioniste interne, abbandonerà il porto sicuro dell'Unione Europea per farsi una bella nuotata in mare aperto, dove ci sono gli squali
Secondo voi, come andrà a finire? Facciamo qualche ipotesi.

Uno squalo (se va alla meno peggio, gli USA; poi, nell'ordine, Cina, Russia e Paesi Arabi) si offre di fare rilevanti investimenti in Gran Bretagna per recuperare i posti di lavoro persi e far risalire l'economia. 
In cambio, chiede a Londra soltanto di ratificare una serie di accordi bilaterali in cui il Regno Unito si impegna a vincol... ehm, relazionare sempre più la propria spesa pubblica ed il proprio import con l'export dello squalo, assicurandogli condizioni privilegiate
A seguire, lo squalo chiederà anche leggi, ad esempio normative sulla sicurezza che ‒ ma tu guarda la combinazione! ‒ combaciano perfettamente con le caratteristiche dei prodotti e dei servizi offerti dallo squalo stesso, garantendogli una posizione di vantaggio competitivo sul mercato. 
Così, lo squalo avrà di fatto messo un piede nel Parlamento del Regno Unito; ne influenzerà le decisioni, ne condizionerà la vita, ne orienterà il futuro. Et voilà. Il Regno Unito si ritrova gradualmente a somigliare sempre di più ad una colonia economica. Il gioco è fatto.
A quelli di voi che credono sia fanta-geopolitica, vorrei solo far notare che questo è già successo molte volte nel corso del XX secolo, ed in molti modi diversi.

All'Unione Europea si rimprovera spesso, e mica a torto, di essere un cazzo di carrozzone burocratico e senza un numero di telefono, cioè senza nessun "capo" da chiamare se le cose vanno male e c'è bisogno urgente di prendere decisioni. 
Però questa carenza di leadership forte ci dà anche spazio; ci dà indipendenza e sicurezza allo stesso tempo. Siamo sì in una bolla in cui forse non succede abbastanza, ma è una bolla che, in qualche modo, ci protegge.

Non vorrei che si stesse avvicinando il giorno in cui ‒ nel Regno Unito prima e in Italia poi ‒ ci troveremo tutti a rivalutarli, i carrozzoni.

Saluti,

(Rio)