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venerdì 9 aprile 2021

AstraZeneca e i No-Vax della causa perduta

Salve.

A poco più di un anno dallo scoppio della pandemia ed un numero complessivo di morti per Covid-19 nel mondo che – alla data in cui scrivo (9 Aprile 2021) – si avvicina di molto ai tre milioni, la scienza ha messo a punto una serie di strumenti per combattere il virus, non solo sul piano delle terapie (anticorpi monoclonali in primis), ma anche e soprattutto su quello della prevenzione: ad oggi, l'Organizzazione Mondiale della Sanità conta almeno sette vaccini già disponibili ed utilizzati in diversi Paesi. 

Si tratta di vaccini che presentano varie metodologie di somministrazione (due dosi o monodose) e che sono stati realizzati con tecnologie molto diverse, da quelli a vettore virale sino a quelli ad RNA messaggero, passando per quelli a subunità proteica

Posto che sono solo uno statistico, non ho alcuna intenzione di entrare nel merito, anche se i dati (mica io, eh!) sembrano concordare sul fatto che i vaccini ad RNA messaggero assicurino probabilmente una copertura migliore, specie sulle varianti più recenti del virus. E, sul piano tecnico, mi fermo qui. 

La cosa che più mi sconcerta è che, con riferimento al vaccino a vettore virale AstraZeneca, a seguito della scoperta di rarissimi effetti avversi, in alcuni casi risultati mortali, ma il cui collegamento con il vaccino è – alla data in cui scrivo – ancora da accertare con chiarezza, si sia scatenata una caccia alle streghe mediatica che ha prodotto come conseguenza un diffuso senso di sfiducia nei confronti di questo vaccino e dei vaccini anti-Covid in generale.

Nella caciara social che si è creata, l'accusa più circostanziata – o, forse, bisognerebbe dire quella meno surreale – sarebbe che AstraZeneca e altri vaccini Covid sarebbero stati realizzati in fretta e furia da grandi case farmaceutiche senza scrupoli, interessate unicamente alle prospettive di ingenti profitti venutesi a creare con la pandemia, senza dare troppo peso ai possibili effetti collaterali, anche letali, che il farmaco potrebbe causare. 

Prima di entrare nel merito specifico di AstraZeneca, due parole su un concetto misterioso chiamato "sperimentazione clinica". Questo perché, pur avendo la presunzione di ritenere che chi mi legge sia una persona di buona cultura e che quindi sappia già bene cosa sia la sperimentazione clinica, mi sveglio comunque la notte con il pensiero che nella vita non si sa mai

La sperimentazione clinica è la metodologia con cui si testa un nuovo farmaco per capire, essenzialmente, tre cose (chiedo venia per la semplificazione): se fa male; se funziona; per quali categorie di persone sia consigliato o sconsigliato, dato che "dentro" siamo diversi ancora più che "fuori". 

La sperimentazione clinica, signori miei, non è un passeggiata nel parco: è una metodologia solida, un sorta di percorso a ostacoli pieno di vincoli stringenti che fanno aumentare enormemente i costi ed i tempi di completamento. Brevissimamente, è suddivisa in quattro fasi, in cui si valutano la sicurezza ((dosaggio ed effetto biologico), profilo tossicologico, efficacia (confrontata con le terapie già esistenti) e, dopo la messa in commercio, valutazioni sull'impiego su vasta scala.

L'Istituto Superiore di Sanità (ISS) valuta l'adeguatezza degli studi pre-clinici (di laboratorio, in vitro o su animali) su un determinato farmaco per autorizzarne la sperimentazione sull'uomo. 

La parola passa poi al Comitato Etico del centro sperimentatore (in Italia sono oltre 300) si riunisce e valuta il protocollo di sperimentazione in base alla metodologia, all'adeguatezza del centro che conduce lo studio ed alle caratteristiche di eticità della sperimentazione, incluso il consenso informato e la tutela del paziente. Solo dopo, lo studio viene avviato.

Ora, il fatto che alcune case farmaceutiche siano riuscite nell'arco di un solo anno ad ottenere l'approvazione per la somministrazione di un nuovo vaccino, e che molte altre siano ormai in dirittura d'arrivo, è un cosa davvero eccezionale. 

Tuttavia, qualche concessione al protocollo è stata, in effetti, concordata con le Autorità competenti in USA ed in Europa, altrimenti sarebbe stato davvero impossibile stare nei tempi: la più "clamorosa" di tali concessioni è stata quella di offrire la possibilità di iniettare a volontari il virus del Covid per testare l'efficacia del vaccino, ma solo a soggetti che avevano letto e firmato per accettazione un testo concordato con le stesse Autorità. 

Alcuni diranno che ciò è inaudito. Può darsi. Se però pensiamo che nel mondo – ancora oggi! – ci sono dai diecimila ai sedicimila nuovi morti accertati per Covid al giorno, capite bene che forse qualche strappo alla regola era più che opportuno farlo. 

Ecco perché le aziende farmaceutiche hanno firmato un accordo in cui venivano esonerate da responsabilità, in caso di problemi col farmaco: se, per evidenti cause di forza maggiore, ci si accorda sul prendere delle scorciatoie perché è urgente fare presto, ci si deve accordare anche sulle conseguenze che questo comporta.

Se vi sembra inconcepibile, be', vi conforterà sapere che altri centri di ricerca, invece, hanno preso strade, diciamo... molto diverse: ad esempio, i ricercatori russi che hanno messo a punto il vaccino Sputnik V non hanno mai davvero completato il protocollo sperimentale; né è dato sapere come esattamente i Cubani siano giunti al vaccino anti-Covid "Soberana 02". 

Questi vaccini, semplicemente, ci sono; e qualcuno li somministra già, anche. Probabilmente saranno anche efficaci, non dico di no. Ma fanno male? Se sì, quanto fanno male? Hanno forse effetti collaterali gravi o, peggio, letali? Sono sconsigliati per qualcuno? 

Nessuno sinora ha potuto davvero controllare. Di quanto è buono il vino, per adesso, parla solo l'oste.

Se poi questo percorso sia più "etico", più "equo" – e, soprattutto, perché sarebbe più etico di chi invece si  sottopone ad una peer review con tutti i crismi – è una questione che ciascuno di noi può provare a porsi, interrogando la propria coscienza. Tanto il cervello è, come sempre, a riposo.

Resta il fatto che alcuni soggetti hanno seguito tutte le stringenti regole, fornito tutti i minuziosi dati e le informazioni richieste ed ottenuto così l'approvazione alla somministrazione da parte delle Autorità competenti. Altri ci hanno messo un po' di più e sono in dirittura d'arrivo, ma hanno sempre operato nel pieno rispetto delle regole. 

Perché dico tutto questo? Per introdurre il concetto che non importa quanto severi e rigidi siano i protocolli; non importa quanto lunga, complessa, costosa e laboriosa sia una sperimentazione clinica: nessuna procedura, per quanto attenta, potrà mai assicurare la sicurezza di un farmaco al 100%

Il rischio zero semplicemente non esiste come del resto è possibile constatare leggendo il bugiardino di qualsiasi medicinale abbiate in casa. E tutto ciò è ancora più vero quando si parla di farmaci salvavita o che prevengano o curino problemi di salute gravi. 

Toglietevi dalla testa, ogni volta che assumete uno di questi farmaci, che non esista alcuna possibilità che quel farmaco, a soggetti predisposti, faccia male; anche molto male; persino fatalmente male; e che quel qualcuno non possiate assolutamente essere voi.

Ma allora?! Be', il punto sono le probabilità. Il protocollo della sperimentazione clinica assicura che tale probabilità, cioè la probabilità che il farmaco faccia male o che uccida, sia bassissima; di molti, molti ordini di grandezza più bassa del rischio che si corre a non prendere il farmaco. Quante volte più bassa? Non dieci volte più bassa; non cento; almeno mille volte più bassa, come minimo. 

E in molti, qui, diranno che "comunque a qualcuno capita" e che non vogliono essere quel qualcuno.

Be', l'alternativa è aspettare un farmaco migliore e nel frattempo correre un rischio migliaia di volte più elevato. Se vi sembra spietato e crudele, prendetevela pure con chi vi pare, il Governo, Big Pharma (qualunque cosa sia), Dio, il capitalismo, la condizione umana, ma fatevene una cazzo di ragione: il rischio zero non esiste. Di cadere, la tegola cade e se cade in testa a noi, ahia

E veniamo finalmente al caso AstraZeneca, ammesso e non concesso che si possa parlare di un vero caso. Pare, ma non è ancora accertato, che in alcuni soggetti predisposti (e, di nuovo, non si sa bene quali) esista una possibilità che questo vaccino possa causare coaguli che, in una frazione dei casi, risultino in trombosi mortali. Stando ai dati disponibili oggi, la probabilità che questo accada è di meno di un caso ogni milione di vaccinati

Fin qui, niente di che: uno risponde nel solito modo ("eh, ma a qualcuno capita"), perché "meno di una probabilità su un milione", alla maggior parte di noi, non dice nulla. 

Vediamo quindi di rendere le cose un po' più chiare, confrontando la probabilità di una trombosi mortale con AstraZeneca (sempre che il vaccino sia davvero la causa) con altre probabilità di eventi rari:

  • probabilità di morire quando si ha un incidente d'auto: oltre 11mila volte più alta
  • probabilità di morire quando c'è un incendio: oltre 4.000 volte più elevata
  • probabilità di morire quando c'è un tornado: circa 17 volte più elevata
  • probabilità di morire colpiti da un fulmine: circa 7 volte più alta

Sapete qual è invece una probabilità più bassa di quella di una trombosi mortale causata da vaccino? Attenzione: stavolta, non una possibilità di molti ordini di grandezza più bassa: solo un evento il 60% circa più improbabile. 

Essere uccisi da un meteorite che vi cade in testa. 

Serve davvero aggiungere altro?

Forse sì. 

Forse dovremmo confrontare la probabilità di coaguli presumibilmente causati da AstraZeneca con quella di morire di Covid. 

Cioè: se – per paura di un evento di probabilità quasi pari a quella di essere colpiti da un meteorite – invece di farvi inoculare l'AstraZeneca, preferite aspettare un vaccino diverso, che probabilità avete di morire, in caso vi ammaliate nel frattempo di Covid-19?

Anche qui abbiamo fior di statistiche che ci aiutano. C'è una pandemia in corso, quindi i campioni sono, purtroppo, molto ampi. 

Se "A" è la probabilità di morire di trombosi presumibilmente in conseguenza del vaccino, e "B" è invece la probabilità (suddivisa per fasce d'età) di morire se si contrae il Covid, abbiamo:

  • 50-59 anni: 1%, quindi circa 5.000 volte più alta di "A"
  • 40-49 anni: 0,3%, quindi circa 1.500 volte più alta di "A"
  • 18-39 anni: 0,06% quindi 300 volte più alta di "A", che è sempre 300 volte, ma diventano di più se si si tiene presente che si tratta di una fascia d'età molto ampia, che copre oltre vent'anni. Ma tanto voi avete tutti 18 anni, no? Bene.

A questo punto, di solito, il mio interlocutore dice: "Eh, ma io per rischiare la probabilità B devo prima prendermelo, il Covid!"

Vero.
Ma, al massimo, il vaccino uno lo fa due volte soltanto (ammesso e non concesso che il rischio per la seconda dose sia alto quanto la prima, anche se la prima è andata bene; il che è improbabile, ma tant'è...). Però restano sempre e solo due volte.

Invece, uno esce per andare a lavoro ogni santo giorno.
Uno entra in contatto con tanta gente ogni santo giorno.
Se si vuole, quindi, moltiplicare per due la probabilità A, si dovrebbe anche farlo molte più volte per la probabilità B.

E qui veniamo al vero punto della questione.
La gente ha paura.
La gente è terrorizzata.
È inutile che noi uomini di numeri cerchiamo di farla ragionare, perché la loro capacità raziocinante è congelata dal terrore.
Per questo, pur essendo noi Europei tra i pochi fortunati su questo pianeta che accesso ad un vaccino ce l'hanno, abbiamo della gente che dice di NO. Perché se la fanno sotto.

Il che va bene, intendiamoci.
Solo, per la miseria, che lo ammettano.
Che dicano semplicemente: "Abbiamo paura e non ci capiamo più una mazza".
Non cerchino stupide pseudo-giustificazioni, rischiando così di far commettere a tante altre persone lo stesso errore del cazzo che commettono loro.

Abbiamo centinaia di morti di Covid al giorno in Italia: tutta gente che probabilmente con un vaccino si sarebbe salvata.

Si pensi, invece, alla Gran Bretagna: ha enormemente ridotto il numero di morti per Covid. In che modo? Con le vaccinazioni di massa. 

E qual è vaccino di gran lunga più somministrato in UK?  È proprio AstraZeneca.

Saluti,

(Rio)

 

PS. Nell'ottobre 2021, aggiungo a questo post del 9 aprile 2021 una postilla "personale": dei miei quattro nonni, due sono morti di trombosi e un terzo di infarto, che è comunque un evento trombotico. Io sarei quindi "a rischio" o, quantomeno, avrei una certa "familiarità" con le trombosi, no?

Be', per ragioni burocratico-amministrative legate alla incompatibilità tra i Sistemi Sanitari italiano e britannico, a me sono state somministrate non una, non due, bensì tre dosi di AstraZeneca, a tre mesi di distanza l'una dall'altra. Come vedete, ora sono morto. 

Cosa vuol dire? Nulla, scientificamente parlando. Sta solo ad indicare che i potenziali eventi avversi sono davvero molto, molto rari.