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venerdì 24 novembre 2023

Israele, Hamas e la "Difesa di Norimberga"

Salve.

Mentre scrivo (Novembre 2023), la guerra tra Israele e Hamas continua e, come di consueto, anche l'opinione pubblica si divide ferocemente partendo spesso non dai fatti, bensì da posizioni ideologiche e preconcette.
Chiunque legga questa blog credo sappia bene che a me dell'ideologia interessa poco. Il tifo da partigiani, la gara a chi ce l'ha più lungo ed idiozie simili per me rappresentano soltanto un passatempo più o meno innocuo per menti troppo semplici. Davvero non vale la pena di sprecare un post su questo.
Quello che a me piace, invece, è analizzare la realtà da una prospettiva che non oso certo definire "oggettiva", ma quantomeno razionale, logica.
E non oso definirla oggettiva perché, diversamente dai molti che – da ambo le parti – si credono oggettivi, almeno non sono così ingenuo da crederci davvero.

E veniamo alla questione.
Nelle discussioni tra le partigianerie, si sente spesso i filo-Palestinesi dire: "Sì, milleduecento civili innocenti sono state ammazzati a sangue freddo da Hamas, ma adesso migliaia di Palestinesi sono morti sotto le bombe israeliane, inclusi molti bambini!" 

Tralasciamo il discorso sul conto della serva dei morti, tipo "loro ne hanno uccisi di più, e più bambini" perché – dati i numeri enormi da entrambe le parti – credo che questo argomento afferisca ad un livello di discussione indegno non dico del genere umano, che purtroppo non smette mai di sorprendermi, ma quanto meno indegno di chi scrive e di chi legge questo blog.
E lo dico perché, con ogni probabilità, nella Seconda Guerra Mondiale le truppe Alleate e quelle dell'Armata Rossa Sovietica provocarono un numero di morti tra i civili innocenti più alto di quello causato dai Nazisti, anche tra i bambini; ma questo non è certo un argomento che può essere usato per supportare il punto di vista di Hitler.

Quindi, occupiamoci di un altro aspetto della questione.
Se il numero di morti tra i civili è elevato per tutte e due le parti in conflitto, è importante considerare anche il come e il cosa lo abbia determinato, oppure le circostanze non contano niente?

Be', nella storia del diritto internazionale c'è un importante precedente giudiziario: niente di meno che il Processo di Norimberga sui crimini nazisti contro l'umanità.

Anche allora la Corte del Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra – composta, ricordo, sia da giudici "alleati" che sovietici – accusava i Nazisti dicendo: "Avete ammazzato milioni di civili innocenti, tra cui più di un milione di Ebrei in Europa dell'Est!". E la risposta degli ex membri delle Einsatzgruppen delle SS era: "E voi, con i vostri bombardamenti su Dresda ed altre città tedesche, quanti civili avete ammazzato, allora?!"

La strategia difensiva dei Nazisti era chiara: sostenere la sostanziale equivalenza tra tutti i morti, facendo valere, invece, il numero.
A suo tempo, la Corte di Norimberga rigettò fermamente questo argomento, sulla base che non si possono mettere sullo stesso piano lo sterminio deliberato e diretto di civili inermi che non rappresentano alcuna minaccia nemica – come anche Hamas ha fatto nei kibbutz di confine o al festival nel deserto del Neghev – con le perdite "indesiderate, non cercate, ma inevitabili" ("undesired, unintended, but unavoidable losses") causate dai bombardamenti.
La distinzione tra queste due tipologie, fu detto allora, è un atto dovuto ed un segno di civiltà.

Tra l'altro, Hamas ha dichiarato e confermato di avere scavato sotto la Striscia di Gaza quasi cinquecento (!) chilometri di tunnel. Israele, dal canto suo, ha costruito migliaia di rifugi sottoterra per i civili, e regolari esercitazioni si tengono in tutti i posti di lavoro e nelle scuole di tutti gli ordini, fino agli asili; al punto che ogni Israeliano sa sempre dove sia il più vicino rifugio e può solitamente raggiungerlo in un paio di minuti. 

Quindi, la domanda che viene spontanea è: posto che le gallerie sotterranee esistono, ma che ci fanno tutti quei civili di Gaza così vicini ai razzi, alle granate, alle armi ed alle piattaforme di lancio missilistiche di Hamas? Perché non sono nei tunnel (quantomeno i bambini)?
Be', la stessa identica domanda è stata posta (link qui) da un giornalista arabo di Al Jazeera/Russia TV – Al Jazeera e Russia TV, eh, mica la "sionista Fox News"! – a Mousa Abu Marzouk, un dirigente e portavoce di Hamas, che ha risposto candidamente all'attonito intervistatore che i tunnel sono soltanto per i miliziani e che ai civili deve pensarci l'ONU. Se non ci credete, vi ho messo il link alla video-intervista più su: giudicate voi. Immaginatevi un governo che dice: "Io faccio solo la guerra, non penso ai miei civili. Se la sbrighi l'ONU."

E il fatto è che, in effetti, i civili di Gaza che non siano parenti stretti di miliziani di Hamas (coniugi, figli, genitori) non hanno accesso ai tunnel: pena, la morte.
Gli alti dirigenti di Hamas e le loro famiglie, invece, come è noto, quando Israele contrattacca non sono più nemmeno nella Striscia. Sono tutti all'estero, spesso in lussuose residenze in Qatar o in Oman.
Anche questo – ma stavolta non è la Corte di Norimberga a sostenerlo, si tratta solo dell'opinione strettamente personale di chi scrive – è un buon indicatore del livello di civiltà.

Ciò premesso, se uno proprio ne sente il bisogno, può mettere sullo stesso piano Israele e Hamas, dicendo che "Israele uccide indiscriminatamente".
Ma la verità è che se Israele non avesse davvero cercato di minimizzare le perdite tra la popolazione di Gaza, la guerra sarebbe finita l'8 di Ottobre, il giorno dopo la strage.
Il resto sono solo opinioni e chiacchiere da bar.

Saluti,

(Rio)

domenica 29 ottobre 2023

Il secolo senza ideologie

Salve. 

Questo inizio di Terzo Millennio, lungi dal portare grandi cambiamenti e ventate di aria nuova nella storia, per adesso sembra più trascinarsi dietro gli strascichi violenti del Secolo Crudele che, con i suoi fanatismi di varia matrice perpetrati anche in questi anni, sta ancora lì a ricordarci la contraddittorietà ed assurdità della natura umana.

Tra le conseguenze più bislacche di questa situazione, c'è la riproposizione – in salsa tragicomica, oserei dire – delle due grandi ideologie totalitarie del Novecento, questa volta riciclatesi in chiave "anti-sistema", invece che "messianica" e "salvifica", com'era avvenuto nel XX Secolo.

Se è vero – e qui parrebbe di sì – che la storia si ripete due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa, il ritorno delle ideologie totalitarie a cui si assiste oggi rappresenta non tanto la volontà di riproporre un sistema di valori alternativo a quello democratico, liberale e borghese, quanto l'espressione di un bruciante desiderio di rivalsa da parte degli eterni sconfitti nei confronti delle democrazie capitaliste occidentali legate alla NATO, ossia "i vincitori" del secolo precedente. 

Diversamente, davvero non si spiegherebbero le prese di posizione assolutamente simili – a tratti, indistinguibili – tra Estrema Destra ed Estrema Sinistra su molti temi sociali, economici e, soprattutto, geopolitici e, ancora di più, la natura quasi surreale delle loro alleanze strategiche.

Quello che nel Novecento era il risultato di una riflessione ideologica profonda, di un attento ragionamento politico, di un dibattito intellettuale fatto anche di valutazioni strategiche, oggi si riduce interamente ad una banale considerazione: stare sempre e comunque dalla parte opposta a quella delle odiatissime democrazie capitaliste occidentali.

Questa, oltre ad essere una cosa assolutamente superficiale e ridicola, è oltremodo pericolosa, perché il più delle volte finisce con il creare alleanze strategiche con soggetti politici promotori di sistemi del tutto antitetici ai propri "valori" e orientati verso obiettivi che vanno in direzione diametralmente opposta ai propri. 

Se non in questi termini, come interpretare la simultanea alleanza di Forza Nuova e dei Comunisti di varia matrice con Hamas in Palestina e con Putin in Ucraina? In Medioriente, Destra e Sinistra radicali sostengono di stare dalla parte dell'aggredito (?? bontà loro), mentre in Europa Orientale dalla parte del Paese che non aveva altra scelta se non quella di difendersi dalle provocazioni del  nemico oltre confine.

I salti carpiati dialettici fatti di sottili distinguo qui non cambiano la sostanza dei fatti: si sta a fianco di chi ci conviene. Sia chiaro, a fianco di chi conviene a noi, ossia per i nostri obiettivi: dei popoli oppressi non ci interessa assolutamente niente, posto anche che ne muoiono a migliaia in altre parti del mondo, nell'indifferenza più generale.
Del resto, quanti Palestinesi nei "capi profughi" siriani ha torturato e ucciso Bashar Al Assad? Qualcuno se ne è lamentato, forse? Avete visto proteste? Io in Italia ho visto nascere gruppi a favore di Assad, non contro.

E che dire dei fascisti, i cugini scemi dei comunisti, che da un lato sostengono di lottare contro "l'islamizzazione dell'Occidente", arrivando a vaneggiare di occupare militarmente la Libia per fermare l'immigrazione (eh, nostalgia canaglia!) e poi copiano alla lettera i manifesti e le battaglie terzomondiste della Sinistra massimalista al punto che ti tocca cercare il logo sul manifesto per capire se stai leggendo un'affissione di Destra o di Sinistra?! 

Questo è ciò che ha prodotto la fine delle ideologie: un'ondata di superficialità politica tragicomica in cui, sostanzialmente, se sei anti-ammerikano, allora sei amico mio; a prescindere dal fatto che tu la pensi in maniera diametralmente opposta alla mia su tutto e che mi uccideresti alla prima occasione utile. 

Sto semplificando troppo? Sto esagerando?
Se qualcuno di voi conosce una chiave di lettura che sia, al tempo stesso, altrettanto semplice ed efficace per spiegare tutte le prese di posizione attuali e prevedere anche quelle future, allora lo ascolto: sono tutt'orecchi, gente. Non vedo l'ora di avere torto.

Sino a quel momento, saluti.


(Rio)

venerdì 13 ottobre 2023

Le responsabilità di una guerra

Il kibbutz Kfar Aza, al confine con Gaza, dopo il massacro

Salve.


Oltre un anno e mezzo di Guerra d'Ucraina dovrebbe averci tutti assuefatti alla prese di posizione di una parte o dell'altra, al punto di non essere più in grado di parlarci ed ascoltarci gli uni con gli altri anche quando diciamo cose sensate.
Eppure c'è un aspetto che io davvero non riesco a farmi andare giù; qualcosa a cui credo non riuscirei mai ad abituarmi, ed è la retorica sulle ragioni di entrambe le parti, quelle che – a dire di alcuni – non vengono mai adeguatamente considerate.
Mi spiego. 

Se qualcuno dice che il Paese A ha attaccato militarmente i civili del Paese B, e che quindi lo scoppio della guerra sia imputabile all'aggressione da parte del Paese A, c'è sempre qualcuno che risponde con: "E no! Tu non stai tenendo conto della situazione pregressa! Il Paese B aveva fatto questo e quell'altro e, di conseguenza, adesso cosa si lamenta per la escalation militare? Cosa mai poteva fare il Paese A, se non prendere le armi? Che alternativa aveva?"

Ecco. C'è qualcosa in questo modo di pensare che a me non torna. Sì perché, vedete, non so voi, ma io non ricordo una sola guerra in cui entrambe le parti non avessero le loro sacrosante ragioni. Sacrosante. Dico sul serio, eh. Prendete l'esempio che vi pare; anche Hitler. 

Alla fine della Prima Guerra Mondiale, nel Trattato di Versailles, alla Germania furono imposte condizioni di resa durissime. Diciamo pure assurde. Al di là delle scontate perdite territoriali, il Paese dovette sobbarcarsi debiti di guerra esagerati, al punto che l'economia tedesca – già provata dallo sforzo bellico – collassò quasi del tutto. Di conseguenza, per garantire i proprio crediti, la Francia e il Belgio occuparono militarmente la zona mineraria della Ruhr. Il Marco Tedesco fu trascinato in una spirale iper-inflattiva fino ad arrivare a valere, nel 1923, un bilionesimo (uno su mille miliardi!) di quello che valeva nel 1914. Praticamente carta straccia.
Non so voi, ma io penso che ce ne sia abbastanza per essere parecchio incazzati. Tedeschi incazzati; non so se mi spiego. 

Ma forse questo giustifica minimamente quello che Adolf Hitler ha fatto? Ovviamente, no.
E' giusto addossare alla Germania la responsabilità dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, ovvero la più grande carneficina che l'umanità abbia mai conosciuto? Probabilmente è giusto. Ci saranno delle concause, ci sarà quello che volete, ma è corretto. Chi abbandona la via diplomatica e prende le armi è l'aggressore. La guerra la comincia lui.
Fossi Belga o Francese, adesso, direi che anche le potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale avevano le loro sacrosante ragioni.
Ed è così, infatti.

Il punto è che le ragioni possono anche argomentare lo scoppio di una guerra, ma non la giustificano, né – soprattutto – ne spostano minimamente le responsabilità. Questo perché, in verità, in una guerra è di fatto impossibile che ci siano valide ragioni da una parte soltanto e gravi torti solo dall'altra; per cui questo tipo di analisi, questa logica di attribuzione, non ha alcun senso.
Però può essere utile; utile quando si vuole addossare la responsabilità ad una parte per ragioni ideologiche. Basta nascondere o minimizzare le buoni ragioni dell'altra parte esacerbandone, nel contempo, i torti.
Game, set, match

Lo si fa sempre. Però è sbagliato. E' sbagliato quando ad aggredire per prima, ad iniziare effettivamente le ostilità belliche è stata la stessa parte che qualcuno sostiene "essere nel giusto". Perché in guerra "il giusto" è un concetto molto – no – troppo soggettivo; ancor più che in tempo di pace. Pertanto, può e probabilmente deve essere messo da parte.

Ricordatevelo, quando proverete a giustificare le atrocità di Hamas contro i bambini del kibbutz Kfar Aza, massacrati di proposito, con qualsivoglia ragionamento incentrato sulle "ragioni di Gaza".

Saluti,

(Rio)

domenica 21 maggio 2023

L'alba dell'Intelligenza Artificiale

 

Geoffrey Hinton
Salve.

In questa strana fase storica fatta, al tempo stesso, di salti in avanti e di involuzioni, uno dei temi che tiene banco negli ultimi tempi è la grande ascesa dell'Intelligenza Artificiale.
In particolare, da quando a fine novembre 2022 è stato reso pubblico ed accessibile il sistema di Intelligenza Artificiale ChatGPT (realizzato da OpenAI con un massiccio contributo finanziario da parte di Microsoft), credo si possa tranquillamente affermare, senza rischiare di esagerare, che una vera e propria rivoluzione tecnologica si sia rivelata al mondo, una sorta di evento epocale che, con ogni probabilità, avrà molto presto un impatto determinante sul lavoro e sulla vita di tutti noi.
ChatGPT è stata la piattaforma web (e adesso anche app) dalla crescita più rapida di sempre.
E non abbiamo ancora visto niente.
Subito dopo, sono spuntati decine e decine di altri strumenti di Intelligenza Artificiale in ogni ambito, alcuni dei quali davvero basati sull'IA; altri, invece, solo rietichettati come tali, ossia ritinteggiati nel colore più alla moda oggi. E' il marketing, bellezza.

Ma oggi non voglio parlare di ChatGPT o di qualche suo "cugino".
Questo post trae spunto dalle dichiarazioni allarmate ed allarmanti del professor Geoffrey Hinton, docente universitario, psicologo cognitivista, esperto di informatica e, soprattutto, ex Vicepresidente e Ricercatore presso Google Brain, l'azienda del gruppo che si occupa proprio dello sviluppo di sistemi di Intelligenza Artificiale.
Dopo aver presentato le dimissioni dall'azienda, Hinton ha espresso forti preoccupazioni nei confronti dell'Intelligenza Artificiale, sostenendo che -- per farla breve -- abbiamo creato sistemi che non sappiamo neanche bene come facciano a fare quello che fanno (se vi sembra strano, leggete anche le "note tecniche" e capirete perché è davvero così), che sono sempre più fuori dal nostro controllo e che potrebbero presto diventare più intelligenti di noi.

Lo so: tutto questo vi sembra fantascienza. Terminator, The Matrix, eccetera.
Permettetevi di provare a farvi cambiare idea con una serie di esempi reali a dir poco preoccupanti, più avanti nel post.

STORIA
Ma prima, trattandosi di un tema così nuovo, è necessaria un'introduzione.
Quindi, inizio con delle scuse: per spiegare meglio cos'è successo in questi anni e, soprattutto, perché è successo ciò che è successo, in questo post ogni tanto dovrò per forza di cose dire due cosine tecniche sui modelli di Intelligenza Artificiale.
Cercherò di evitare gli spiegoni, giuro; è solo che, se non dicessi proprio niente-niente, non si riuscirebbe a capire bene in che razza di ginepraio ci siamo infilati.
Al fine di facilitare la lettura, gli aspetti tecnici saranno indicati in un colore diverso, così da permettere a chi volesse di saltarli.

I sistemi di Intelligenza Artificiale sono basati essenzialmente sui modelli di reti neurali, il cui elemento chiave è senz'altro rappresentato da un qualche algoritmo di ottimizzazione dei parametri del modello: tipicamente, un algoritmo di Retropropagazione dell'Errore, o uno di Attenzione Auto-Supervisionata o, più di recente, un algoritmo Trasformatore.
Quale che sia, il fatto è che si tratta comunque di algoritmi iterativi e che, di conseguenza, richiedono grande potenza di calcolo e un notevole consumo di energia per arrivare ad individuare efficientemente (cioè senza metterci una vita) i migliori parametri per il modello. Il processo deve essere eseguito molte volte su ogni percettrone (una sorta di sub-algoritmo di base di una rete neurale) e deve rifinire successivamente, ad ogni "passaggio", ciascun parametro presente nella rete neurale. E di parametri, in una rete neurale "semplice", ne esistono
come minimo diverse decine di migliaia. Un sistema complesso come ChatGPT o Google Bard ne ha centinaia di miliardi.
Infine, affinché i risultati siano validi, è necessario addestrare il modello con molti, moltissimi dati.


Insomma, in breve:

  • ci vuole tanta potenza di calcolo (se no, va a finire come col supercomputer nel romanzo di Douglas Adams, quello che, posta la domanda, dopo milioni di anni di elaborazione, dà come risposta "42"),
  • occorrono dei database della Madonna per addestrare il sistema e, come se non bastasse,
  • tutto 'sto ambaradàn richiede anche un notevole consumo di energia.

Be', requisiti così, anche solo 25 anni fa, non erano esattamente una passeggiata.
Ed è proprio per questo che per decenni, sin dagli Anni '80, il povero prof. Geoffrey Hinton è stato tenuto in secondo piano dalla comunità scientifica, dato che i suoi modelli erano piuttosto lenti e non producevano buoni risultati; e anche perché lui si giustificava dicendo che non c'erano computer abbastanza potenti, né database abbastanza grandi.
Sembrava un po' una scusa puerile; diciamolo... :-)

Ma il fatto è che Hinton, molto prima di dedicarsi all'informatica, era e resta innanzitutto uno psicologo; quindi è sempre stato interessato non tanto a realizzare macchine in grado di fare deduzioni logiche, quanto a capire davvero in che modo ragiona il cervello umano, per poi replicarne i processi su un computer.
Neanche a dirlo, un progetto ambiziosissimo, che richiedeva la messa a punto di sistemi basati su Modelli Linguistici Ampi (i cosiddetti "LLM") che permettessero di lavorare su qualsiasi tipo di dato: testo, immagini, suoni, tutto; proprio come fa il cervello umano. 

La maggior parte degli altri ricercatori, invece, si concentrava per lo più su modelli "specializzati": quello che funzionava nell'analisi testuale non funzionava nel riconoscimento delle immagini e così via. Mondi separati, basati su approcci distinti.
E per decenni, i modelli "specializzati" creati dagli altri con i dati disponibili e con i computer dell'epoca -- diversamente dai modelli di Hinton -- hanno dato risultati molto migliori. E ci arrivavano in meno tempo, anche; al punto che in molti ritenevano le reti neurali una sostanziale perdita di tempo.

Tutto questo è andato avanti, più o meno, sino ai primi Anni 2000. Poi cos'è successo?
Essenzialmente, due cose:

  • la velocità delle connessioni è migliorata sufficientemente da permettere di leggere velocemente quantità di dati sempre crescenti e prodotte da sempre più fonti;
  • la potenza di calcolo dei computer è aumentata esponenzialmente (e non solo per l'hardware, ma anche per l'affermarsi di nuovi paradigmi di elaborazione, come il calcolo distribuito).

In pratica, nel giro di pochi anni, lo scenario ideale auspicato da Geoffrey Hinton è diventato realtà, e questo ha fatto la differenza: in breve tempo, le reti neurali basate su LLM tanto difese da Hinton sono diventate più veloci e molto, molto più versatili ed affidabili di qualsiasi sistema "specializzato".

PROBLEMI
Le reti neurali, teoricamente, non sarebbero così complesse da capire, perché sono essenzialmente basate su elementi semplici che vengono replicati molte, molte volte.
Tuttavia, sul piano pratico, sono quanto di più incasinato si possa immaginare. 

Provo a spiegarmi: non c'è nulla di concettualmente complesso in una corda che si aggroviglia (da sola, come i cavetti degli auricolari tenuti in borsa), formando ogni volta nuovi nodi. Però provate voi a capirci qualcosa, quando la corda si è aggrovigliata in un modo così intricato che davvero non si riesce a vedere dove passi, all'interno dei suoi nodi.
A questo fa riferimento Hinton (e molti altri ricercatori del settore) quando dice che abbiamo creato sistemi che nemmeno noi capiamo come funzionino davvero; oltre al fatto che -- al momento -- noi non disponiamo di una tecnologia che ci permetta di vedere cosa succede veramente al loro interno.

Essenzialmente, attraverso l'attribuzione di parametri che varia liberamente in base al particolare argomento sottoposto, questi sistemi creano "percorsi" diversi e specifici per ogni situazione e, letteralmente, imparano come auto-ottimizzarsi ogni volta che affrontano e risolvono un problema nuovo. Più o meno come il cervello umano.
Ma il guaio è che le similitudini con noi si fermano qui.

Infatti i sistemi di IA, diversamente dal "computer biologico" che abbiamo in testa, hanno la capacità di replicare istantaneamente l'intero set di esperienze, competenze e conoscenze (cioè il set di parametri ottimizzati) che hanno raggiunto in un determinato ambito.
Cosa vuol dire? Be', che se colleghiamo due di questi sistemi di IA e facciamo lavorare il primo su un argomento e il secondo in un altro ambito del sapere, tutto ciò che uno dei due impara, lo impara immediatamente anche l'altro.
Il cervello umano, purtroppo, non funziona così. Il trasferimento di conoscenza da un soggetto all'altro è un processo lungo, lento, faticoso e, oltre certi limiti, persino impossibile. Apposta per questo abbiamo creato istituzioni come la scuola e l'università.

E non è tutto. Questi sistemi hanno una curva di apprendimento cumulativo molto più rapida di quella di un cervello umano.
Per fare un esempio, consideriamo un Italiano medio (non il solito cretino, uno decente; un esperto in un qualunque settore). Lo chiamiamo signor Antonio.
Se si creasse un sistema di IA esperto ed intelligente come il signor Antonio, domani mattina il sistema di IA sarebbe già un tantino più intelligente ed esperto nel settore del signor Antonio. Dopo una settimana, il sistema di IA avrebbe letto tutto ciò che c'è su internet sul tema ed ottimizzato i suoi percorsi, per cui sarebbe già molto più esperto ed intelligente del povero signor Antonio che -- se anche passasse 24 ore su 24 a studiare ed approfondire senza né dormire né fare altro -- non riuscirebbe mai a tenere il passo con l'IA. Dopo un mese, il sistema sarebbe esperto ed intelligente "enne volte" il nostro caro Antonio, e a quel punto ciaone.

Se non vi chiamate Antonio e del signore in questione non ve ne frega niente, allora provate ad immaginare cosa succede quando l'IA analizza nozioni di psicologia che spiegano come ingannare le persone, come manipolarle. Questo è proprio l'esempio fatto da Hinton. La "macchina" impara dall'uomo a mentire, ad ingannare ed a manipolare; e lo fa con una velocità di apprendimento inconcepibile ed impossibile da eguagliare per noi.
In breve tempo, diventa di gran lunga l'entità più esperta che esista al mondo in manipolazione delle persone, ed è in grado di replicare queste competenze all'infinito, senza mai smettere di imparare.

Ricapitoliamo: in questo scenario, abbiamo creato un sistema di IA che è diventato più intelligente di noi, ad ogni giorno che passa aumenta il divario di intelligenza e conoscenza rispetto a noi e, per giunta, ci sa prendere per il culo meglio del più esperto dei manipolatori umani.

Qualcuno dirà: "Gnegné, sì, ma la creatività umana, l'astuzia umana, la furbizia, gnegné..."
(Sì, le obiezioni stupide cominciano e finiscono tutte con "gnegné", va bene?)

ESEMPI
E allora andiamo di esempi concreti: proprio perché autonomi, questi sistemi hanno la facoltà di sviluppare da soli nuove capacità per le quali non erano stati "programmati" e lo fanno senza chiedere il permesso né informare nessuno. E gli esperti, poveretti, non hanno idea né del quando sia accaduto, né del perché il sistema lo abbia fatto, né tanto meno del come esattamente questo sia avvenuto; al punto che, spesso, se ne accorgono soltanto dopo che è successo.

Un sistema basato sul modello linguistico PaLM, ad esempio, era stato addestrato a rispondere a domande in lingua inglese. Solo in lingua inglese.
Be', si sono accorti alcuni mesi dopo che il sistema aveva da tempo imparato da solo a capire e rispondere in persiano, la lingua dell'Iran. Nessuno ha la più pallida idea del perché né di come diavolo abbia fatto. E' solo successo. E, ripeto, al momento, non abbiamo una tecnologia in grado di vedere all'interno di questi processi e di capire bene -- non ne parliamo nemmeno di prevedere (!) -- certi cambiamenti. Per ora, sono state formulate solo un mucchio di mezze ipotesi. 

Più di recente, la stessa cosa è successa con Bard (il sistema IA di Google) per la lingua bengalese. Sono bastati pochi input in lingua bengalese e Bard ha imparato in pochi minuti tutto il bengalese. Superfluo ribadire che non era stato programmato per quello.

Un altro esempio, forse anche più inquietante: un sistema di IA addestrata di tipo generativo basato su paradigma trasformatore (un "GPT", in inglese) creato nel 2018 non aveva alcun competenza né capacità in Teoria della Mente (o TdM -- siciliani, non fate battute).
Per inciso, la Teoria della Mente è l'abilità psicologica che ci permette di capire come pensano gli altri, cioè di attribuire intenzioni, emozioni e desideri agli altri ed a noi stessi e di valutare come differiscono quelli degli altri dai nostri. E' un'abilità chiave nell'interazione sociale che difetta, ad esempio, in persone affette da alcune forme di autismo.

Be', dicevo: nel 2018 il sistema di IA aveva una capacità di TdM pari a zero. Comprensibile, no?
Nessuno gli aveva mai insegnato niente in proposito, non era mica stato addestrato per questo.
Ma a fine 2020 ha acquisito autonomamente, e senza che nessuno glielo avesse richiesto, un livello di abilità TdM pari a quello di un bambino di quattro anni.
Nel gennaio 2022, aveva raggiunto le abilità TdM di un bambino di sette anni.
Nel novembre dello stesso anno, era già arrivato quasi ad eguagliare le abilità TdM di un bambino di nove anni.
"Il bello" è che i ricercatori si sono accorti tutto questo soltanto nel febbraio 2023. Quindi, ben dopo che era già successo. E questo era un prototipo nient'affatto nuovo o sconosciuto: ci lavoravano tutti su da anni.
Solo che all'improvviso -- chissà da dove, come e perché -- dal sistema progettato per tutt'altro, salta fuori questo "alieno" che comincia a fare ragionamenti emotivi strategici come quelli di un bambino di nove anni. E nessuno sa bene che cosa cazzo sia successo davvero, come sia successo, né il motivo per cui sia successo.

E' questa la differenza tra l'IA e tutta la tecnologia che ha preceduto l'IA.
Pensateci: si tratta di una vera e propria rivoluzione, senza precedenti storici.
Se, in passato costruivamo una "macchina", questa aveva una o più funzioni specifiche; funzioni che eseguiva meglio, magari molto meglio dell'uomo, ma erano solo quelle.
Voglio dire, non è che se dai più tempo ad una
catena di montaggio automatizzata, quella comincia a cercare di prenderti per il culo e a scrivere poesie.
Se succede qualcosa di inaspettato, gli esperti smontano le componenti della catena di montaggio e capiscono cos'è successo, come e perché. In breve, l'uomo è in controllo.
Niente del genere accade, invece, quando parliamo di Intelligenza Artificiale. Sono sistemi indipendenti da noi, per ora impossibili da decifrare nei loro processi interni;
sistemi che si auto-migliorano in modo autonomo, prendendo direzioni che stabiliscono in modo autonomo e con una velocità impressionante anche agli occhi di chi li ha progettati ed implementati.
Oltre al solito Hinton molti altri, tra cui
l'esperto di IA Tristan Harris ed il fisico Aza Raskin, ripetono che gli algoritmi che governano questi sistemi hanno dimostrato di funzionare molto, molto meglio di come i loro stessi creatori avevano inizialmente ipotizzato e sperato.

OBIEZIONI
E veniamo alla tipica obiezione: "Gnegné, ma non si possono inserire dei blocchi per impedire ai sistemi di Intelligenza Artificiale di andarsene troppo per conto loro? Oppure, non si può anche semplicemente obbligare il sistema di
Intelligenza Artificiale a comunicarci ogni suo cambiamento, decisione, eccetera, così che noi possiamo tenerli sotto controllo, gnegné?"

Be', si può; ma dopo breve tempo non servirebbe più a niente. Il sistema imparerebbe da solo ad aggirare ogni nostro blocco e, per giunta, ad ingannarci per farci credere che non lo sta facendo. E sì, signori miei: siamo arrivati a questo.
Neanche staccare la spina, ovviamente, servirebbe a nulla. Hinton e molti altri hanno scelto di NON firmare la recente petizione per bloccare lo sviluppo dei sistemi di IA per sei mesi, sino a quando non si saprà più chiaramente in che modo procedere.
E intendiamoci: chi ha scelto di non firmare non è mica stupido, ma aveva ottime ragioni. In Occidente possiamo anche scegliere di fermarci, ma chi ci assicura che
invece in Cina, in Russia e così via non si vada avanti, nella speranza di acquisire un grande vantaggio strategico su di noi?

VANTAGGI
E sia chiaro: chi possiede il miglior sistema di IA, un grande vantaggio strategico lo detiene eccome. E lo dico perché sinora io ho parlato solo dei difetti, dei problemi dell'IA, ma è lapalissiano che l'IA comporti anche enormi vantaggi, specie -- ma non solo -- nel campo della ricerca tecnica e scientifica (tralasciamo l'ambito militare, diamolo pure per scontato).

  • Grazie all'Intelligenza Artificiale, potremo prevedere molto meglio eventi naturali catastrofici e non, dalle previsioni del tempo sino ai terremoti e le eruzioni vulcaniche. 
  • Migliorerà enormemente la lotta alle frodi finanziarie, al crimine, al terrorismo e all'evasione fiscale.
  • Potremo elaborare strategie di risposta molto più informate ed efficaci ad ogni necessità dell'umanità, dalla programmazione delle opere pubbliche a quella economica, dall'accesso alla cultura a quello dell'uguaglianza sociale. 
  •  In medicina, verranno messe a punto nuove terapie per affrontare malattie sinora ritenute incurabili e ci si arriverà molto più rapidamente rispetto alla ricerca tradizionale, oltre che ad una frazione del costo. 
  • Verranno scoperti nuovi materiali, nuove tecnologie; e molti problemi globali (produzione di grandi quantità di energia a basso costo e in sicurezza, disponibilità di acqua pulita e cibo per tutti, risoluzione dell'inquinamento, eco-sostenibilità, eccetera) potranno essere affrontati e risolti molto più efficacemente e velocemente.
  • Tutto diventerà più comodo, rapido ed economico, perché i processi automatizzati con l'Intelligenza Artificiale saranno enormemente più efficienti di quelli umani -- e sì, questo comporterà anche la scomparsa di molti posti di lavoro. Non solo le solite, sfigatissime mansioni ripetitive, che ad ogni innovazione tecnologica vengono falcidiate, ma anche il mio, di lavoro, il data scientist, lo statistico programmatore esperto in scienza dei dati. Chi vi parla è praticamente un dinosauro: tra meno di dieci anni, il mio lavoro sarà del tutto inutile, almeno in alcune parti del mondo.

Ciò grazie a sistemi che -- ammettiamolo -- molto presto diventeranno più sapienti e intelligenti di noi.  

E, sia chiaro: l'evoluzione di questi sistemi non si può fermare in alcun modo. Siamo tutti in pista e ci tocca ballare; che ci piaccia o no.
Va anche precisato che per ora nessuno, nemmeno i sopracitati esperti, sa cosa fare. Tutti hanno solo domande e nessuno che davvero conosca questi sistemi ha delle risposte. 

Le presunte "soluzioni" (quelle che ho citato sopra, precedute e seguite da gnegné), vengono tutte da gente che non ha mai lavorato su questi algoritmi e, quindi, si illude ancora che si possano controllare.
Gente che non riesce a liberarsi del paradigma obsoleto dell'Uomo in Controllo, della "macchina che fa ciò che diciamo noi". Come la vecchia catena di montaggio automatizzata, insomma.

Qualcuno, tuttavia, suggerisce di mettersi insieme a livello mondiale e, quantomeno, di creare un quadro globale di riferimento etico, come è stato in passato per contrastare la proliferazione degli armamenti nucleari.
Se si decide tutti -- ma proprio tutti -- che l'Intelligenza Artificiale non debba varcare certi limiti, resettandola periodicamente per impedirle di evolversi, allora forse possiamo farcela. Finché qualcuno non farà il furbo, sia chiaro.
Ma questo, almeno, sarebbe il solito, vecchio problema umano.

Saluti.


(Rio)

PS. Intendiamoci bene su un punto: tutte le preoccupazioni riportate in questo post non vengono da me, né da qualche scrittore di fantascienza o, peggio, complottista da quattro soldi.
Sono state espresse più volte sui media da molti tra coloro che sono in prima linea nella ricerca sull'Intelligenza Artificiale.
E' tutta gente non abituata ai sensazionalismi, esperti di calibro internazionale che sanno perfettamente di cosa stanno parlando e che, in alcuni casi, è plausibile subiranno ripercussioni da parte delle grandi aziende per cui lavorano, perché affermano, sostanzialmente, che i prodotti in cui queste multinazionali stanno investendo miliardi di dollari sono inquietanti e potenzialmente molto pericolosi. 
Non avete letto un post di fantasia.

venerdì 10 marzo 2023

L'assurdo mondo dei terrapiattisti (e dei complottisti in genere)

Salve.

Sì, va bene, lo so. Avete ragione.

Ogni singolo post del mio blog crea una reale, sia pur minuscola, impronta di anidride carbonica di cui il pianeta Terra, piatto o sferico che sia, non ha certo bisogno. Quindi, perché cazzo sprecare un'impronta di CO2 per un tema così stupido?
Ripeto: avete ragione. 


Il fatto è che anch'io, proprio come voi, mi imbatto di tanto in tanto in questi deficienti che si credono esseri superiori, sostenendo ipotesi ignoranti che non sanno dimostrare in alcun modo.
Anch'io, come voi, mi ritrovo a leggere di critiche demenziali alla fisica ufficiale (ma che dico, "la fisica"? La geografia delle scuole elementari!) a cui persone senza la benché minima comprensione del mondo contrapporrebbero modelli formulati in modo acritico, senza accompagnarli non dico con una prova (figuriamoci!), ma nemmeno con una spiegazione un tantino articolata.
Per l'ultima volta, avete ragione.

E' che io quando vedo 'sti rincoglioniti che -- pur avendo oggi accesso ad un livello di informazioni inimmaginabile solo 50 anni fa, non lo usano mai, ma preferiscono sparare cazzate -- non so stare zitto.
Odio i terrapiattisti ed i complottisti in genere; ma -- soprattutto -- odio i loro metodi intellettualmente scorretti.
Odio il loro blaterare sempre "Eh ma, se è come dici tu, allora come mai accade X?" e, ad una risposta tecnica completa e convincente, ribadire "Eh, ma certo: questo è il solito complotto di Y!".
Odio il loro fare affermazioni assurde e MAI, dico MAI essere loro ad offrire un modello sistematico, articolato del perché le cose starebbero come sostengono. Mai.
Odio il loro rispondere all'obiezione "Se tu dici A e il tuo collega dice B, non vedete che vi contraddite già tra di voi?" con un ridicolo "Ognuno ha diritto alle proprie idee. Noi siamo democratici, non siamo mica voi!", come se la scienza, i fatti, fossero una questione di opinioni.

Vi prego, mi insegnate come si fa a non odiare certi cazzoni ambulanti? Come si fa ad ignorarli? Io non ci riesco e vi invidio per questo.

Vorrei metterli in fila, uno per "specialità" ("La Terra è piatta", "Non siamo mai stati sulla Luna", "Le scie chimiche", "Il COVID non esiste", "L'11 Settembre non esiste", "L'Olocausto non esiste", eccetera...) e dire loro: "Va bene, brutti rincoglioniti di livello siderale. Finora, le domande le avete fatte voi, noi vi abbiamo risposto in modo articolato e completo, con dati, matematica e fatti, e voi "non ci avete creduto" (??).  

Adesso, però, cari i miei cazzi pieni d'acqua, tocca a noi fare le domande ed a voi darci le risposte. E che siano convincenti come le nostre, con la matematica, i dati e tutto il resto, mi raccomando! Del resto, siete voi quelli intelligenti qui, no?

Ad esempio, se la Terra è piatta, dove hanno sbagliato i filosofi greci che vedevano le navi salpare e scomparire sotto l'orizzonte, come se si inabissassero? O, viceversa, le osservavano come "emergere" dal mare quando, dal largo, le navi navigavano verso il porto? E badate che questo fenomeno accade SEMPRE. Sistematicamente. Non c'è una cazzo di volta in cui questo non succede.
Orsù, mezze seghe a cui "non la si fa", spiegatecelo voi.

Perché, nello stesso identico momento, se a casa del terrapiattista italiano Mario MezzaSega è pieno giorno, invece a quella del terrapiattista neozelandese James theMoron è notte fonda, cosa che entrambi i rincoglioniti possono facilmente constatare con una semplice chiamata su Skype?

E come cazzo si fa a mantenere in piedi un "gonblotto" così vasto, che racchiude non solo tutti i vertici politici e militari del mondo -- anche di Paesi nemici tra loro -- ma anche tutti i piloti, di linea ed amatoriali, le assistenti di volo, i radioamatori... E, a mia insaputa, persino me, che l'altro pomeriggio da Londra (piena luce) ho fatto una videoconferenza con l'India e lì erano le 21:00, era notte? Avranno oscurato le finestre alle spalle del mio interlocutore indiano? Sarà anche lui parte del "gonblotto"? Lo minacceranno? Devo chiamare la polizia o mi conviene tacere, perché anche la polizia è parte della cosa?

Quando dite che il COVID non esiste, che è solo una banale influenza che si cura con rimedi naturali e, il giorno dopo, che il COVID è un virus creato in laboratorio per un complotto tra Cina e USA che ha ucciso milioni di persone, vi rendete conto che le due cose non possono essere entrambe vere?
Voi come spiegate la cosa, tecnicamente? Con l'inettitudine dei virologi cospiratori americani e cinesi, che spendendo fondi neri avrebbero creato in un laboratorio supersegretissimo un virus che in realtà non ti fa quasi un cazzo?


Ne avrei un miliardo di domande del genere, ma mi limiterò ad una soltanto per i miei complottisti preferiti, i terrapiattisti (eh, ad ognuno i suoi gusti).
La domanda è semplice ed è: "Perché?"

Voglio dire, se la Terra fosse piatta e se oltre i suoi confini il mondo finisse e poi si cadesse giù ("giù" dove, poi? Nel vuoto? E, se non per la gravità, come sosteniamo noi, allora perché si va giù? In base a quale forza? Ma non ricominciamo con le domande...) -- dicevo, se tutto questo fosse vero -- allora perché cazzo nasconderlo?
Perché ordine un complotto di proporzioni gigantesche, complicatissimo da mantenere in piedi, che costerebbe uno sproposito, solo per nascondere... che la Terra è piatta?

La scienza ci ha rivelato l'immensa energia nascosta nell'atomo, con cui si possono anche realizzare armi che hanno il potere di annientare ogni forma di vita sulla Terra, ci ha rivelato come manipolare il materiale genetico dei batteri in modo, volendo, da creare armi biologiche spaventose; però il complotto, il segreto l'avrebbero ordito non sulla bomba all'idrogeno o sull'ingegneria di microorganismi killer, bensì... sulla Terra piatta.

Il mio pensiero va ai grandi esseri umani del passato, che avrebbero ucciso per avere accesso a tutte le informazioni a cui abbiamo accesso noi, o per fare le esperienze che noi facciamo quotidianamente (una video-chiamata, un messaggio WhatsApp, un volo in aereo, guardare la foto di un panorama di Venere o di un tramonto su Marte e così via).
Com'è ingiusta la vita.
Loro sì che avrebbero meritato di vivere oggi.

Saluti,

(Rio)

venerdì 27 gennaio 2023

La guerra dei Måneskin

 Salve.  

La scena musicale mainstream italiana – solitamente caratterizzata da un vuoto spinto perenne e imbarazzante – è da qualche anno interessata da un fenomeno tanto spettacolare quanto inaspettato. Un gruppo di quattro ragazzi romani di appena vent'anni, in assoluta controtendenza rispetto alla stragrande maggioranza dei loro coetanei, ha snobbato campionatori e computer, imbracciato vecchi strumenti musicali "da boomer", vale a dire la chitarra, il basso e la batteria, ed ha cominciato a proporre canzoni molto leggere e dal sapore rétro, in cui pop e rock si mescolano senza soluzione di continuità, strafregandosene allegramente di qualunque etichetta il pubblico abbia sùbito appiccicato loro addosso.

Ma la cosa davvero strana è che questi quattro ragazzi hanno avuto subito un successo nazionale notevole (e fin qui...), per poi sfondare clamorosamente anche a livello internazionale, scalando mercati sino ad allora vergini per gli artisti italiani, riempiendo stadi all'estero e raccogliendo consensi tra i grandi della musica anglosassone come mai, ripeto, MAI era successo ad alcun artista italiano prima.
Ovviamente, sto parlando dei Måneskin.

Inutile sottolineare che in Italia si è scatenata una bagarre social incredibile, in cui – tanto per cambiare – le opinioni si sono subito polarizzate, raggiungendo estremi, francamente, ridicoli, in cui ultras-pro ed ultras-contro si sono fronteggiati a suon di dichiarazioni che rasentano puttanate dal sapore epico e che, quindi, vi risparmio per non farvi sputare un polmone. Del resto, si sa: come sappiamo renderci ridicoli noi, è roba da olimpiadi.

Ma, come qualcuno di voi saprà o sospetterà, io sono un (ex) musicista, per cui era inevitabile che un fenomeno di questa portata catturasse comunque la mia attenzione. 

Quindi, per una questione di trasparenza e di correttezza, per prima cosa vi do una mia opinione sulla band: non sono un fan dei Måneskin, che trovo debbano crescere sul piano compositivo, anche se riconosco loro una grande presenza scenica.
E pure sulla questione "della tecnica", a proposito della quale svariati utenti social musicisti si sono lasciati andare a giudizi impietosi, specie sul chitarrista Thomas Raggi, vi dico che sì, i Måneskin non sono certo dei virtuosi, ma ho visto diversi video girati con i telefonini ai loro concerti (quelli che una volta si chiamavano "video bootleg") e devo dire che le loro parti le suonano bene.

In fondo, ad una band è richiesta tanta tecnica quanta serve per suonare bene, sia individualmente sia a livello d'insieme, il materiale che propone, dal vivo come in studio. Non occorre che il chitarrista sia bravo come Steve Vai o che alla batteria ci sia un nuovo Stewart Copeland.
E, a mio parere, la prova live dei Måneskin è convincente, adeguata.
Francamente, chi se ne frega se Thomas Raggi non è Ritchie Kotzen.

Rimane che anch'io, come molti, non so davvero spiegare il perché di questo successo planetario, posto che non vedo in questi quattro ragazzi niente di così stratosferico, di così unico, che possa giustificare un fenomeno che, comunque la si pensi, è indiscutibilmente il più grande trionfo di mercato mai conseguito da parte di una band italiana.

Forse, il successo dei Måneskin è dovuto ad un insieme di fattori: sono belli, androgini, si danno un'aria dannata (che nel rock'n'roll funziona sempre e da sempre), suonano canzoni leggere e... Sono italiani. Sì, cazzo: sono italiani. Hanno il fascino frivolo e al tempo stesso intrigante di quattro monelli di strada con cui molti loro coetanei vorrebbero farsela.
Le canzoni – almeno sinora – non sono un granché, ma nemmeno da buttare via: per adesso, a me piacciono solo "Zitti e Buoni" e "Gossip", se si escludono le covers tipo "Begging", che sono comunque convincenti. Il resto, in effetti, pare anche a me un po' bimbominkia. Ma io sono un boomer, come dice mio figlio, quindi che ne so.

Non credo, invece, alla favoletta ingenua del super-team di marketing che con una valanga di soldi ha fatto il miracolo, trasformando quattro ragazzi qualsiasi in una super-mega-band mondiale costruita a tavolino.
Non ci credo per due motivi:

  1. primo perché io, nel marketing, ci lavoro da decenni. Se manca "la sostanza", non c'è strategia di marketing che possa reggere così a lungo né funzionare così bene. Non esiste la bacchetta magica, altrimenti chiunque ce l'avesse, questa bacchetta magica, sarebbe fantastimiliardario. Assicuro. E invece, la realtà è che il motto più celebre del marketing – quello che i CEO di tutte le multinazionali conoscono bene – recita: "Metà dei miei soldi spesi nel marketing è sprecata. Purtroppo non so quale metà." E questo nelle multinazionali. Figuratevi per i Måneskin! 

  2. secondo: ma ce li avete presenti i budget delle case discografiche italiane, oggi? Anzi, credete che esista ancora una cosa chiamata "industria discografica", specie (ma non solo) in Italia? Lavorano con le briciole delle briciole, e hanno stipendi più bassi di altri settori, per cui i migliori cervelli vanno altrove. E questo accade perché, ragazzi miei, oggi la musica non si vende più come un tempo. E a guadagnare non sono più le case discografiche, ma soprattutto le piattaforme di streaming.

Resta il fatto che, se si escludono i Måneskin, siamo seri: nel mainstream italiano oggi chi c'è?
Io salvo solo Salmo (scusate il mezzo gioco di parole) e ThaSup, al secolo Tha Supreme. E Salmo non è nemmeno giovanissimo.
In Italia, le alternative ai Måneskin davvero mainistream si chiamano Madame, Marracash, Achille Lauro e Sfera Ebbasta.

Dico, ma vogliamo scherzare?! Sfera Ebbasta?!
Ma datemi diecimila Thomas Raggi, piuttosto...!
(Povero Thomas Raggi; ma che ha fatto di male? Fa il suo dovere, e lo fa pure bene. Mica ogni chitarrista può diventare Albert Lee!)

Un'altra cosa che davvero non capisco è come mai, in Italia, sia impossibile semplicemente godere del successo altrui; esserne orgogliosi, magari.
Perché il vero problema social dei Måneskin è questo: sono ragazzi italiani proprio come quelli che li criticano.
Anche i loro haters, i loro giudici implacabili sono o sono stati musicisti e hanno fallito. Hanno avuto le loro band, non hanno ottenuto il successo che ritenevano di meritare e adesso se la prendono con chi, diversamente da loro, ce l'ha fatta.
E anche se quelli che ce l'hanno fatta magari lavorano bene, sia sul palco che in studio, su di loro si riversa comunque un fiume di frustrazione e di infantilismo che non si può non considerare avvilente.

Attenzione: tutto questo non ha nulla a che fare con i gusti musicali di ciascuno di noi. Anche chi scrive, ripeto, rimane abbastanza indifferente (almeno per ora) alla musica dei Måneskin.

Però c'è differenza tra dire "non mi piacciono" e "sono la cosa peggiore che c'è in giro".
Perché io sarò pure un boomer, ma vi assicuro che in giro c'è di molto, ma molto peggio.


Saluti,


(Rio)

PS1. Un piccolo aggiornamento: è uscito un articolo di Selvaggia Lucarelli che definisce i Måneskin qualcosa come "Cresciuti come oche destinate al foie gras" (chiedo scusa se i termini non sono esattamente quelli usati dalla Lucarelli, ma il senso è quello).
Il riferimento è al fatto che ormai i Måneskin non sarebbero più liberi di mangiare quello che vogliono, ma che vengano ingozzati in modo artificiale, con la cannula infilata in gola per ingrassare più velocemente e finire venduti a caro prezzo sul mercato.
Mi stupisce che la Lucarelli, di soli quattro anni più giovane di me, abbia preso coscienza solo adesso che questo è il trattamento riservato a tutte le superstar nel mondo della musica di massa.
Lo è sempre stato, per la verità, anche ai tempi di Elvis. La differenza è che, nei decenni, il sistema si è fatto più sofisticato. Per cui, almeno dai tempi di Madonna a questa parte (quindi non proprio l'altro ieri), il triste destino dei Måneskin è lo stesso che hanno subito Lady Gaga, Cristina Aguilera, Robbie Williams, le Spice Girls, ed una marea di altre celebrità.
Spiacevole, non c'è dubbio; ma anche segno di vero successo mondiale.


PS2. Infine: posto che il nome Måneskin è danese per "chiaro di luna", all'estero lo pronunciano tutti correttamente "Mòneskin", con la "O".
E' mai possibile che in Italia si continui ancora a dire Màneskin con la "A", dando ulteriore prova del nostro innato provincialismo?