Salve.
Da Radicale incallito, sono ancora parecchio contrariato per il risultato delle regionali in Lazio, in cui Renata Polverini - ovvero una creazione di Ballarò - ha superato Emma Bonino, uno dei politici più corretti, onesti e coerenti nella storia d'Italia.
Cose del genere succedono solo in questo bizzarro Paese, ma non è di questo che voglio parlare.
Lascerò piuttosto che le numerose droghe pesanti che ho assunto - tutte insieme, per aumentare la flagellazione autoinflitta - si prendano cura del mio animo di leone ferito, generando un vortice dell'oblio grosso così, nel quale io possa sprofondare per sempre, magari risucchiato insieme al "Trota" Bossi ed a qualche altro improbabile fenomeno da baraccone che popola le nostre istituzioni in questi anni confusi.
Il tema che voglio affrontare oggi, invece, prima che le sostanze prendano il sopravvento, è quello dell'astensionismo. Va da sé che, come Radicale, io l'astensionismo proprio non lo capisco. Mi sembra un atteggiamento assurdo, oltre che uno schiaffo in faccia alla fortuna che abbiamo di essere nati e cresciuti in un Paese che una sorta di democrazia ce l'ha ancora.
Che darebbero per poter votare liberamente in Corea del Nord? O nel Myanmar?
Noi, invece, ci prendiamo anche il lusso di restarcene a casa, o di votare scheda bianca o nulla.
Per un Radicale, astenersi dal voto è una cosa inconcepibile; è un po' come per un ciellino cantare in chiesa l'Osteria Numero Sette.
Non capendolo, di conseguenza, sono andato a lezione di astensionismo seguendo uno dei numerosi corsi disponibili su internet e sono approdato alle pagine web approntate dai quotidiani "La Repubblica" e "Corriere della Sera", in cui chi non è andato a votare poteva liberamente spiegare perché non l'aveva fatto.
Neanche a dirlo, ho trovato di tutto: dall'immancabile qualunquista che dice "Siete tutti dei ladri!" (epiteto suppongo rivolto anche ai giornalisti della redazione on-line), a chi ha saputo esprimere con poche parole i propri argomenti in un modo che dovrebbe far riflettere tutti i partiti, come "Non voto perché in Italia c'è solo Berlusconi che pensa unicamente agli affari suoi e la Sinistra che pensa solo a Berlusconi. Io in tutto questo cosa c'entro?"
Ma se escludiamo le poche, lodevoli eccezioni, il panorama che ne risulta è davvero sconfortante; oserei dire fallimentare: oltre sessant'anni di democrazia non sono riusciti ad inculcare in una parte consistente del popolo italiano neppure i princìpi di base della sovranità e della rappresentatività parlamentare.
Un fallimento della scuola, della politica, del mondo del lavoro, dei media, della società... Non lo so; e non è certo il mio blog del cavolo la sede più idonea per analizzare un problema così complesso. Ma si tratta comunque di un fallimento clamoroso, evidenziato da livelli di astensionismo delle ultime elezioni che superano largamente il 30%. Un Italiano su tre.
Leggiamo insieme alcune pietre miliari, alcune perle d'autore di questo fallimento, e commentiamole, anche:
1.
Dice il lettore "W La Scuola" (ma dove se li vanno a cercare, certi nomi?):
«Il popolo sarà anche bestia ma c'è un limite! Penso che il pensiero ricorrente di chi si sia astenuto dal voto sia molto semplice: nessuno è degno di rappresentarci.»
Qualcuno dica a "W La Scuola" - che spero non possa votare perché in realtà ha solo 15 anni - che il concetto cardine che sottende il voto è che il popolo è sovrano. "Bestia" lo diventa quando decide di non esercitarlo, il voto.
2.
Dice invece, in un italiano zoppicante, Ashton1900:
«Non ho votato perché volevo mandare un messaggio forte chiaro al peggiore personale politico che l'Italia ha mai avuto dal dopoguerra ad oggi: non meritate il mio voto! Dovete cambiare radicalmente.»
Caro Ashton1900, non so se li avrai terrorizzati di più con il tuo messaggio forte e chiaro o con il tuo stile. Devo però riconoscere che c'è qualcosa di grandioso nell'espressione personale politico: ti dà l'idea che non siano eletti, ma assunti a tempo indeterminato e, quindi, almeno in Italia, inamovibili.
3.
Questo qui poi, a mio modesto parere, è il non plus ultra. Ecco a voi Norberto:
«Ritornerò a votare quando vedrò in galera i malfattori di ogni partito; i tecnici che hanno permesso la costruzione di edifici che hanno ucciso bambini e adulti; i preti pedofili; i mafiosi tutti; quando il Vaticano si manterrà da solo; quando la tv di stato ritornerà di stato; quando saranno risolti i conflitti di interesse; quando la scuola sarà solo statale; quando il libero mercato sarà veramente tale; quando banchieri e finanzieri pagheranno la loro insana ingordigia.»
In pratica, quando il Paradiso Terrestre sarà sceso in terra, e l'agnello pascolerà accanto al leone, e Dio tergerà ogni lacrima dagli occhi dell'uomo giusto, allora il signor Norberto si ricorderà di andare a votare.
Peccato solo che a quel punto né l'agnello, né il leone, né l'uomo giusto e nemmeno il Padreterno sapranno più che cazzo farsene del suo voto.
Qualcuno, per favore, gli spieghi che si vota per cercare di migliorare le cose, il che appare superfluo se il Regno dei Cieli è già qui.
Oppure datemi il suo numero di casa: lo chiamo alle tre di notte e glielo spiego io.
E ora scusatemi: mi si raffredda l'eroina sul cucchiaio.
Saluti,
(Rio)