A seguito dei recenti successi elettorali, da qualche tempo anche in Italia i mass media cominciano a parlare del partito Olandese PVV, fondato da Geert Wilders.
L'acronimo olandese PVV sta per "Partito delle Libertà", un nome che ricorda il Popolo delle Libertà di Berlusconi.
Proprio come il PdL, il PVV è un partito di Destra, molto critico nei confronti del relativismo culturale e dell'egualitarismo della Sinistra.
Inoltre, il PVV è il terzo partito in Olanda, un po' come la nostra Lega Nord e, proprio come la Lega, ha posizioni dure nei confronti dell'immigrazione, in particolare quella proveniente dai Paesi islamici.
Infine, proprio come il Centrodestra italiano, non gradisce di essere accostato ai partiti che si ispirano alla destra sociale, quella di matrice fascista.
Un'analisi superficiale, quindi, consegna il PVV alla categoria "partiti xenofobi e populisti della nuova destra demagogica" a cui appartengono molte delle recenti formazioni politiche europee.
Eppure, a guardare meglio, il partito di Geert Wilders è invece una novità nello scenario politico europeo, ed ha davvero molto poco a che spartire con il Centrodestra italiano.
Geert Wilders, che si è rapidamente guadagnato soprannomi come "Mozart" e "Capitan Perossido" per via della zazzera ossigenata -- francamente ridicola -- è un ateo olandese, laico, libertario e, al tempo stesso, diffidente nei confronti di tutte le confessioni religiose e dei loro dogmi.
Da buon olandese, Wilders è orgoglioso della tolleranza e dell'apertura mentale che la società dei Paesi Bassi è in grado di esprimere, ritenendola un segno di civiltà.
L'Olanda che Wilders sogna è un paese ancora multietnico, in cui possano trovare posto rispetto reciproco e diritti individuali.
Wilders, inoltre, si definisce un grande amico degli Ebrei e di Israele (ricambiato) ed è uno strenuo difensore dei diritti degli omosessuali e delle donne, la cui tutela e parità ritiene essere un elemento cardine di una società moderna ed un tratto distintivo della Cultura Occidentale.
Siamo lontani anni luce dall'isolazionismo provinciale leghista, come anche dalle battaglie omofobe, antisemite ed a tutela della "razza" dei neofascisti; ci ritroviamo, invece, curiosamente vicini alle idee dei Radicali Italiani.
Ma allora perché la stampa italiana, tutte le volte che parla di Geert Wilders, si sente in dovere di etichettarlo come "xenofobo", "razzista" e leader di una formazione politica di "estrema destra"?
La ragione è semplice: il PVV è fortemente determinato a limitare il più possibile l'immigrazione dai Paesi islamici in Olanda ed è contrario al velo integrale e ad altre manifestazioni del fondamentalismo, come la segregazione e riduzione in stato di semi-schiavitù della donna.
Xenofobia?
Facciamo quelli con il cervello acceso. Prima di affibbiare etichette, sentiamo cosa dice il diretto interessato: il PVV sostiene che l'integralismo islamico sia incompatibile con la vita democratica e che rappresenti una forma di totalitarismo fascista che utilizza le libertà civili dell'Occidente allo scopo di distruggerlo.
In sostanza, Wilders ritiene che non sia possibile mantenere in piedi un sistema di regole democratiche che tutelino i diritti individuali, la libertà e l'uguaglianza di tutti i cittadini, specie delle categorie più deboli come gli omosessuali, i minori e le donne se -- al tempo stesso -- non ci si difende dalle forze contrarie, interne ed esterne, che puntano a minare ed a sovvertire quegli stessi diritti.
Più volte Wilders ha ribadito, ed altrettante volte le sue dichiarazioni sono state ignorate dagli organi di stampa, che la sua battaglia politica non riguarda tutti i musulmani, ma soltanto quelli che, per motivi religiosi, si rifiutano di integrarsi nel sistema di libertà e di diritti della persona delle società occidentali.
Quella di etichettare Wilders come xenofobo razzista di estrema destra appare più come la conseguenza dell'applicazione errata di vecchie categorie novecentesche da parte dei media ad un fenomeno politico nuovo del XXI Secolo, che coniuga laicità (per qualcuno, laicismo), libertà individuali e diritti civili, ma nega l'egualitarismo culturale.
L'idea di Wilders, che solo in Olanda poteva trovare una realizzazione così compiuta, appare più come un moto d'orgoglio del mondo occidentale, una voce che afferma con forza che la società democratica, libera e laica, con tutti i suoi difetti, è comunque quanto di meglio l'umanità abbia prodotto sinora, perché è la sola che assicura il rispetto dei diritti individuali e delle vocazioni personali di ognuno; una voce che ricorda che l'equilibrio democratico è, per propria natura, intrinsecamente instabile e che quindi necessita di essere continuamente riaffermato e tutelato da nemici interni ed esterni.
Ora, non so voi, ma quando leggo la notizia che in Olanda gruppi di giovani fanatici islamisti picchiano gli omosessuali per strada e che la Sinistra li difende (intendo dire difende gli islamisti, non gli omosessuali!), io mi domando se il mondo oggi sappia ancora cosa siano la Destra e la Sinistra; se queste due categorie abbiano ancora un significato, dopo la fine della guerra fredda, o se bisognerebbe quantomeno ridefinirle.
Io credo che uomini come Geert Wilders stiano provando a gettare le basi di un sistema di valori diverso, libero dagli steccati del passato.
Sono pienamente consapevole, e certamente lo è Wilders, che il passaggio è stretto e che il confine tra la tutela della laicità liberale come faro del mondo e la xenofobia becera della Lega Nord è molto labile.
Ma sono altrettanto convinto che, in questa fase storica di crisi di ideali, il tentativo sia doveroso e che il beneficio potrebbe essere grande per tutto l'Occidente e non solo.
Saluti,
(Rio)