Salve.
Chi scrive – secondo alcuni – è un "auto-razzista". :-)
È un "auto-razzista" in quanto, da Meridionale, ha il coraggio di riconoscere pubblicamente che la maggioranza dei suoi concittadini ha votato per il Movimento Cinque Stelle perché spera di ottenere il Reddito di Cittadinanza.
Per alcuni è un auto-razzista perché, da vero infame, sfacciato e figlio ingrato del Sud, ha il coraggio di sostenere pubblicamente che le ragioni della disperazione, dell'assenza di prospettive per il presente e per il futuro, pur comprensibili e condivisibili, non sono affatto sufficienti a giustificare chi aspira a vivere a spese di chi lavora.
Chi scrive, per alcuni, è un auto-razzista, perché ritiene che queste persone abbiano scelto di campare alle spalle del prossimo solo perché si sono rifiutate di considerare la possibilità di andare via, di emigrare; un'opzione che esiste da sempre ed aperta a tutti gli strati sociali ed a tutte le età.
Una possibilità che milioni di Italiani prima di loro, tra cui anch'io (e migliaia mentre scrivo) hanno invece considerato; e l'abbiamo fatto perché quello che volevamo era una vita dignitosa, e ritenevamo – dateci pure torto – che non ci fosse alcuna dignità nel campare a sbafo del prossimo.
Ma andiamo con ordine. :-)
Nella seconda metà degli Anni '90, in una delle mie numerose vite precedenti, lavoravo come consulente per la Pubblica Amministrazione: ho girato enti locali e territoriali in Puglia e un po' di Campania, ma ho anche tenuto alcune lezioni di corsi di formazione in alcuni enti in Sicilia e nel Lazio. Non ho visto, quindi, "tutto il Sud", ma un'idea approssimativa me la sono fatta.
Non posso – per ovvi motivi – fare nomi né fornire coordinate troppo precise da cui si potrebbe desumere a chi o a quale realtà mi riferisco esattamente, ma ho avuto comunque modo di formarmi un'opinione basata sui fatti e non sui soliti pregiudizi contro o pro-Sud.
E vi posso dire, come un Nexus VI terrònico, che ho visto cose che voi umani, ma manco sul Sacro Blog ve le potete sognare.
Ho visto persone brillanti, ma non ammanicate con i piani alti, non soltanto non fare carriera, ma venire superate da mediocri ed anche caricate di lavoro, sia il proprio che quello degli altri.
Perché, ad essere sinceri, non è vero che nella Pubblica Amministrazione nessuno fa un cazzo: la verità è che c'è chi non fa un cazzo, chi lavoricchia e chi lavora per sé e per tutti quelli che non fanno un cazzo. E, ovviamente, lavora male. È un problema organizzativo e culturale.
Ma con la stessa sincerità vi dico – credeteci, non credeteci, fate voi – che non capitava mica di rado che io ed altri entrassimo in un ufficio pubblico e, dopo aver osservato, letto, intervistato dirigenti e dipendenti, parlato, fatto riunioni, eccetera, passati alcuni giorni, non fossimo ancora riusciti a capire questi signori cosa cazzo ci facessero davvero là dentro.
Attenzione: sto dicendo cosa facessero davvero. Non le loro mansioni sulla carta.
Per giorni, non vedevamo nessuno che lavorava, o che quantomeno sembrasse lavorare: la gente vagava per gli uffici, chiacchierava, teneva sul tavolo la stessa pratica con il faldone sempre, immancabilmente chiuso, faceva telefonate tutte rigorosamente personali e soprattutto, se interpellata sul proprio lavoro, forniva solo risposte assolutamente evasive, generiche ed inconcludenti.
Ad esempio (scusate la censura stile CIA ma, ripeto, devo evitare troppi dettagli che rendano riconoscibili luoghi e/o persone), io chiedevo: "Scusi, lei di cosa si occupa?"
E quello: "Maaa, guardi, quando arrivano segnalazioni da parte di X, noi ci attiviamo per effettuare Y".
Io: "Quando è stata l'ultima volta che X ha segnalato qualcosa?" (Io sapevo già che era da molto)
Lui: "Eh, saranno almeno sei o sette anni fa, anche perché da allora non ci sono più fondi".
Io: "?"
Ma non è tutto. Se un collega di un altro ente pubblico si presentava in ufficio chiedendo del dottor Tizio, gli si diceva che il dottor Tizio non c'era e gli si suggeriva di richiamare, invece di presentarsi di persona.
Voi direte: "E allora, cosa c'è di strano?" Di strano c'è che a dirglielo era proprio... il dottor Tizio.
Quante volte avrò visto questa scena da film di Totò, ho perso il conto.
Ora mi direte: "Sì, va be', ma tutto questo col Reddito di Cittadinanza che c'entra?"
Belli miei, non prendiamoci in giro. Per molti al Sud, la cultura del lavoro è questa: se hai un posto fisso pubblico e sei vicino a chi conta, allora te la passi bene; se no, ti tocca lavorare davvero, pensa tu. A questo aspirano molti – non tutti, ma molti – Meridionali: ad un posto come quello di questi signori qua.
Un posto in cui devi "attivarti" quando te lo richiede X, il quale X non si fa vivo da anni, ma meglio così, ché ti stressi di meno.
Perché credete che il MoVimento Cinque Stelle, che dice di sapere come reperire le coperture finanziarie per il Reddito di Cittadinanza senza fare debiti (vicenda assolutamente folle, di cui mi sono occupato anch'io, qui e qui), con quei soldi non ha proposto di lanciare un piano di sostegno alle start-up che generasse posti di lavoro nel settore privato (e nell'indotto), invece di pagare semplicemente dei sussidi?
In altre parole, se i fondi ci sono, perché non usarli per creare posti di lavoro veri, invece di dare soldi a chi non fa un cazzo?
E la ragione è semplice: perché alla Casaleggio Associati sanno benissimo che ciò che i loro elettori vogliono non è un lavoro: è un posto. "Se questi volessero un lavoro – come diceva già anni fa la buonanima di Indro Montanelli – emigrerebbero."
E qui intendiamoci sui termini: il posto non è un lavoro. Il posto è una forma di occupazione che ti garantisce un buon reddito per tutta la vita, senza però causarti troppi problemi.
Tuttavia, non potendo ingabbiare il Paese in un'altra ondata di concorsoni interminabili che molti dei loro elettori neppure supererebbero (e poi, quella dei concorsi che non portano a niente è la strategia del PD! E non vorrete mica che copino la strategia del PD!), si sono inventati una strada più breve e, soprattutto, più semplice, alla portata di tutti: una bella domandina, e per tre anni il tuo problema di reddito è risolto.
Anzi, se sei sposato, come nucleo familiare, puoi portare a casa più soldi di quegli sfigati che fanno i turni come commessi all'ipermercato, poveri scemi!
Una bella norma clientelare – perché solo di questo si tratta, sia chiaro: una forma di clientela – pretesa e fatta passare perché "In Europa ce l'hanno tutti" (peccato solo che gli altri Paesi in Europa non hanno un rapporto debito/PIL spaventoso come il nostro, più circa cinque milioni di lavoratori a bassa produttività ed a carico dell'erario, più un esercito di pensionati con onerosissime pensioni retributive e pochissimi giovani a versare contributi; ma questi sono dettagli...); un colpo di marketing che sinora è servito perfettamente allo scopo.
Ovviamente non ci sono veramente i soldi per realizzarlo, o almeno non come dicono di volerlo realizzare loro: quello che faranno davvero sarà semplicemente... fare altri debiti.
Oppure si tratterà di distribuire un po' di soldi a qualcuno, magari accorpando insieme gli strumenti già esistenti, come ad esempio la Cassa Integrazione, i sussidi erogati a livello territoriale, eccetera, rimpacchettandoli e chiamandoli "Reddito di Cittadinanza".
Una banale operazione di quelle che nel marketing – unico ambito di cui il M5s capisca davvero qualcosa – si chiama "re-labelling", ossia mettere una nuova etichetta a qualcosa che c'è già. Non potendo cambiare la realtà, lavorano sulla percezione della realtà.
Tutto qui. Ma quanto basta affinché qualche attivista pentastellato che non capisce niente di Pubblica Amministrazione si senta autorizzato ad urlare su Facebook: "Avete visto, piddioti?! Lo hanno fatto davvero!"
Che poi, se servisse anche soltanto a mettere ordine nel regime di aiuti e sussidi, non sarebbe nemmeno una cosa del tutto inutile.
Ma ciò non toglie che resti soltanto l'ultima trovata con cui l'ennesima, spregiudicata formazione politica ha comprato il voto di molti miei conterranei. E non c'è da meravigliarsi, perché quel voto, in effetti, era in vendita.
Saluti,
(Rio)