GA_TagManager_Container

giovedì 19 novembre 2009

Breve epitaffio per la punteggiatura :-)


Orsù, continuiamo l'opera meritoria portata avanti da un idealista senza speranza contro l'orda di dementi ignoranti che impazza allegramente su internet.

Quello della punteggiatura è un tema assai complesso, nel quale è opportuno non entrare mai a gamba tesa, secondo me.
E la ragione è semplice: l'uso della punteggiatura si può "standardizzare" solo fino ad un certo punto(!).
La punteggiatura è ANCHE espressione della personalità di chi scrive; è legata non soltanto alla forma, ma ANCHE ai contenuti che una data frase esprime ed all'enfasi ed alle sfumature che chi scrive vuol dare a tali contenuti.
Pertanto, nel trattare della punteggiatura userò un linguaggio ancora più pacato e sfumato nei toni di quello che ho utilizzato nella mia precedente nota sull'ortografia.

Notate, ad esempio, che ho scritto ANCHE in maiuscolo e in grassetto.
Ma perché mai l'avrò fatto?
Perché il fatto che la punteggiatura denoti ANCHE l'espressività di chi scrive non significa affatto che si possa mettere alla cazzo di cane, miei giovani neuroni traviati dalle droghe pesanti.

Quindi, orsù, mettete via il vibratore per un secondo e seguitemi in questa breve carrellata, nella speranza che persino voi riusciate a scrivere una frase comprensibile prima della pensione.

Proprio perché ho stima di voi, cominciamo dalle cose semplici.

1. I TRE puntini di sospensione

Per favore, mie brillanti promesse dell'Alzheimer, ditemi: quanti sono i TRE puntini di sospensione? Il più sveglio di voi risponderà: "Aspetta, questa la so! Sono tre!"
Ma bravissimo!
E allora, figlio illegittimo di Einstein, saprai anche perché cazzo tu e gli amici tuoi continuate a metterne due, quattro, cinque, trecentoquarantatré, insomma tutto fuorché tre?
Appena lo scopri, manda una mail alla Fondazione Nobel.
Il premio te lo danno di sicuro. In testa.
Orsù, passiamo oltre.


2. La virgola, questo segreto di Stato

So che vi sembrerà incredibile, ma ci sono frasi più lunghe di quattro parole soltanto. E sono molte! Ma non è tutto: pensate che esistono persone in grado di esprimere più concetti collegati tra di loro all'interno dello stesso periodo.
Ma che bravi, vero?
E sì --prima che me lo chiediate-- per fare questo è necessario accendere più di un neurone per volta.
Quando questi concetti sono molto collegati tra loro, vanno separati con una virgola. La virgola fa due cose contemporaneamente: relaziona i concetti l'uno all'altro e li distingue l'uno dall'altro, per far sì che lo sfigato che vi legge capisca di che stracazzo stiate parlando.
Volete un esempio, sorgenti vive di ignoranza?
Eccovene uno.
Un cerebroleso come voi dice: "Ieri sono stato interrogato ma ho risposto bene anche se la prof ha detto che devo studiare di più dato che non sapeva che ho passato tutto il pome a cazzeggiare con la PlayStation per poi vedere la Vale sul tardi".
Un esemplare della specie Homo Sapiens Sapiens, invece, direbbe: "Ieri sono stato interrogato, ma ho risposto bene, anche se la prof ha detto che devo studiare di più, dato che non sapeva che ho passato tutto il pome a cazzeggiare con la PlayStation, per poi vedere la Vale sul tardi".

E adesso venite a dirmi che è stato più chiaro il cerebroleso.
Giuro, a tuzzi vi prendo.
Orsù, andiamo avanti.


3. Il punto fermo non è una macchia sul foglio né un pixel fuori posto sullo schermo

Quando una persona normale --cioè non voi-- parla, fa delle pause.
Queste pause non le fa solo per prendere aria, ma anche per distinguere una serie di concetti da un'altra serie di concetti collegati.
Certo, giovani precari della prostituzione minorile, è chiaro che tutto quello che uno dice di seguito è in qualche modo collegato, almeno finché non si tratta dei discorsi sconclusionati da bimbiminkia che fate voi.
Ma ci sono concetti più collegati di altri nel discorso. Per questo ci sono le virgole, per i concetti molto collegati, ed i punti fermi, per quelli molto meno collegati, anche se comunque susseguenti.
Volete un altro esempio, menti avariate?
Eccone qui un altro.
Il cerebroleso: "Oggi ho il cellulare spento anche se dovrei tenerlo acceso perché la Vale mi ha fatto incazzare la Vale crede che tutto debba essere come dice lei io ho una mia personalità invece non posso sempre sottostare ai suoi voleri".
L'individuo dotato di DNA umano: "Oggi ho il cellulare spento, anche se dovrei tenerlo acceso, perché la Vale mi ha fatto incazzare. La Vale crede che tutto debba essere come dice lei. Io ho una mia personalità, invece. Non posso sempre sottostare ai suoi voleri".

Visto? Non commentate!
Zitti ed accondiscendenti vi voglio. Una parola e siete morti.

Orsù, infilate il pene nella presa della corrente, adesso.

Saluti,

(Rio)

martedì 10 novembre 2009

Breve epitaffio per l'ortografia italiana :-)


Vi avverto: questa è una nota non pesante, ma pedante. Professorale, direi.
Io vi ho avvisati. Adesso, affari vostri.


- - - - - -

Poi dici che uno non si deve incazzare come un cammello della Malesia...!
Ma è possibile che sui social network si debba assistere al massacro quotidiano dell'ortografia della lingua italiana?
Ma è possibile che una pletora di ignoranti - alcuni dei quali persino laureati! - debba continuamente commettere strafalcioni assurdi, senza mai osare chiedersi se sia corretto scrivere una parola in un certo modo, invece che in un altro?
Dato che oramai tutti questi errori di ortografia mi fanno venire la scabbia, spero mi perdoniate se ho ceduto alla tentazione, evitando sin troppo facili atteggiamenti offensivi, di compilare una breve guida all'ortografia per CAPRE IGNORANTI DI MERDA (e lo sapevo, io...).

Minchiata numero 1 (la regina delle minchiate, oserei dire)

Il troncamento di poco è «po'», con l'apostrofo, non «pò» con l'accento. Quindi si dice «un po'» e non «un pò».
Capito, giovani virgulti del Belpaese?
Sì --vaffammocc a chi v'è stramurt-- lo so che «un pò» con l'accento compare anche sul T9 del telefonino; ma questo significa semplicemente che chi ha scritto il software del T9 è un vostro parente stretto. E' tutto chiaro, adesso?
Postilla - Alcuni dicono: «Sì, è vero, perché Pò con l'accento è il fiume!»
Orsù, mie giovani testine di cazzo, continuate a provare: prima o poi ne azzeccherete una anche voi.
Ma non stavolta, perché anche questa è sbagliataaaa!!!
Il fiume padano è il «Po», senza accento e senza apostrofo! «Pò» con l'accento lo scrivono solo i pazienti affetti da gravi forme di demenza precoce, per cui --se sbagliate anche voi-- è tutto nella norma. Ogni cosa è a posto.

Stronzata numero 2
Il fatto che «lì» e «là» si scrivano con l'accento, non vuol dire che anche «qui» e «qua» debbano seguire la stessa regola. Non si scrive «quì» e «quà», giovani braccia strappate alla prostituzione ma, semplicemente, «qui» e «qua». Quindi sì, è proprio così: «lì» e «là» con l'accento, «qui» e «qua» senza. Voi direte: «Ma così noi ci confondiaaamo! Ma perché dev'essere così difficile?»
Miei cari, carissimi giovani - dirò io - non vi è mai passato di mente che nella vita esistano cose più complicate che allacciarvi le scarpe e giocare alla PlayStation?!?
Bene.
Orsù, passiamo oltre.

Puttanata numero 3
Mie verdi promesse della tossicodipendenza da crack, ma perché accipiripicchiolina scrivete «stò», «stà», «và» con l'accento? Ma che cazzo c'avete, con 'sti accenti, prendete forse la percentuale? Si scrive «sto», «sta» e «va», senza accento.
Postilla - Qualcuno dice (lo stesso virtuoso del fiume Po con l'accento, probabilmente): «Eh, certo, perché "stà" e "và" con l'accento in realtà esistono, ma sono voci dell'imperativo.»
Ma «và... affanculo», rispondo io, ma se non la conosci, l'ortografia, ma perché cazzo non stai zitto e non ti sturi quelle orecchie foderate di merda, invece? Le voci della seconda persona dell'imperativo dei verbi "stare" e "andare" sono, rispettivamente, «sta'» e «va'», con l'apostrofo. E' vero che poi molte persone le hanno sostituite con le corrispondenti voci del presente indicativo (sempre più spesso si sente «Stai fermo!» e «Vai a lavorare!», invece di «Sta' fermo!» e «Va' a lavorare!», come sarebbe corretto dire).
Ma questo non è un problema tuo, non temere.
Tu sei messo molto peggio.

Cazzata numero 4 (avvertenza: non è consigliata ai deboli di cuore)
No, dico io, vorrei tanto sapere chi è stato il primo, immenso, assoluto, grandissimo figlio di una pompinara ignorante che ha scritto «io sò» ed «egli sà» con l'accento. Da dove cazzo vi esce quell'accento? Che senso ha? Ma a che serve?
Orsù, fatevi un clistere.

Bene. Sono molto soddisfatto di questa nota, perché sono riuscito a mantenere un atteggiamento civile e pacato, senza cedere ad alcuna forma di mancanza di rispetto.
Lascio su internet una nota senza karma negativo.

Saluti,

(Rio)

domenica 25 ottobre 2009

Zapatero - Ratzinger: la grande partita dei laici spagnoli

Salve.
Devo confessarlo: da Radicale incallito, un po' mi dispiace di dover scrivere di certe questioni con riferimento ad un altro Paese.
Mi sarebbe piaciuto tanto intitolare questo post "La grande partita dei laici italiani".
In un Paese come il nostro, che ancora si vanta di essere "morale" - salvo poi andare a puttane ed a minorenni da una parte, ed a trans dall'altra - questioni come la laicità di Stato, i matrimoni gay, le adozioni gay, le case popolari ed i sussidi familiari alle coppie gay, il divorzio rapido, il divieto di comportamenti religiosi contrari alla dignità dell'uomo, la regolamentazione della prostituzione e l'antiproibizionismo non si dibattono ancora seriamente.
La nostra classe politica - TUTTA la nostra classe politica - preferisce dormire tra due guanciali, rimandando alle calende greche certe questioni spinose che dividono, che fanno perdere voti, che possono trasformarsi in mine vaganti pronte ad esplodere nel momento meno opportuno.

In Spagna invece, dove c'è un partito di Sinistra con un leader veramente laico (e non un ex boiardo delle partecipazioni statali, ne' un ottuso neo-bigotto che vuol fare una legge per togliere le veline dalla TV), la partita della laicità di Stato si gioca a tutto campo, senza esclusione di colpi.
E' la guerra della potente Chiesa Cattolica Spagnola, pienamente spalleggiata dal Vaticano neo-conservatore del tostissimo Ratzinger, contro una parte della società civile spagnola, che lotta per vedere i diritti dell'uomo prevalere su quelli di Dio.

In prima linea sul fronte laico, accanto all'onnipresente Zapatero, c'è la ministra per le Pari Opportunità, Bibiana Aido (nella foto).
Trentadue anni appena, il più giovane ministro del governo Zapatero, "la Bibi", come dicono la', si autoproclama "una femminista radicale" ed e' la promotrice di una proposta di legge per garantire alle donne dai sedici anni in su il diritto di abortire; per le minorenni, la procedura sarebbe possibile anche in totale riservatezza e senza il consenso dei genitori.
Si tenga presente che in Spagna l'attuale legge sull'aborto consente l'interruzione di gravidanza solo se la salute della madre e' in pericolo, se la madre ha problemi mentali, oppure in caso di gravidanza a seguito di uno stupro. Si mormora che persino la Regina Sofia appoggi questa riforma, anche se il protocollo ufficiale impedisce ai reali qualsiasi uscita pubblica sul tema.

A seguito del giudizio - ovviamente negativo - della Chiesa Cattolica sulla proposta di legge, la giovane ministra ha risposto che, data la mancanza di prove scientifiche a sostegno della tesi che il feto nei primi stadi sia già un individuo, l'aborto non e' una faccenda più seria di un intervento di chirurgia estetica al seno, suscitando cosi' un vespaio di polemiche e la reazione furiosa dei movimenti per la vita cristiani.

Chi scrive, pur essendo Radicale e convinto della necessita' di un approccio legislativo laico in materia di aborto, trova il paragone della ministra un tantino eccessivo... Ma molto peggio che soltanto "eccessivo" dev'essere sembrato a mezzo milione di cattolici spagnoli, scesi in strada a Madrid a manifestare con determinazione contro la proposta della Aido, spalleggiati da una pletora di vescovi iberici che minacciano la scomunica contro i parlamentari che dovessero votare a favore del provvedimento.

Dal canto suo, Ratzinger non e' rimasto a guardare: dal Vaticano e' arrivato un dispaccio che ha ordinato la sostituzione di alcuni alti prelati spagnoli, "rei" di essersi dimostrati troppo moderati in materia di aborto e di tutela della famiglia cristiana tradizionale.
La parlamentare socialista Carmen Monton, nel difendere la legge, ha dichiarato che non avrebbe alcun senso legiferare solo a vantaggio di famiglie equilibrate, in cui c'è dialogo ed armonia tra genitori e figli e che la proposta della Aido e' stata scritta pensando a famiglie disagiate, in cui questo dialogo manca del tutto. Se una ragazza ha bisogno di abortire e non può contare sull'appoggio della propria famiglia, deve esistere un modo dello Stato per sostenerla.

Secondo alcuni sondaggi, il 71% degli Spagnoli non approverebbe questa riforma, giudicata troppo sbilanciata. Ma la proposta forte della Aido non piace nemmeno a tutti i socialisti, che accusano la giovane ministra di averla portata avanti come un elefante in una cristalleria, evitando un dibattito pubblico ed organizzato. Uno degli ex "luogotenenti" di Zapatero si e' anche lasciato andare a commenti severi nei confronti della Aido, definendola "una ragazzina che non ha idea di come si debba agire."

Che si sia a favore della riforma o meno, ciò che colpisce e' che a formulare certe proposte in Spagna non sia un qualche oscuro attivista radicale che ha raccolto firme con un panchetto qua e la' per le strade d'Italia, e che ne pubblicizza i contenuti attraverso radio locali, quotidiani minori e piccoli dibattiti pubblici in cinema di provincia, magari con un intervento prolisso di Marco Pannella.
In Spagna certe proposte passano attraverso i grandi canali della politica. Su certi temi, in Spagna ci sono ministri che - magari per inesperienza (lo stesso Zapatero ha solo 49 anni) - sanno anche mettere da parte il calcolo politico e non hanno timore di avere il 70% della gente contro; per non citare lo stato maggiore della Chiesa Cattolica al completo.

Ho reso l'idea?

Saluti,

(Rio)

sabato 24 ottobre 2009

Lesbiche in Arabia Saudita

Un bellissimo articolo di Robert Lacey sulla diffusione oggi dell'omosessualità femminile in Arabia Saudita, in risposta alla penosa condizione della donna nei Paesi arabi tradizionalisti. Le confessioni rese da queste donne sono un pugno in pieno volto al fanatismo religioso.
L'articolo e' comparso sul Sunday Times del 18 Ottobre 2009. La traduzione e sintesi sono mie.

«
Mashael (il nome e' stato cambiato) si e' sposata a 18 anni. "Mi ero incontrata segretamente con mio marito per quasi un anno e mezzo. - ricorda - Sua sorella era una mia buona amica e ci ha aiutati ad incontrarci lontano dagli occhi del mondo. Passavamo ore al telefono ed ero pazza di lui. Ho praticamente costretto la mia famiglia ad acconsentire al matrimonio: era una cosa cosi' romantica."

Ma il romanticismo e' scomparso dopo soli pochi mesi di vita coniugale.
"Non riesco a credere a come sia accaduto in fretta. Al secondo giorno di matrimonio, gia' mi scoprii a pensare che lui fosse strano. Era cosi' incredibilmente possessivo... Io non ero piu' padrona di me stessa, perche' lui si aspettava che io ridefinissi ogni singolo dettaglio della mia esistenza intorno a lui, mentre lui continuava a fare quello che gli pareva: mi disse che cosa dovevo indossare, come mi dovevo tagliare i capelli, cosa dovevo dire e persino pensare e provare. Lo considerava un suo diritto: io ero semplicemente una sua nuova proprieta'."

Il mondo e' pieno di mariti possessivi e prepotenti, ma in Arabia Saudita la legge racchiude il principio che l'uomo ne capisce sempre e comunque di piu' della donna.
In Arabia Saudita, una donna non puo' iscriversi all'universita', aprire un conto in banca, lavorare o viaggiare al di fuori del Paese senza avere un permesso scritto del suo mahram (guardiano), che deve essere un familiare di sesso maschile: il marito, il padre, un nonno, uno zio, un fratello o addirittura un figlio maschio adulto!
"Io ero tenuta ad assecondare sempre le sue opinioni in merito a cio' che lui pensava dei nostri familiari e dei nostri amici. Se dissentivo, andava subito in collera, usava parolacce e mi minacciava. Sapevo bene di aver commesso un terribile errore a sposarlo e volevo ritornare nella mia famiglia d'origine, ma il mio orgoglio non me lo permetteva: sapevo che anche loro avrebbero dato la colpa a me."

Mashael non ha voluto accettare l'antica tradizione dei matrimoni combinati, con le sue modeste, per non dire pessimistiche aspettative di felicita' personale della sposa.
Come un numero via via crescente di giovani donne saudite, e' stata "tentata" dalle fantasie occidentali di felicita' attraverso la realizzazione del sogno d'amore. Il problema e' che la societa' saudita esclude categoricamente i rituali di corteggiamento, fidanzamento, convivenza e di sperimentazione sessuale che permettono ai giovani occidentali di scoprire i propri errori e, se il caso, di passare oltre. Il vedersi alla luce del sole, per non citare la convivenza, sono opzioni impensabili in una societa' governata da una tradizione che giudica se una famiglia e' per bene dalla capacita' che ha di mantenere le proprie figlie vergini.

"Mio marito ed io semplicemente non ci conoscevamo. - dice Mashael, oggi una donna vestita alla moda e vicina ai quaranta - Io non incolpo nessuno per questo, all'infuori di me stessa. Ci siamo sposati troppo giovani."
Essendo vittima di un problema comune in Arabia Saudita, ha scelto una soluzione altrettanto comune per le donne saudite. "Ho trovato l'amore con un'altra donna. Prima di sposarmi, non immaginavo nemmeno che la scintilla dell'amore potesse scoccare tra due donne. Nemmeno sognavo che fosse possibile. Poi, pero', sono andata all'universita' e li' ho avuto la mia prima relazione con una donna: e' stata una cosa morbida; e' stata una cosa calda; e' stato come un analgesico.

L'omosessualita' femminile non e' difficile da trovare nei campus universitari dell'Arabia Saudita, secondo quanto dicono sia le saudite che le occidentali, con cotte, sbandate ed amicizie super-intime. Queste relazioni non e' detto che arrivino sempre a sviluppare anche una dimensione sessuale, ma sono caratterizzate dalle stesse emozioni e sensazioni descritte nei diari di Jane Austen ed altre autrici dell'Inghilterra del XIX secolo, quando la Rivoluzione Industriale stava creando la prima società "moderna" del mondo, mettendo in crisi i valori tradizionali della famiglia.

"Io ero alla ricerca di una consolazione - diceva Mashael - e la trovai. Entrai a far parte di questa cerchia. All'inizio, magari, sei solo curiosa; poi ti lasci trasportare: una ragazza ti saluta stringendoti la mano e tu sai che in realta' sta tentando un approccio ma, in un certo senso, tu vuoi essere sedotta. Tu pensi che, in fondo, perche' no? La vita sessuale tra uomini e donne in Arabia Saudita e' un disastro e tutti sanno che gli uomini scopano in giro. Il tasso di infedelta' maschile e' altissimo. E allora, ti dici, perche' non farlo con un'altra donna? E' un gran bel modo di vendicarsi."

Ed e' anche un modo sicuro. "In Arabia Saudita, sei una pazza se hai una relazione extraconiugale con un uomo. Con un'altra donna, invece, sei al sicuro: nessuno mette in discussione il fatto che passiate tante serate insieme; puoi fare shopping o uscire a cena con una donna; puoi conversare con lei; puoi avere un'amicizia con lei. Due donne insieme sono due individui, ciascuna con una propria personalita' e diritti. Non sei un oggetto, una proprieta' di qualcun altro.

Non deve esserci per forza sesso tutte le volte. Si puo' semplicemente abbracciarsi o toccarsi l'un l'altra. E, anche quando c'e' il sesso, e' piu' lento e romantico. Anche il bacio tra due donne e' diverso: e' piu' gentile. Si cerca di darsi piacere l'un l'altra, non soltanto di prendere piacere e si condividono sentimenti. E' un amore generoso, in cui si dedica all'altra persona del tempo e dei momenti preziosi, importanti. In Arabia Saudita, un uomo trascorre pochissimo tempo con sua moglie. E questa separazione continua e' penosa."

Lesbiche o meno, in Arabia Saudita le donne passano la gran maggioranza del loro tempo con altre donne e con i bambini, molto piu' di quanto ne trascorrano con i loro mariti.
Gli uomini d'abitudine escono soli la sera per cenare a casa di amici maschi, bere caffe', chiacchierare, discutere di politica, un po' come i gentiluomini inglesi dell'epoca edoardiana facevano nei club esclusivi.
"Alla fine della serata - dice un'altra donna saudita - il marito tornera' a casa con un solo desiderio. Ha trascorso tutta la sera a chiacchierare e non e' certo di fare altra conversazione che ha voglia."

Questa vita segregata e' lo stile di vita tipico della Famiglia Reale Saudita, per cui il lesbismo all'interno dei palazzi di corte e' diffuso tanto quanto fuori.
"Detesterei essere una principessa - dice un'altra donna che vanta amicizie nella famiglia reale saudita - perche' non e' facile per loro sposarsi al di fuori della famiglia reale. Oggigiorno, molte di loro hanno un'istruzione universitaria di primo livello, un'educazione internazionale e non vogliono sposare un idiota di principe che si autocommisera. Alcune di loro sono state brevemente sposare e oggi, dopo essere state ripudiate, hanno quasi 40 anni e nessuna prospettiva di trovare un altro marito".

Le tribu' saudite mantengono una propria identita' controllando le donne della loro tribu' e la Famiglia Reale non fa certo eccezione a questa regola. Per sposare uno straniero, secondo una battuta comune a Riad, una donna deve avere piu' di 40 anni, avere una menomazione fisica ed avere un dottorato di ricerca universitaria (un'istruzione superiore in Arabia Saudita e' considerata uno svantaggio per una donna che vuole sposarsi, perche' potrebbe mettere in difficoltà il marito, ndt).
»

Saluti,

(Rio)

giovedì 22 ottobre 2009

I fascisti britannici del BNP e la libertà di parola

Riporto in questo post una mia traduzione e sintesi di un articolo comparso sul Times di oggi (22 Ottobre 2009) a proposito della controversa e contestatissima partecipazione al programma televisivo della BBC Question Time da parte di Nick Griffin, leader del British National Party, formazione di estrema destra che nega l'Olocausto, si ispira al Mein Kampf di Hitler, ha idee segnatamente omofobiche, chiede l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea e la cacciata di tutti i lavoratori stranieri (quindi anche di chi scrive).

Questa sera, dinanzi agli studi televisivi della BBC a Shepherds Bush, Londra, e' adunata una grande folla di attivisti antifascisti, che protesta contro la TV pubblica per aver consentito ad un personaggio come Griffin di parlare a milioni di cittadini britannici. Ci sono stati degli arresti da parte della polizia e, comprensibilmente, oltre ad una nutrita schiera di agenti in assetto antisommossa, sono presenti ambulanze e, in incognito, gli immancabili agenti dell'MI-5, i servizi segreti interni.

Segue la sintesi del profilo di Griffin curato dal Times, a firma di Tom Baldwin e Fiona Hamilton.

«A prima vista, gli anni giovanili di Nick Griffin sembrano il riflesso speculare del genere di vita del leader politico che egli oggi aspira a diventare.
E' un prodotto della migliore educazione che il denaro possa comprare, il leader del BNP, che ha frequentato scuole private nell'East Anglia, prima di studiare storia e legge nel Downing College di Cambridge.

Mentre i suoi colleghi di Oxford e Cambridge cercavano di fare carriera in politica secondo canali piu' tradizionali, Griffin si dimostrava tenacemente impegnato a raggiungere la propria fetta di gloria facendosi strada nell'estrema Destra.
Avendo fondato un gruppo del National Front Giovanile a Cambridge, una volta laureato ha asceso rapidamente le gerarchie del National Front e, in breve tempo, ha cominciato a stipulare intese con altri leader estremisti europei.

Griffin ha cominciato a leggere il Mein Kampf di Hitler a 13 anni sostenendo, piu' tardi, che "conteneva idee molto utili". E' figlio d'arte, Griffin: i suoi genitori si sono conosciuti durante una manifestazione di destra finalizzata a disturbare di una riunione del Partito Comunista a Londra, nel 1948. Anche suo nonno si dice lo abbia introdotto alla letteratura antisemita, mostrandogli del materiale prodotto dalla Unione Britannica dei Fascisti, allora coordinata da Oswald Mosley.

Nel 1998 Nick Griffin e' stato arrestato per incitamento all'odio razziale, dopo aver distribuito volantini antisemiti. Uno degli elementi a sostegno della propria difesa comprendeva la negazione dell'Olocausto.
Era entrato a far parte del BNP tre anni prima, dopo il collasso del National Front e dopo essere stato una figura chiave all'interno della formazione denominata Terza Posizione Internazionale.
Aveva consolidato le proprie credenziali di estremista di destra lavorando come editore di un giornale del partito, per poi estrometterne l'allora leader John Tyndall.
Griffin ha dato quindi inizio alla ricostruzione dell'immagine del BNP, con l'intento di farne una formazione politica piu' rispettabile e quindi capace di rivolgersi ad un bacino di elettori piu' ampio.
La sua strategia si e' rivelata vincente per la prima volta nel 2002, quando e' riuscito a far eleggere tre consiglieri comunali al Comune di Burnley (nella contea del Lancashire, Nord Ovest dell'Inghilterra, ndt).

I suoi compagni di scuola lo ricordano generalmente come un ragazzo educato, che non emergeva in alcun modo ne' in positivo ne' in negativo, e con nulla che lasciasse presagire gli sviluppi futuri.
Solo un compagno di liceo sostiene che a scuola era soprannominato "Nick the prick" (Nick il cazzone, ndt), mentre sua moglie Jackie, infermiera, sposata con lui da molti anni, ne dipinge un ritratto impietoso, quanto tipico dei grandi sognatori: "Un eccentrico. Io ho lavorato per mantenerci finanziariamente e tirare su i nostri quattro figli, mentre lui ha trascorso la vita a giocare alla politica. Pensavo che prima o poi sarebbe maturato." »

Ora, io non voglio certo sostenere che un tipo cosi' sia degno di qualsivoglia tipo di rispettabilita'.
Tuttavia, siamo in democrazia e le leggi della democrazia si rivelano dure ed impietose, alle volte.
La democrazia mostra il proprio vero volto, la propria forza, quando riconosce anche a certi personaggi poco rispettabili uno spazio per parlare, a condizione che la stampa libera analizzi con attenzione le dichiarazioni di Griffin e controbatta parola per parola.
Saro' presuntuoso, ma smontare Nick Griffin non mi sembra un obiettivo impossibile, a condizione di tenere il cervello bene accesso e rinchiudere a chiave tutti gli slogan e le frasi fatte nel ripostiglio.

Di conseguenza, pur comprendendo lo sdegno dei cosiddetti "antifascisti" stipati fuori Sheperds Bush, trovo i loro metodi ed i loro picchetti del tutto fuori luogo.
Si', ho detto proprio "fuori luogo".
Se sei un antifascista, tira fuori le palle e smonta, una dopo l'altra, tutte le cazzate di questo reale emulo del Führer.
Ma non fermarlo negandogli gli stessi diritti di liberta' di parola in cui tu dici di credere e che sostieni di difendere ogni giorno.

Saluti,

(Rio)

mercoledì 21 ottobre 2009

Amos Oz e la pace in Medioriente

Amos Oz viene criticato aspramente per le sue posizioni non violente, ma non pacifiste (e' molto Radicale tutto cio', non so se avete notato), sia da parte Israeliana, dove viene bollato come "traditore patentato" dai falchi della guerra, sia da parte Palestinese, dove si ritiene che le sue posizioni non siano morbide abbastanza e lo si chiama "un falco travestito da colomba".
Questo tanto per confermare - ove mai ve ne fosse bisogno - che a questo mondo, se hai un'opinione personale, e' meglio se te la tieni per te. Se no poi arrivano i fascistoni da una parte, i Centri Sociali dall'altra e ti rompono il pistillo, perché "non sei schierato".
Comunque, il povero Amos Oz prende legnate da tutti e anche questo, non so se si vede, e' molto Radicale.

Ma lasciamo da parte tutti questi Radicali liberi.

Per Amos Oz, Israele non e' altro che il più grande campo profughi e rifugiati ebraici del mondo. Non e' soltanto una nazione, ma il luogo in cui convergono, da ogni parte del mondo, gli ebrei buttati fuori a calci dagli altri Paesi.

Spesso Oz ricorda che suo padre, un ebreo polacco-lituano, negli anni della giovinezza, quando girava per le strade in diversi Paesi europei, le trovava spesso graffitate con messaggi antisemiti del genere "Sporchi Ebrei, andatevene in Palestina!".
Ci e' ritornato 50 anni dopo in quelle stesse strade, il padre di Oz, per vederle coperte di altri graffiti che dicevano: "Sporchi Ebrei, fuori dalla Palestina!". :-)

Chiunque conosca anche solo un po' la storia degli Ebrei nei Paesi musulmani del Nord Africa, sa bene che il trattamento loro riservato li' e' stato persino peggiore.
"A che Paese appartengono, gli Ebrei, allora?" si chiede Oz. La risposta e' "ad un Altro Paese", ovvero ovunque, eccetto li' dove si trovano.
Israele e' la sola eccezione a questa regola, in duemila anni.

Con buona pace di chi - specie nella Sinistra e nella Destra più estreme - si chiede "Ma che cazzo c'entrano gli Ebrei moderni con la Palestina?"
Non andrebbe chiesto agli Ebrei, secondo Oz.
Andrebbe chiesto a chi si e' posto la stessa domanda sostituendo alla parola "Palestina" il nome della propria nazione e poi, di la', li ha buttati fuori a pedate.

Amos Oz considera quella di due Paesi divisi da un muro la sola soluzione praticabile.
Voi direte "E capirai, e' arrivato lui...!"
Gia'. Peccato che lui queste idee ha le palle di ripeterle da quando, nel 1967, ritorno' militare dalla Guerra dei Sei Giorni; da quando in Israele non c'era un movimento pacifista e, per sua stessa ammissione, "le riunioni di tutti quelli che la pensavano come lui si sarebbero potute tenere in una cabina telefonica".
Posto che molti Palestinesi hanno conosciuto la stessa sorte dell'esilio dal 1947, "molti Ebrei non riconoscono quanto profondo sia il legame che i Palestinesi hanno con questa terra - dice Oz - come molti Palestinesi non riescono a capire che Israele non e' un incidente della storia, che Israele non e' un intruso, che Israele e' la sola patria possibile per gli Ebrei israeliani, a prescindere da quanto questo sia doloroso da ammettere".

Cio' che serve, per Oz, e' un compromesso, non una capitolazione di una delle parti.
E' un "divorzio fra due popoli", risolutivo e consensuale, ma pur sempre un divorzio e, quindi, doloroso.
"Per questo progetto - continua Oz - Israele e Palestina non dovranno ottenere aiuti internazionali: le due nazioni dovranno investire nella stessa misura, dollaro su dollaro, e pagare entrambe per le idiozie commesse nel passato".

Saluti,

(Rio)

lunedì 28 settembre 2009

Il Programma del Movimento di Beppe Grillo: tra demagogia e spunti interessanti.

Salve.
Recentemente Beppe Grillo ha pubblicato sul proprio blog (www.beppegrillo.it) i punti programmatici del Movimento che nascerà formalmente il prossimo Ottobre, suddividendoli per temi in Energia, Salute, Trasporti, Economia, Informazione, Istruzione e "Stato e Cittadini".

Il programma e' abbastanza dettagliato, non generico, e questo e' sicuramente un fatto degno di lode.
Alcune idee sembrano buone, anche se non nuove, ma questa non e' certo una gara di originalita'.
La maggior parte dei punti, tuttavia, risente troppo della solita demagogia grilliana, ove non di una certa banalita'.

Per ragioni di brevita', e' stato selezionato il tema piu' interessante (a parere di chi scrive): quello dell'Economia.
I commenti aggiunti sono riportati in corsivo tra parentesi quadre [cosi'].



  • Introduzione della class action [e sarebbe ora: era un cavallo di battaglia sia del PdL che del PD ma, tra il dire e il fare... Resta da vedere come fara' un Movimento sinora costituito sostanzialmente da soli Consiglieri di Enti Locali ad introdurre la class action. Gruppo di pressione?]

  • abolizione delle scatole cinesi in Borsa [Seh, buonasera. E' come pretendere di cancellare l'avidita' dal genere umano. Suggerirei un'alleanza strategica con il Mago Merlino. Buona fortuna.]

  • abolizione di cariche multiple da parte di consiglieri di amministrazione nei consigli di società quotate [Interessante, anche se esistono molti modi per aggirare un tale divieto. E' una buona idea provarci, ma mi piacerebbe sapere come.]

  • introduzione di strutture di reale rappresentanza dei piccoli azionisti nelle società quotate [Qualcuno ha visto qualcosa, dietro la spessa coltre di fumo negli occhi? Perche' io no.]

  • abolizione della legge Biagi [Certo Grillo, come no! Tutti di nuovo in nero e senza contributi, come negli Anni '80! Tu si' che hai capito il mercato del lavoro: sei un genio.]

  • impedire lo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un prevalente mercato interno [Qualcuno vada da Grillo e gli spieghi, con parole semplici, se ci riesce, cos'e' la legge di mercato e perche' non rispettarla e' peggio, cioe' costa di piu'.]

  • vietare gli incroci azionari tra sistema bancario e sistema industriale [Cartoline dal Mondo Perfetto. Io aggiungerei anche di far mettere la targa alla slitta di Babbo Natale, gia' che ci siamo.]

  • introdurre la responsabilità degli istituti finanziari sui prodotti proposti con una compartecipazione alle eventuali perdite [Sacrosanto. Serve capire come, pero'. Il nodo e' tutto li'.]

  • impedire ai consiglieri di amministrazione di ricoprire alcuna altra carica nella stessa società se questa si è resa responsabile di gravi reati [Non sono sicuro di aver capito, qui. Se la societa' avesse commesso illeciti per colpa, che so, di un Direttore Finanziario che ha commesso falso in bilancio, perche' un Consigliere non dovrebbe ricoprire alcun altro ruolo in essa? Ma la responsabilita' penale non e' sempre personale?]

  • impedire l’acquisto prevalente a debito di una società (es. Telecom Italia) [Assolutissimamente si'. Anche qui, devono dire come, pero'.]

  • introduzione di un tetto per gli stipendi del management delle aziende quotate in Borsa e delle aziende con partecipazione rilevante o maggioritaria dello Stato [C'e' un grande dibattito in corso in Gran Bretagna su questo, ma - di nuovo - esistono mille modi per aggirare questa norma. E ci sono anche delle controindicazioni. Come con gli antibiotici.]

  • abolizione delle stock option [Buonanotte, Beppe.]

  • abolizione dei monopoli di fatto, in particolare Telecom Italia, Autostrade, ENI, ENEL, Mediaset, Ferrovie dello Stato [Io concordo, ma vallo a dire a Bertinotti. Tutti i lavoratori in esubero, poi, che fanno? Come li utilizzi?]

  • allineamento delle tariffe di energia, connettività, telefonia, elettricità, trasporti agli altri Paesi europei [Basta liberalizzare il mercato, consentendo ad operatori esteri di vendere questi servizi da noi. Non avevi detto che volevi abolire i monopoli?]

  • riduzione del debito pubblico con forti interventi sui costi dello Stato con il taglio degli sprechi e con l’introduzione di nuove tecnologie per consentire al cittadino l’accesso alle informazioni e ai servizi senza bisogno di intermediari [D'accordissimo! Solo nessuno ti ha detto che la stragrande maggioranza della spesa pubblica e' data da stipendi e pensioni? Una volta che tutto diventa telematico, se tutti quei pubblici dipendenti non li mandi via, non risparmi quasi nulla, lo sai?]

  • vietare la nomina di persone condannate in via definitiva (es. Scaroni all’Eni) come amministratori in aziende aventi come azionista lo Stato o quotate in Borsa [Giusto. E ho detto tutto.]

  • favorire le produzioni locali [Come? Con le sovvenzioni? Sono altre spese, Beppe. Non dovevi tagliare?]

  • sostenere le società no profit [Come?]

  • sussidio di disoccupazione garantito [Questo lo dice anche Bertinotti da un vita. Qualcuno a Sinistra vuole rispondere alla domanda ("LA" domanda!) che da sempre poniamo noi liberisti, per favore? Per fare questo, ci vogliono diverse centinaia di milioni di euro all'anno: dove li prendiamo, in un Paese la cui spesa in bilancio e' blindata da stipendi e pensioni ai pubblici dipendenti?]

  • disincentivi alle aziende che generano un danno sociale (es.distributori di acqua in bottiglia) [Giusto. Anche questo avra' conseguenze sull'occupazione, ma e' giusto.]
  • .

Saluti,

(Rio)

giovedì 24 settembre 2009

Un condono era una buona idea. Dieci condoni un'oscenità

Salve.

E' di ieri la notizia dell'approvazione, da parte del Senato, del cosiddetto "scudo fiscale", vale a dire di una norma che consente il rientro di capitali relativi ad utili a loro tempo non dichiarati al fisco italiano e trasferiti illegalmente all'estero, a fronte del semplice pagamento delle tasse non versate, con una minima sanzione pecuniaria, ma nessuna conseguenza sul piano penale per il trasgressore.

In altre parole, un condono fiscale.

Senza entrare in dettagli tecnici, lo "scudo fiscale" non può essere utilizzato da chi ha un procedimento giudiziario in corso (e ci mancherebbe che un evasore, vistosi incastrato dai giudici, potesse fare "marameo" ed utilizzare lo scudo fiscale! Così evaderemmo praticamente tutti: se ci prendono, evvai con lo scudo!) e, udite udite, è esteso alle dichiarazioni fraudolente mediante fatture inesistenti, artifici contabili, occultamento o distruzione di documenti e falso in bilancio.

La giustificazione o, come dicono alcuni, il pretesto di questa nuova norma proviene dalla necessità di reperire fondi alla svelta per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto di aprile in Abruzzo.

Inutile dire che, quando il provvedimento arriverà alla Camera, saranno scintille, dentro e fuori dell'aula. Inutile dire che una parte del Paese guarda al Presidente Napolitano come ultima speranza per evitare l'entrata in vigore definitiva del testo.
Inutile dire anche che questo provvedimento, più di molti altri, sta spaccando il Paese a metà.
Da un lato Confindustria, il cui vicepresidente, Alberto Bombassei, dichiara che lo scudo fiscale "non è una cosa bella, etica o morale, ma di fatto è utile al Paese."
Dall'altro l'Associazione Nazionale Magistrati, che invece tuona "Basta amnistie, pena certa!", appena in tempo per sentirsi rimproverare duramente dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, che ricorda "il numero infinito di pronunciamenti dell'ANM su provvedimenti legislativi mentre il dibattito politico è ancora in corso" e che sottolinea: "La nostra Costituzione dice che i magistrati sono soggetti solo alla legge. E la legge la fa il Parlamento!"

In mezzo, milioni di Italiani, alcuni dei quali dicono che - se il fine è veramente quello di ricostruire i centri colpiti dal sisma - forse questa ennesima amnistia è utile; altri, invece, che sbottano che davvero non se ne può più con queste leggi criminali, che rappresentano un insulto verso chi rispetta la legge.

I condoni sono un'invenzione socialista degli Anni '80, ad opera del ministro Formica (PSI), che per primo - se non ricordo male - li utilizzo' in materia edilizia.
Quel primo condono fruttò alle casse dell'erario svariate centinaia di miliardi di vecchie lire, oltre a ridurre notevolmente il numero di accertamenti necessari, contribuendo così ad alleggerire il carico di lavoro di forze dell'ordine e magistratura.
Quel condono, approvato in un clima di scetticismo generale e di grandi divisioni interne nella Sinistra italiana (con scontri verbali ed accuse reciproche nelle due Camere tra i parlamentari del PSI e quelli del PCI), duole dirlo, ma... fu un vero successo.
Funzionò.
Raggiunse perfettamente lo scopo.

Il problema, a parere di chi scrive, non è nella natura dello strumento in sé, ma si pone quando il ricorso a tale strumento diviene sistematico, minando alle fondamenta la credibilità del nostro sistema giudiziario.
Quante volte abbiamo sentito qualcuno dire "Tu fa' pure il capannone abusivo, tanto poi c'è il condono"? Oppure: "Non versare l'IVA, tanto prima o poi ci sarà una sanatoria"?
Sempre l'ANM commenta che "Il diritto penale richiede certezza ed effettività della pena, e non può tollerare un così frequente ricorso ad amnistie o sanatorie".
Ora, se si pensa che l'ambito di applicazione di questo condono è quello dei reati economici e fiscali, il cui accertamento è spesso particolarmente difficile, le parole dell'ANM suonano come un monito davvero ragionevole.

In poche parole, se a chi commette reati in materia fiscale (e che ha già una buona possibilità di non incappare nelle maglie della giustizia), vengono sistematicamente offerte opportunità per rimettersi in regola senza patire conseguenze sul piano personale e patrimoniale, forse si sta veramente inviando un messaggio sbagliato al Paese.
E non soltanto a quella parte del Paese che delinque; anche a quella che, per non delinquere, si sottopone ai sacrifici talvolta vessatori richiesti dalla nostra normativa tributaria.

Uno dei fattori - si dice - per misurare lo stato di salute di una democrazia è dato dalla percezione diffusa della certezza della pena. Nel Paese dei Condoni, dubito che questo sia il caso.

Saluti,

(Rio)

mercoledì 23 settembre 2009

"Selezionare gli interlocutori in Afghanistan" (di Emma Bonino)


Dal "Corriere della Sera" di un mese fa (17 agosto 2009), una lezione della Senatrice Radicale Emma Bonino su come si aiuta veramente la democrazia in Afghanistan.

A chi e' scettico, ricordo che la Bonino e' una che "bazzica a Kabul" da molti anni, prima come fondatrice o semplice membro di organizzazioni di volontariato, poi anche come rappresentante ONU.
Di conseguenza, quello che scrive e' dettato molto piu' da lunghe esperienze concrete sul campo, che da semplici convincimenti ideologici personali.
La sintesi dell'articolo e' mia.


L’IMPUNITA’ PER I CRIMINALI DI GUERRA METTE A RISCHIO IL FUTURO DELL’AFGHANISTAN

[...]
Alla vigilia del voto in Afghanistan [l'articolo e' di fine Agosto 2009], in Italia si è acceso un dibattito centrato principalmente sulla presenza militare, intervallato da parole d’ordine populiste.
Il problema del ruolo e delle regole d’ingaggio delle forze NATO è sì un aspetto importante, che richiederebbe un dibattito serio, ma non è il solo.
Anche se i contingenti militari presenti riusciranno a neutralizzare i tentativi dei Talebani di impedire il regolare svolgimento del voto, la comunità internazionale non avrà aiutato l’Afghanistan nel processo di costruzione dello Stato di diritto se non affronterà la questione dei criminali di guerra, che dopo le elezioni potrebbero acquisire posizioni-chiave in seno alla nuova amministrazione.

Dalla fine del regime dei Mullah, nel 2001, le istituzioni statali sono state troppo spesso influenzate dalla presenza di personaggi dal passato più che discutibile, molti dei quali signori della guerra che hanno commesso atrocità nei confronti del loro popolo.
In un Paese dilaniato da anni di guerra, sarebbe da ingenui pensare di escludere dal processo politico chiunque abbia avuto o mantenga legami con gli ex-combattenti. Se nessun leader Talebano venisse coinvolto l’instabilità del Paese crescerebbe, alimentata dal denaro proveniente dal traffico illecito di droga.
[...]
La vera questione sta quindi nel processo di selezione degli interlocutori, perché coinvolgere i responsabili delle violenze del passato sarebbe come dire al popolo afgano che nulla è destinato a cambiare e che l’impunità sarà sempre il principale parametro di giustizia.
[...]
Sul fronte della giustizia penale le basi per lo sviluppo di un ordinamento conforme agli standard internazionali sono state facilitate dal lavoro congiunto della Commissione Indipendente Afgana sui Diritti Umani e di "Non c’è Pace Senza Giustizia", che hanno realizzato un progetto di mappatura del conflitto.
Attraverso le testimonianze di oltre 7.000 persone, intervistate in tutte le 34 province afgane, è stato possibile ricostruire i crimini commessi dal 1978 ad oggi, gli spostamenti delle bande di guerriglieri, gli schemi di conflitto delle fazioni in lotta.
[...]
Se davvero l’Europa e gli altri Stati che dicono di voler lavorare per la stabilità della regione intendono attuare misure utili a far uscire l’Afghanistan dalla spirale di violenza, devono smettere di favorire l’impunità, evitando per quanto possibile che i colpevoli assumano posizioni di potere e promuovendo la riconciliazione, anche attraverso la ricostruzione e lo sviluppo economico del Paese.
[...]

Emma Bonino
(Vicepresidente del Senato e fondatrice di Non C’è Pace Senza Giustizia – www.npwj.org)

martedì 22 settembre 2009

La Finanziaria 2010-2012: prime impressioni

Salve.

Il Governo Berlusconi ha appena completato la discussione interna sulla Legge Finanziaria 2010-2012, confermando la scelta triennale nella pianificazione di spesa delle risorse pubbliche, per limitare l'assalto alla diligenza di lobby e partiti. Dato il momento di difficoltà per le finanze pubbliche, si tratta di una manovra definita "leggera", di complessivi 3,4 miliardi di euro, ripartiti nell'arco di tre anni.

E' apprezzabile sia lo sforzo di rivedere la pianificazione in una prospettiva che vada oltre l'orizzonte annuale (contenendo gli effetti perversi degli "emendamenti", che facevano lievitare la spesa ed il debito pubblico di molto, rispetto alle previsioni iniziali), sia l'atteggiamento realista di mantenere alcune risorse "libere" da vincoli: circa 8 miliardi di euro, accantonati per fronteggiare con tempestività le emergenze del lavoro.

Tuttavia, da un'analisi di massima delle voci di spesa, emergono alcune considerazioni - a parere di chi scrive - davvero sconsolanti.
Queste considerazioni prescindono dal "colore politico" del governo, ma diventano ancora più tristi se si pensa che ad presentare la finanziaria non sia un esecutivo di Sinistra guidato da Fausto Bertinotti, bensì un governo di Centrodestra, che si dice "liberista", guidato dall'imprenditore Silvio Berlusconi.

Nel 2010, ad esempio, si stanziano circa 690 milioni di euro per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego, di cui 350 per i contratti direttamente a carico dello Stato (Ministeri, e diversi enti "centrali").
Sin qui, nulla di strano. Sono pochi soldi, certo, ma le risorse complessive sono quelle che sono.
Ciò che colpisce è la destinazione di gran parte di quei 350 milioni: infatti, di quei soldi, ben 215 milioni (ovvero, circa il 61%) sono destinati al personale contrattualizzato (leggi: assunto), mentre soltanto 135 milioni (il 38%) ai precari della Pubblica Amministrazione.

Ora, non è per spirito polemico ma, in tempi di grave crisi come questa, non sarebbe lecito attendersi un forte spostamento di risorse dai lavoratori più tutelati a quelli meno tutelati?
Non siamo alla solita codardia di tutti i governi che, pur di non dover fronteggiare l'ira della Trimurti Sindacale (a cui - notoriamente - dei precari non importa nulla, ma dei lavoratori loro tesserati nei Ministeri sì), sottrae risorse ai soliti "servi della gleba" per assicurare copertura agli scatti salariali di chi ha già un posto di lavoro garantito?
Perché in questo Paese si fa un gran parlare di principi come solidarietà ed uguaglianza e poi, puntualmente, li si tradisce?

Un'altra considerazione triste scaturisce dalla spesa per l'università e per la ricerca. Ci sono Paesi che spendono una quota significativa del PIL nazionale per finanziare l'istruzione universitaria superiore e la ricerca scientifica. Il governo Berlusconi si vanta di "aiutare" il know-how del Paese a crescere con un bel 5-per-mille (signori, lo 0,5%!) dei proventi, niente affatto certi, che potrebbero o che si spera dovrebbero derivare dalla lotta all'evasione e dallo scudo fiscale.
Qualcuno lo ricordi ai movimenti studenteschi, quando decideranno di scendere in piazza contro la Gelmini, che altro non fa se non... distribuire briciole.

Del resto, che volete farci?
Non possiamo contrariare il funzionario ministeriale che prende 14 mensilità da 3.000 euro per lavorare 35 ore alla settimana, non facendogli trovare i 90 euro lordi di aumento in busta paga...

Saluti,

(Rio)

lunedì 21 settembre 2009

A (s)proposito dell'indagine dell'Espresso su Brunetta...

Ciao.

Da qualche giorno gira su internet un video confezionato dal settimanale L'Espresso dal titolo "La verità su Brunetta", che sintetizza i risultati di un'indagine sul passato pubblico e privato del cosiddetto ministro "castiga fannulloni".
Sia chiaro: non c'è assolutamente nulla di male nel fatto che L'Espresso, come qualsiasi altra testata, indaghi sulla vita pubblica e -- perché no? -- anche privata di un Ministro della Repubblica. Si tratta di esercitare un diritto costituzionalmente garantito, oltre che di un dovere etico ad informare i cittadini. Per quel niente che vale, esprimo la mia personale gratitudine per l'iniziativa dell'Espresso e per ogni altra iniziativa analoga.

Tuttavia, ciò che colpisce dalla visione del filmato è la pressoché totale inconsistenza delle accuse rivolte al secondo nano più famoso d'Italia, che dall'indagine dell'Espresso ne emerge semplicemente come il tipico pesce in barile italiano, uno che "sa star a galla", uguale a molti milioni di suoi concittadini che hanno usufruito delle stesse circostanze favorevoli, siano essi di Destra o di Sinistra.

Caviamoci subito un dente: chi scrive questa nota è Radicale e, quindi, non certo un amico di questo governo.

Anche se non mi meraviglio che l'iniziativa di indagare sulla vita di Brunetta nasca dall'Espresso e non da un giornale "vicino" a Berlusconi, riconosco che questo non sia importante, se il contenuto del filmato è veritiero.
E, sempre a parere di chi scrive questa nota, il filmato dice effettivamente la verità.

Naturalmente, se L'Espresso avesse trovato "di più" sull'«odiato Brunetta», non avrebbe certo evitato di riferirlo, nella propria indagine...

Il video dell'Espresso è attualmente (20 Settembre 2009) disponibile a questo link del quotidiano "La Repubblica":
http://espresso.repubblica.it/multimedia/home/3671846

Siete invitati, prima di proseguire nella lettura di questa nota, a guardarlo con attenzione. E' gradevole, strutturato "in stile Report", e dura meno di quattro minuti. Poi, vi esorto a tornare qui e a continuare a leggere.

- - - -

Visionato il filmato?
Vediamo adesso, una per una, le accuse che L'Espresso rivolge al ministro Renato Brunetta.


1. Le consulenze pubbliche
Non è ben chiaro da quale pianeta discendano i giornalisti ed i lettori dell'Espresso, ma che le consulenze pubbliche, come anche i fondi pubblici per lo spettacolo o quelli per finanziare i «progetti» delle "associazioni culturali" no profit, siano distribuiti perlopiù in base a logiche clientelari e non di merito io lo so da quando avevo i brufoli alle scuole medie.
Personalmente, non conosco alcun libero professionista, ricercatore, dottore di ricerca (per non citare i professori universitari) che disdegnerebbe di fare consulenze agli Enti Locali (Comuni e Province), come anche a quelli territoriali e figuriamoci ai Ministeri!
Se non altro perché sono soldi (spesso, ma non sempre) più facili e sicuri.
Qualcuno all'Espresso crede forse che il problema delle consulenze distribuite perlopiù su base clientelare riguardi solo il Centrodestra? Si sono già dimenticati della multa miliardaria in lire che la Corte dei Conti inflisse a Rutelli, quando era sindaco di Roma, per consulenze distribuite ad amici e conoscenti? E cito Rutelli solo per fare un esempio: mostratemi una Giunta comunale (di qualsiasi colore!) e vi farò vedere una Giunta comunale che ha distribuito qualche consulenza facile. Immaginatevi cosa succede nei Ministeri, dove la visibilità è minore. Ma se volete continuare a pensare che certe cose accadano solo a Brunetta o solo al Centrodestra, fate pure: ognuno è padrone delle proprie illusioni. :)

2. La carriera universitaria
E' tutto vero. Agli inizi degli anni '80 fu approvato un DPR scellerato, veramente da incoscienti, che permise di acquisire l'abilitazione a professore associato con referenze e curriculum minimi.
Ne approfittarono tutti, ovviamente: siamo in Italia, qui, mica sul "Pianeta Espresso".
Nello stesso periodo -- ma non ricordo se in base alla stessa norma oppure ad un'altra approvata in quegli anni -- tutti i ricercatori "precari" divennero effettivi. Così, per decreto.
Per la cronaca, il risultato di queste norme, che giustamente vengono considerate una vera e propria «moratoria» è che, di fatto, per oltre 20 anni si è impedito alle nuove leve l'accesso alla carriera universitaria. A farne le spese, neanche a dirlo, la "solita" generazione di sfigati nati a partire dagli anni '70. Quella dei co.co.pro., per intenderci.
Ma Brunetta, come tutti quelli che erano al posto giusto al momento giusto, ne ha usufruito. Lo si accusa di non essere un santo? Cosa avrebbe dovuto fare, dire di no e darsi al precariato?
Si dice ancora nel filmato che Brunetta abbia ottenuto la cattedra solo nel terzo ateneo dell'Abruzzo e che, quindi, non fosse certo da Nobel. Che Brunetta sia da Nobel lo dice solo lui (se mai l'ha detto) e qui nessuno sottoscrive. Come tutti, anche Brunetta è padrone delle proprie illusioni. :)
Ma io conosco fior di dottori di ricerca, ricercatori ed associati che hanno trovato spazi solo in sedi universitarie di infimo ordine. La carriera universitaria è così, almeno in Italia: non è mai stata meritocratica. Brunetta si è solo mosso bene in queste acque torbide.
Sia chiaro che c'è chi -- a Destra ed a Sinistra -- negli atenei si è saputo muovere molto, molto meglio di lui. Ma che colpa sarebbe, questa?

3. Il periodo da Europarlamentare
Qui -- scusate -- ma veramente i giornalisti dell'Espresso hanno voglia di scherzare: c'è un regolamento del Parlamento Europeo che prevede che gli Europarlamentari debbano presenziare ad almeno il 40% delle sedute, per avere diritto alle indennità.
Brunetta totalizza, opportunisticamente, il 42% e prende l'indennità.
Qualcuno all'Espresso si stupirebbe se, controllando le percentuali di presenza degli altri Europarlamentari (italiani e non), in media non si andasse molto lontani da quel 40%?
E il rimborso per i voli?
Se il Parlamento Europeo concede rimborsi per i viaggi degli Europarlamentari su base forfetaria e non a piè di lista (leggi: in base alle ricevute effettivamente presentate per rendicontazione), tutti gli Europarlamentari saranno andati a Strasburgo in autostop o a piedi scalzi, come i pellegrini, pur di mettersi in tasca i soldi del rimborso fisso!
E' per questo che oggi nessuno più, nemmeno alle Nazioni Unite (!), concede rimborsi forfetari.
Ma dove vivono, all'Espresso?
E le auto blu?
Lui ha chiesto per iscritto di averne assegnata una. Il video non dice se gliene abbiano effettivamente data una oppure no (io non credo...) ma, se pure fosse, lui l'ha formalmente richiesta e quelli gliel'hanno formalmente concessa. La colpa sarebbe di Brunetta o dell'idiota euro-burocrate che gli ha detto di sì? :)

4. L'acquisto di immobili
A parte che il video parla dell'acquisto di sole due proprietà immobiliari, casa sua a Roma e la villa delle vacanze a Ravello, il che non mi pare nulla di più di quello che fa la maggior parte della gente (l'ex sindaco di Bari, Simeone Di Cagno Abbrescia, con i suoi svariati immobili nella città vecchia, batte ampiamente il secondo nano più famoso d'Italia), anche qui Brunetta non ha fatto altro che di usufruire -- insieme a molti, molti altri di Destra e di Sinistra -- di una normativa, quella delle privatizzazioni e delle cartolarizzazioni degli immobili di enti previdenziali ex pubblici, approvata e confermata (cioè mai abrogata!) dai governi di epoca «prodiana e berlusconiana» nei primi anni '90.

In breve, negli anni '70 e '80 c'era una casta di privilegiati, alcuni cittadini comuni, alcuni professionisti "in vista", molti parenti ed amici di politici di tutti gli schieramenti, che pagavano affitti ridicoli per abitare in immobili di pregio, di proprietà di enti pubblici, in genere enti previdenziali o assistenziali (INPS, INAIL, eccetera), collocati per la maggior parte a Roma, ma non solo.
Tra questi inquilini, tra gli altri, c'erano anche alcuni parenti di Massimo D'Alema e di altri esponenti dell'attuale PD.

Con le privatizzazioni, si è concesso agli inquilini di riscattare la proprietà dell'immobile a prezzi "di favore".
Alzi la mano chi crede che l'abbia fatto solo Renato Brunetta.

Era una legge della Repubblica. Assurda, sia chiaro (lo Stato avrebbe dovuto mettere all'asta quegli immobili di pregio!), ma era una legge approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento.
Chiedetevi perché "a larghissima maggioranza" e scendete dalla luna, per favore, ché ormai siete grandi.

E veniamo alla mega-villa di Ravello, sulla Costiera Amalfitana. Qui il filmato non è chiaro: Brunetta aveva la cubatura per fare quei lavori di ristrutturazione, sì o no? Se non l'aveva, saremmo dinanzi ad un abuso edilizio, un reato perpetrato -- tra l'altro -- in un'area bellissima del Paese!
Brunetta andrebbe perseguito, se fosse così!

Ma questo L'Espresso non lo dice.
E allora posso dubitare che, se l'indagine dell'Espresso avesse scoperto un reato commesso da Brunetta, non l'avrebbe denunciato chiaramente, oppure sono io che ho perso l'innocenza dell'infanzia e penso sempre a male di tutti? :)

Al contrario L'Espresso sembrerebbe insinuare -- con uno stile "dico-non dico" degno del miglior Buttiglione -- che il sindaco di Ravello avrebbe concesso non meglio precisati "permessi" (si tratta di normali permessi a costruire? Oppure di una variante al Piano Regolatore per aumentare la cubatura a disposizione di Brunetta e permettergli di costruire una mega villa? Il filmato glissa su questo e, di nuovo, se così fosse, perché mai L'Espresso dovrebbe "coprire" le nefandezze del ministro?), tutto ciò in cambio di consulenze al Ministero.
Bene: se c'è un'ipotesi di reato, che L'Espresso denunci Brunetta ai Carabinieri e che la Procura della Repubblica indaghi.
Ma, per quel che è noto sui procedimenti amministrativi degli Enti Locali, non è il sindaco che concede i permessi, bensì il Settore "Edilizia Privata" del Comune.
Allora pure i funzionari di tale Settore che hanno istruito la pratica ed il dirigente che l'ha firmata avrebbero forse commesso un illecito?
Ed in cambio di che cosa?
Hanno ottenuto consulenze a Roma anche loro?
O forse sarebbero stati vessati, mobbizzati, ricattati dal sindaco?
Perché L'Espresso non chiarisce meglio ciò che intende denunciare nel filmato, in merito alla villa di Ravello?

5. La morale della favola
Se questa è la verità su Brunetta, io sarei abbastanza tranquillo, posto che Brunetta ne viene fuori come l'Italiano medio e che io ritengo che in Italia nessuno sia un "santo"; tanto meno a Montecitorio o a Palazzo Chigi.
Tuttavia, al Renato Brunetta di oggi, pur simpatico come il mal di denti di notte, vanno riconosciuti meriti innegabili, quantomeno in termini di coraggio: Brunetta è abbastanza pazzo, esaltato ed arrogante per mettersi contro tutto il Paese per portare avanti le battaglie in cui crede.
Per favore, sia chiaro: questo NON è un problema di orientamento politico.
Io un Brunetta del Centrosinistra lo accoglierei a braccia aperte, così da essere certi che, chiunque governi, PD o PdL, "un Brunetta" ci sia.

Perché se aspettiamo che a fare le riforme sia uno che non abbia usufruito delle circostanze favorevoli del passato, in Italia attenderemmo probabilmente in eterno.

Saluti,

(Rio)

P.S. Se pure, come sostengono i suoi detrattori, il ministro Brunetta non avesse ottenuto alcun risultato concreto (e io non credo sia così), il DLgs 112/98 rappresenterebbe sempre un momento di svolta in Italia nei rapporti tra lo Stato ed i dipendenti del Pubblico Impiego.
E' come se si dicesse: "In una fase di crisi profonda, in cui le aziende chiudono e gli operai perdono il posto di lavoro, voi dipendenti della P.A. siete gli unici inamovibili, il cui stipendio è e rimane garantito. Avete molti diritti e nessuno ve li tocca; ora però parliamo anche di doveri. Per una volta, scusateci, ma vi chiediamo anche qualcosa, in cambio di tutta questa sicurezza".

giovedì 17 settembre 2009

Perche' la Consulta deve bocciare il Lodo Alfano (detto da uno che NON e' di Sinistra)

Salve.

E' del 17 Settembre 2009 la notizia che l'Avvocatura dello Stato ha presentato un documento di 21 pagine alla Corte Costituzionale per invitarla a votare a favore della costituzionalita' della norma, nota come Lodo Alfano, che assicura la sospensione dei processi - anche di quelli gia' in corso - per le quattro piu' alte cariche dello Stato (Presidente della Repubblica, Presidente del Senato, Presidente della Camera e Presidente del Consiglio dei Ministri).
Le ragioni addotte vanno dai "rischi di ingovernabilità" sino a non meglio precisati (almeno non sui giornali) "danni in gran parte irreparabili alle funzioni elettive".

Chi scrive questa nota e' di orientamento Radicale e liberista, quindi NON e' un elettore dei DS e NON e' un fan di quel Dario Franceschini che ha costruito la propria popolarita' tra i militanti con la bava alla bocca come lui, sputando quanto piu' vomito verde possibile in faccia a chiunque fosse anche solo vagamente riconducibile al PdL.

Tuttavia, chi scrive trova le tesi dell'Avvocatura dello Stato quantomeno bizzarre e considera il Lodo Alfano una contraddizione in termini sul piano logico, ancora prima che giuridico; uno strano (per non dire sospetto) parto legislativo di cui liberarsi al piu' presto. Questo non tanto nell'interesse politico del Centrosinistra e di Franceschini, che vuol godere vedendo finire l'odiato Berlusconi nel fango, quanto nell'interesse degli stessi elettori di Centrodestra, oltre che dell'intero Paese.

Chi scrive trova assurdo il Lodo Alfano proprio perché contraddice gli stessi principi sui quali e' stato concepito: garantire stabilita' e governabilità al Paese.

Infatti, che razza di "tutela della governabilità" sarebbe quella che deriva dal fatto che l'intero Paese non sa se un Presidente del Consiglio con decine di capi d'imputazione per reati gravi sia colpevole oppure no?
Per garantire una migliore governabilità e stabilita' al Paese quei processi andrebbero piuttosto ACCELERATI, e non rimandati, lasciando pendere sulla credibilita' dell'Esecutivo (o addirittura della Presidenza) del nostro Paese dubbi cosi' gravi e cosi' a lungo.

Se l'Avvocatura dello Stato teme per gli "effetti politici" che la bocciatura del Lodo Alfano potrebbe avere in un "Paese reale" (il testo virgolettato cita il documento) minato da processi lunghissimi e fughe di notizie "prima che queste siano passate attraverso la necessaria verifica processuale", ma perche', invece di uno scudo che rimanda i processi alle calende greche, il Parlamento non approva una norma che obblighi la magistratura ad ACCELERARE i processi alle quattro piu' alte cariche dello Stato?

Una sorta di corsia preferenziale, perché - se il Presidente del Consiglio riceve un'informazione di garanzia o e' addirittura inquisito - non e' giusto ne' serio che il Paese debba aspettare i normali tempi processuali (di Matusalemme) per scoprire se questi ha commesso il fatto oppure no; vale a dire, per sapere se e' governato da un Presidente del Consiglio degno oppure no.

All'alta carica dello Stato andrebbe garantito un processo lampo, invece, anche a costo di rimandare i processi dei "comuni" cittadini, destinando a quel particolare e delicato procedimento quante piu' risorse possibili da parte del sistema giudiziario, obbligando per legge i magistrati a spostare qualsiasi altro impegno, anche le altre udienze, impedendo loro di rallentare l'iter processuale per fare consulenze personali e, al limite, anche sospendendo loro le ferie (come si fa con i medici), se necessario.
Questo nell'interesse generale del Paese.

Saluti,

(Rio)

martedì 15 settembre 2009

Le 12 Domande del giornalista e blogger Paolo Attissimo ai complottisti dell'11 Settembre

Ciao.

Dato che pare vada di moda porre domande pubbliche a qualcuno (come anche sia di moda che nessuno risponda mai), elenco di seguito le dodici domande che il celebre giornalista e blogger Paolo Attivissimo, ben noto per le sue posizioni rigorosamente scientifiche, ha rivolto qualche tempo fa ai complottisti dell'11 Settembre.

Non so voi, ma io sono infastidito dall'immancabile marea di cazzate sull'attentato alle Twin Towers ed al Pentagono che sistematicamente torna a circolare sul web in occasione del triste anniversario.
Casomai qualcuno non lo sappia, esiste ed e' possibile scaricare liberamente il monumentale, documentatissimo libro digitale Crono911, che spiega in italiano tutta la vicenda dell'11 Settembre, con la ricchezza che soltanto otto anni di indagini, montagne di documenti prima segretati e una ricerca meticolosa possono consentire.
Tutto in modo scientifico; leggi: niente cazzate.
Per chi fosse interessato, il link per il download e' questo: http://nuke.crono911.org/

Ed ora le 12 domande di Paolo Attivissimo (il cui celebre blog "Il Disinformatico" potete trovare qui: http://attivissimo.blogspot.com/ ):

1. Sapete descrivere in dettaglio come sarebbe stato realizzato il complotto secondo la vostra teoria?
Parlate sempre di “versione ufficiale” che non sta in piedi: vediamo se sta in piedi la vostra “versione non ufficiale”. Per esempio, descrivete con precisione in che modo sarebbero stati demoliti i due grattacieli di 400 metri delle Twin Towers, il grattacielo WTC7 e gli altri cinque edifici circostanti; indicate come e dove sarebbe stato piazzato l’esplosivo nelle Torri Gemelle e nel WTC7 senza che nessuno se ne accorgesse, e quanti specialisti e quanto tempo sarebbero stati necessari per farlo; specificate quale tipo di esplosivo avrebbe evitato di produrre un’onda di pressione tale da spingere in fuori tutti i vetri dell’edificio e produrre il botto secco, potente e inconfondibile di un’esplosione, come fanno necessariamente tutti gli esplosivi; spiegate come sarebbe stato possibile far credere ai testimoni oculari al Pentagono di aver visto un aereo di linea lungo 40 metri e largo 38 colpire l’edificio quando in realtà era un missile; dite come e quando sarebbero stati collocati dentro il Pentagono i resti dei passeggeri dell’aereo e come gli organizzatori della messinscena si sarebbero procurati i loro effetti personali. Ripetete la spiegazione dei resti e degli effetti personali per l’aereo caduto in Pennsylvania. Buona fortuna.

2. Perché gli organizzatori del complotto avrebbero dovuto concepire una messinscena così incredibilmente rischiosa, complicata e incoerente?

Date una buona ragione per usare aerei più esplosivi per distruggere le Torri Gemelle, ma niente aerei per abbattere il WTC7 (il terzo grattacielo che crollò a New York), per spacciare missili per aerei di linea al Pentagono invece di usare aerei come alle Torri Gemelle, per inventare telefonate assolutamente impossibili dal volo finito contro il Pentagono e da quello caduto in Pennsylvania. Spiegate perché sarebbero state necessarie tutte queste complicazioni ad altissimo rischio di fallire e di lasciare tracce rivelatrici.

3. Quante persone sarebbero coinvolte nel complotto, secondo la vostra teoria?

Elencate soltanto quelle che si sarebbero dovute occupare di attività chiaramente sospette, come per esempio la falsificazione delle 66 telefonate dagli aerei, il piazzamento degli esplosivi nelle Torri Gemelle e nel WTC7, la sparizione dell’aereo di linea diretto contro il Pentagono e dei suoi passeggeri, la preparazione e il lancio del missile al posto di quell’aereo, la disseminazione dei resti dei passeggeri e dei finti rottami al Pentagono e a Shanksville, la falsificazione dei messaggi di rivendicazione di Osama bin Laden e la sorveglianza e minaccia di tutti i vigili del fuoco di New York e di tutti gli ingegneri edili del mondo affinché non rivelino mai nulla ma anzi confermino la “versione ufficiale”.

4. Secondo le vostre teorie, il NORAD, l’ente militare incaricato della difesa aerea statunitense, avrebbe ricevuto ordini di non intervenire, ma il NORAD è un comando congiunto USA-Canada; ma allora anche i militari canadesi fanno parte del complotto?

5. Se dite che le Torri Gemelle furono distrutte tagliando istantaneamente tutte le sue colonne usando una sostanza chiamata “termite” o “supertermite”, perché non ci dimostrate che questa sostanza è in grado di tagliare nello stesso modo almeno una singola colonna d’acciaio? Prendete una trave d’acciaio, anche più piccola di quelle che componevano le colonne delle Torri, mettetela verticale e fateci vedere che riuscite a tagliarla di colpo con la vostra sostanza. Usatene quanta ne volete. I documentaristi del National Geographic ci hanno provato e non ha funzionato. Buona fortuna.

6. Come spiegate che gli ingegneri strutturisti e gli esperti di demolizioni controllate di tutto il mondo e i vigili del fuoco di New York negano le vostre teorie? Spiegate se fanno tutti parte del complotto, se sono corrotti o minacciati. Spiegate come mai nessuno di loro, sopraffatto dal senso di colpa, in tutti questi anni ha mai confessato o s’è suicidato lasciando una lettera che rivelasse tutto. Spiegate come funzionerebbe di preciso il sistema dell’omertà ermetica che teorizzate: per esempio, se si viene informati del grande segreto e minacciati o corrotti prima o dopo aver conseguito la laurea in ingegneria strutturale o essere stati assunti come pompieri. Spiegate come sarebbe possibile gestire coloro che rifiutano di partecipare a quest’omertà.

7. Dove sono le vostre prove? Voi chiedete prove su prove della “versione ufficiale”, ma dove sono quelle della vostra versione? Dove sono i rottami di missile al Pentagono? Dove sono i testimoni che dicono di aver visto un missile anziché un aereo o confessano di aver piazzato per finta i resti dei passeggeri? Dove sono i detonatori e i cavi elettrici usati per comandare la demolizione delle Torri Gemelle, che sarebbero rimasti nelle macerie?

8. In otto anni, non avete prodotto neanche una prova schiacciante e non siete neppure riusciti a formulare una teoria alternativa unificata e coerente: perché dovremmo ascoltarvi ancora?

9. Se lo scopo dell’11/9 era fornire una giustificazione per l’intervento in Iraq e Afghanistan, perché gli organizzatori del complotto avrebbero attribuito a tutti i 19 dirottatori identità di paesi amici, come l’Arabia Saudita, l’Egitto, il Libano e gli Emirati Arabi? Perché non inventarsi che erano iracheni, siriani o iraniani? Perché non dare loro legami espliciti a gruppi terroristici come quello di Abu Nidal, Hezbollah, Fatah, Hamas? Non vorrete farci credere che i servizi segreti USA dovessero dare in subappalto ai sauditi la falsificazione dei passaporti dei dirottatori e non fossero capaci di fabbricarne diciannove iracheni, afghani o siriani.

10. Se i dirottatori sono ancora vivi e addirittura sapete dove si trovano, perché non chiedete loro di mandarvi una semplicissima videocassetta in cui si presentano mostrando il giornale di oggi? Se ci riescono bin Laden e Al-Zawahiri senza farsi prendere, non si capisce perché a voi servano “due o tre milioni di euro in più” per farvi mandare una cassettina e ottenere così quella che sarebbe la prova schiacciante che avete ragione.

11. Se i mandanti di questo complotto sono così spietati da aver massacrato migliaia di persone, addirittura di propri concittadini, e da indurre al silenzio in tutto il mondo vigili del fuoco, ingegneri, architetti, controllori di volo e piloti, perché i complottisti sono ancora vivi e liberi di parlare in TV, nella stampa e su Internet nonostante minaccino di rivelare tutti i dettagli dell’orrendo crimine? Non rispondete dicendo che i complottisti sono troppo in vista nei media per essere eliminati senza destare sospetti: sarebbe banale eliminarli prima che si mettano in vista oppure organizzare un incidente d’auto. Eppure non succede: spiegate perché.

12. C’è qualcosa, qualche prova, che potrebbe mettere in dubbio la vostra tesi che l’11/9 fu un auto-attentato? Se rispondete “No”, avete appena dimostrato che la vostra non è un’indagine basata su prove e fatti, ma è una posizione preconcetta.

Ciao,

(Rio)

PS. Il sito di un blog SERIO sull'11 Settembre:
http://undicisettembre.blogspot.com/

domenica 13 settembre 2009

Nooo! Il "Grande Centro" nooo...!

Ciao.

Lo scenario politico italiano di questo travagliato inizio millennio non e' certo carente di idee deprimenti, spiacevoli o, in alcuni casi, persino ignobili.
Ma se dovessi citare l'elemento che piu' mi fa temere -- letteralmente preoccupare -- per il futuro del Paese, questo non e' certo ne' il vetero-comunismo dell'anchilosato Bertinotti, ne' il decadente regno personale dell'imperatore e puttaniere Silvio Berlusconi, ne' tanto meno il secessionismo populista della Lega Nord.

Io ho paura -- no, io ho TERRORE -- del "Grande Centro".

Ipotizzato per la prima volta da Pierferdinando Casini alcuni anni or sono e ribadito, con il consueto stile implicito "dico-non-dico" da Rocco Buttiglione, il ritorno della Democrazia Cristiana (perche' di quello si tratta!) quale forza politica di Centro ed ago della bilancia di tutte le coalizioni elettorali, fossero esse di Centrosinistra o di Centrodestra, rappresenterebbe il colpo di grazia, il fendente alla gola di un Paese gia' nel pieno di una crisi sociale ed economico-finanziaria senza precedenti.

Non sono lontani gli anni in cui il Partito Socialista Italiano di Bettino Craxi ricopriva il ruolo di ago della bilancia in tutti i governi a maggioranza democristiana, inserendo costantemente un elemento di ricatto politico nella distribuzione di poltrone ed incarichi, ed impedendo -- di fatto -- qualsiasi riforma di ampio respiro.
Il solo vero elemento di innovazione che Craxi apporto' fu in politica estera, nei rapporti con gli Stati Uniti, in cui si rivelo' (per fortuna) molto meno propenso ad assecondare i voleri della NATO, in particolare nei rapporti con il mondo arabo.
Per il resto, gli anni dell'«ago della bilancia» ci hanno regalato alcune tra le peggiori nefandezze nella storia della Repubblica, il cui enorme peso sociale ed economico noi paghiamo ancora adesso. Cito, ad esempio, le pensioni baby, la creazione di molti Enti inutili (come se la DC nei precedenti trent'anni non ne avesse istituiti gia' abbastanza) e l'impennata esponenziale del debito pubblico.

Mentre Margareth Tatcher, in Gran Bretagna, metteva a ferro e fuoco il vecchio modello sociale "dalla culla alla tomba" per restituire un futuro economicamente sostenibile al Regno Unito, in Italia -- dove avevamo bisogno di riforme altrettanto radicali -- i Governi di coalizione DC-PSI (con la complicita' dei Sindacati) fingevano di vivere ancora nel migliore dei mondi possibili e facevano debiti.
Molti dei nostri guai di oggi provengono da li'.

Ma torniamo al "Grande Centro".
Sinora il sogno di Casini e Buttiglione sembrava destinato a restare tale, per la semplice ragione che non c'erano i numeri. Casini e Buttiglione, insieme, non rappresentavano nulla che potesse impensierire i due grandi partiti di maggioranza, PdL e PD.

Ma le cose stanno cambiando rapidamente, da quando Gianfranco Fini, da una parte, e Francesco Rutelli, dall'altra, guardano al Centro.

Se il clima di disaffezione nei confronti delle due piu' grandi formazioni politiche italiane dovesse aumentare, se il solco tra Berlusconi e Fini e quello tra Rutelli e il PD dovesse divenire piu' profondo, il pericolo di ritrovarsi tra i piedi un nuovo «ago della bilancia», pronto a fare subdolamente da elemento di ricatto, da spada di Damocle sospesa sulla testa di ogni scelta politica, rappresenterebbe uno scenario reale.
E tutto questo accadrebbe proprio in un momento in cui, invece, occorrono governi forti per fare scelte coraggiose e antipopolari.

"Piove sul bagnato" si dice in questi casi.

Saluti,

(Rio)

giovedì 10 settembre 2009

Il giornalismo e la democrazia: differenze e punti in comune tra il caso di Report e quello di AnnoZero.

Ciao.

Qualche riga per commentare l'evento clou di fine estate, ovvero il ritiro da parte della RAI della copertura legale a Milena Gabanelli ed al suo celeberrimo programma d'inchiesta "d'assalto", Report.

Inutile dire che, se la redazione di Report, tutte le volte che viene querelata, deve pagarsi le spese legali da sé, finirà molto presto in bancarotta e chiuderà i battenti. Va bene il coraggio del cronista, va bene la ricerca della verità, anche quando e' scomoda, va bene lo spirito del giornalismo d'assalto, ma pretendere che la Gabanelli faccia la Giovanna D'Arco dell'informazione libera e' insensato.

Senza copertura legale, Report semplicemente non va avanti.

Personalmente, ritengo Report il miglior programma d'informazione ed attualità espresso dal sistema radiotelevisivo pubblico italiano negli ultimi vent'anni; e non mi sbilancio oltre solo perché -- con l'età -- la mia memoria di ferro comincia... ad arrugginirsi.
Io, che non sono di Sinistra, l'ho sempre trovato equilibrato, serio, scevro dai facili populismi che hanno fatto ed ancora fanno la fortuna di tanti programmi d'informazione, accurato nelle fonti, anzi quasi "scientifico" nella documentazione.
In poche parole, per quel poco che valgono pronunciate da un ex pubblicista come me, Report e' un gran bel pezzo di giornalismo tv.

Ne' posso dire di essere "un fan" di Milena Gabanelli, che non buca lo schermo, non ha alcun particolare carisma mediatico ed ha alle volte uno stile algido e distaccato, ma che mostra esattamente quel che ci si aspetterebbe dalla conduttrice di un programma d'attualità equilibrato e serio.

Di serietà in TV ce n'e' davvero poca; nella TV italiana, ancora meno che in quella straniera. Questo rende ancora piu' assurda la decisione di minare alle fondamenta un programma televisivo come Report.

Spero davvero che la RAI, in osservanza ai propri obblighi di sistema radiotelevisivo pubblico, ritorni sulla decisione. Gli internauti, intanto, se vogliono, possono firmare una petizione elettronica qui:

http://www.firmiamo.it/firmaasostegnodireport

Cio' premesso si registra, immancabile come sempre, il tentativo opportunistico di creare un inesistente parallelo tra "Report" ed "AnnoZero". Due programmi TV minacciati dall'establishment politico attuale, e' vero, ma che -- scusatemi -- si fa davvero fatica ad accostare.
Michele Santoro e' semplicemente un uomo politico travestito da giornalista, ovvero un attivista con idee, mi sia concesso, "opinabili", che sistematicamente manipola i fatti o li presenta soltanto da un'angolazione a lui "gradita", al fine di ottenere l'effetto voluto e dimostrare cosi' una tesi precostituita.

Del giornalismo serio di Report, AnnoZero non ha praticamente niente.

Come esempio di tutto questo, si ricordi la puntata sulla crisi israelo-palestinese, quella che fece indignare persino Lucia Annunziata (e mi si venga a dire che la Annunziata e' di Destra, adesso).
Sia chiaro, io non dico che AnnoZero dovrebbe chiudere; solo dovrebbe avere una denominazione diversa: andrebbe cioè presentato come uno spazio politico di parte e non come un programma giornalistico di informazione, perché -- sarò all'antica -- "giornalistico" per me vuol dire ancora "abbastanza imparziale", o che ad esserlo, quantomeno, ci prova.

I vari Emilio Fede, Michele Santoro e compagnia cantante appartengono invece alla schiera del giornalismo politico, un tempo non lontano ritenuto (ed a ragione!) una schiatta di mezzi uomini, di hobbit dell'informazione, di venduti al miglior offerente, di servi della gleba di Montecitorio, se non di veri e propri lacchè.

Si badi, non sto dicendo affatto che Santoro e Fede siano uguali. La schiera dei giornalisti politici e' molto composita: si va dagli attivisti della penna (o, nel caso di Santoro, del video) sino ai veri e propri "culo e camicia" come Fede, con diverse gradazioni in mezzo: opportunisti, arrampicatori sociali, ambiziosi rampanti, e cosi' via. In comune hanno tutti una sostanziale indifferenza (ove non una vera e propria avversione) per i fatti e la diversità di opinioni, unita ad una grande passione per le tesi precostituite, asservite ad un fine; politico, nel migliore dei casi, personale nel peggiore.

Ripeto, non voglio che Santoro chiuda: io sono Radicale e, ai bavagli alla bocca, preferisco la prospettiva che la gente si doti di senso critico ed opinioni personali (leggi: non prese a prestito), sani anticorpi contro qualsiasi distorsione dei fatti.

Non credo che l'informazione libera e la democrazia si misurino mettendo bavagli alla bocca, ma nemmeno difendendo a spada tratta solo quelli che diffondono opinioni politiche a noi gradite e chiedendo a gran voce l'impiccagione degli oppositori.

Il livello di senso critico, unito al pluralismo (anche quello che passa attraverso Santoro e Fede) invece, e' il solo scudo che mette al riparo da qualsiasi regime.

Saluti,

(Rio)