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sabato 24 ottobre 2009

Lesbiche in Arabia Saudita

Un bellissimo articolo di Robert Lacey sulla diffusione oggi dell'omosessualità femminile in Arabia Saudita, in risposta alla penosa condizione della donna nei Paesi arabi tradizionalisti. Le confessioni rese da queste donne sono un pugno in pieno volto al fanatismo religioso.
L'articolo e' comparso sul Sunday Times del 18 Ottobre 2009. La traduzione e sintesi sono mie.

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Mashael (il nome e' stato cambiato) si e' sposata a 18 anni. "Mi ero incontrata segretamente con mio marito per quasi un anno e mezzo. - ricorda - Sua sorella era una mia buona amica e ci ha aiutati ad incontrarci lontano dagli occhi del mondo. Passavamo ore al telefono ed ero pazza di lui. Ho praticamente costretto la mia famiglia ad acconsentire al matrimonio: era una cosa cosi' romantica."

Ma il romanticismo e' scomparso dopo soli pochi mesi di vita coniugale.
"Non riesco a credere a come sia accaduto in fretta. Al secondo giorno di matrimonio, gia' mi scoprii a pensare che lui fosse strano. Era cosi' incredibilmente possessivo... Io non ero piu' padrona di me stessa, perche' lui si aspettava che io ridefinissi ogni singolo dettaglio della mia esistenza intorno a lui, mentre lui continuava a fare quello che gli pareva: mi disse che cosa dovevo indossare, come mi dovevo tagliare i capelli, cosa dovevo dire e persino pensare e provare. Lo considerava un suo diritto: io ero semplicemente una sua nuova proprieta'."

Il mondo e' pieno di mariti possessivi e prepotenti, ma in Arabia Saudita la legge racchiude il principio che l'uomo ne capisce sempre e comunque di piu' della donna.
In Arabia Saudita, una donna non puo' iscriversi all'universita', aprire un conto in banca, lavorare o viaggiare al di fuori del Paese senza avere un permesso scritto del suo mahram (guardiano), che deve essere un familiare di sesso maschile: il marito, il padre, un nonno, uno zio, un fratello o addirittura un figlio maschio adulto!
"Io ero tenuta ad assecondare sempre le sue opinioni in merito a cio' che lui pensava dei nostri familiari e dei nostri amici. Se dissentivo, andava subito in collera, usava parolacce e mi minacciava. Sapevo bene di aver commesso un terribile errore a sposarlo e volevo ritornare nella mia famiglia d'origine, ma il mio orgoglio non me lo permetteva: sapevo che anche loro avrebbero dato la colpa a me."

Mashael non ha voluto accettare l'antica tradizione dei matrimoni combinati, con le sue modeste, per non dire pessimistiche aspettative di felicita' personale della sposa.
Come un numero via via crescente di giovani donne saudite, e' stata "tentata" dalle fantasie occidentali di felicita' attraverso la realizzazione del sogno d'amore. Il problema e' che la societa' saudita esclude categoricamente i rituali di corteggiamento, fidanzamento, convivenza e di sperimentazione sessuale che permettono ai giovani occidentali di scoprire i propri errori e, se il caso, di passare oltre. Il vedersi alla luce del sole, per non citare la convivenza, sono opzioni impensabili in una societa' governata da una tradizione che giudica se una famiglia e' per bene dalla capacita' che ha di mantenere le proprie figlie vergini.

"Mio marito ed io semplicemente non ci conoscevamo. - dice Mashael, oggi una donna vestita alla moda e vicina ai quaranta - Io non incolpo nessuno per questo, all'infuori di me stessa. Ci siamo sposati troppo giovani."
Essendo vittima di un problema comune in Arabia Saudita, ha scelto una soluzione altrettanto comune per le donne saudite. "Ho trovato l'amore con un'altra donna. Prima di sposarmi, non immaginavo nemmeno che la scintilla dell'amore potesse scoccare tra due donne. Nemmeno sognavo che fosse possibile. Poi, pero', sono andata all'universita' e li' ho avuto la mia prima relazione con una donna: e' stata una cosa morbida; e' stata una cosa calda; e' stato come un analgesico.

L'omosessualita' femminile non e' difficile da trovare nei campus universitari dell'Arabia Saudita, secondo quanto dicono sia le saudite che le occidentali, con cotte, sbandate ed amicizie super-intime. Queste relazioni non e' detto che arrivino sempre a sviluppare anche una dimensione sessuale, ma sono caratterizzate dalle stesse emozioni e sensazioni descritte nei diari di Jane Austen ed altre autrici dell'Inghilterra del XIX secolo, quando la Rivoluzione Industriale stava creando la prima società "moderna" del mondo, mettendo in crisi i valori tradizionali della famiglia.

"Io ero alla ricerca di una consolazione - diceva Mashael - e la trovai. Entrai a far parte di questa cerchia. All'inizio, magari, sei solo curiosa; poi ti lasci trasportare: una ragazza ti saluta stringendoti la mano e tu sai che in realta' sta tentando un approccio ma, in un certo senso, tu vuoi essere sedotta. Tu pensi che, in fondo, perche' no? La vita sessuale tra uomini e donne in Arabia Saudita e' un disastro e tutti sanno che gli uomini scopano in giro. Il tasso di infedelta' maschile e' altissimo. E allora, ti dici, perche' non farlo con un'altra donna? E' un gran bel modo di vendicarsi."

Ed e' anche un modo sicuro. "In Arabia Saudita, sei una pazza se hai una relazione extraconiugale con un uomo. Con un'altra donna, invece, sei al sicuro: nessuno mette in discussione il fatto che passiate tante serate insieme; puoi fare shopping o uscire a cena con una donna; puoi conversare con lei; puoi avere un'amicizia con lei. Due donne insieme sono due individui, ciascuna con una propria personalita' e diritti. Non sei un oggetto, una proprieta' di qualcun altro.

Non deve esserci per forza sesso tutte le volte. Si puo' semplicemente abbracciarsi o toccarsi l'un l'altra. E, anche quando c'e' il sesso, e' piu' lento e romantico. Anche il bacio tra due donne e' diverso: e' piu' gentile. Si cerca di darsi piacere l'un l'altra, non soltanto di prendere piacere e si condividono sentimenti. E' un amore generoso, in cui si dedica all'altra persona del tempo e dei momenti preziosi, importanti. In Arabia Saudita, un uomo trascorre pochissimo tempo con sua moglie. E questa separazione continua e' penosa."

Lesbiche o meno, in Arabia Saudita le donne passano la gran maggioranza del loro tempo con altre donne e con i bambini, molto piu' di quanto ne trascorrano con i loro mariti.
Gli uomini d'abitudine escono soli la sera per cenare a casa di amici maschi, bere caffe', chiacchierare, discutere di politica, un po' come i gentiluomini inglesi dell'epoca edoardiana facevano nei club esclusivi.
"Alla fine della serata - dice un'altra donna saudita - il marito tornera' a casa con un solo desiderio. Ha trascorso tutta la sera a chiacchierare e non e' certo di fare altra conversazione che ha voglia."

Questa vita segregata e' lo stile di vita tipico della Famiglia Reale Saudita, per cui il lesbismo all'interno dei palazzi di corte e' diffuso tanto quanto fuori.
"Detesterei essere una principessa - dice un'altra donna che vanta amicizie nella famiglia reale saudita - perche' non e' facile per loro sposarsi al di fuori della famiglia reale. Oggigiorno, molte di loro hanno un'istruzione universitaria di primo livello, un'educazione internazionale e non vogliono sposare un idiota di principe che si autocommisera. Alcune di loro sono state brevemente sposare e oggi, dopo essere state ripudiate, hanno quasi 40 anni e nessuna prospettiva di trovare un altro marito".

Le tribu' saudite mantengono una propria identita' controllando le donne della loro tribu' e la Famiglia Reale non fa certo eccezione a questa regola. Per sposare uno straniero, secondo una battuta comune a Riad, una donna deve avere piu' di 40 anni, avere una menomazione fisica ed avere un dottorato di ricerca universitaria (un'istruzione superiore in Arabia Saudita e' considerata uno svantaggio per una donna che vuole sposarsi, perche' potrebbe mettere in difficoltà il marito, ndt).
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Saluti,

(Rio)

giovedì 22 ottobre 2009

I fascisti britannici del BNP e la libertà di parola

Riporto in questo post una mia traduzione e sintesi di un articolo comparso sul Times di oggi (22 Ottobre 2009) a proposito della controversa e contestatissima partecipazione al programma televisivo della BBC Question Time da parte di Nick Griffin, leader del British National Party, formazione di estrema destra che nega l'Olocausto, si ispira al Mein Kampf di Hitler, ha idee segnatamente omofobiche, chiede l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea e la cacciata di tutti i lavoratori stranieri (quindi anche di chi scrive).

Questa sera, dinanzi agli studi televisivi della BBC a Shepherds Bush, Londra, e' adunata una grande folla di attivisti antifascisti, che protesta contro la TV pubblica per aver consentito ad un personaggio come Griffin di parlare a milioni di cittadini britannici. Ci sono stati degli arresti da parte della polizia e, comprensibilmente, oltre ad una nutrita schiera di agenti in assetto antisommossa, sono presenti ambulanze e, in incognito, gli immancabili agenti dell'MI-5, i servizi segreti interni.

Segue la sintesi del profilo di Griffin curato dal Times, a firma di Tom Baldwin e Fiona Hamilton.

«A prima vista, gli anni giovanili di Nick Griffin sembrano il riflesso speculare del genere di vita del leader politico che egli oggi aspira a diventare.
E' un prodotto della migliore educazione che il denaro possa comprare, il leader del BNP, che ha frequentato scuole private nell'East Anglia, prima di studiare storia e legge nel Downing College di Cambridge.

Mentre i suoi colleghi di Oxford e Cambridge cercavano di fare carriera in politica secondo canali piu' tradizionali, Griffin si dimostrava tenacemente impegnato a raggiungere la propria fetta di gloria facendosi strada nell'estrema Destra.
Avendo fondato un gruppo del National Front Giovanile a Cambridge, una volta laureato ha asceso rapidamente le gerarchie del National Front e, in breve tempo, ha cominciato a stipulare intese con altri leader estremisti europei.

Griffin ha cominciato a leggere il Mein Kampf di Hitler a 13 anni sostenendo, piu' tardi, che "conteneva idee molto utili". E' figlio d'arte, Griffin: i suoi genitori si sono conosciuti durante una manifestazione di destra finalizzata a disturbare di una riunione del Partito Comunista a Londra, nel 1948. Anche suo nonno si dice lo abbia introdotto alla letteratura antisemita, mostrandogli del materiale prodotto dalla Unione Britannica dei Fascisti, allora coordinata da Oswald Mosley.

Nel 1998 Nick Griffin e' stato arrestato per incitamento all'odio razziale, dopo aver distribuito volantini antisemiti. Uno degli elementi a sostegno della propria difesa comprendeva la negazione dell'Olocausto.
Era entrato a far parte del BNP tre anni prima, dopo il collasso del National Front e dopo essere stato una figura chiave all'interno della formazione denominata Terza Posizione Internazionale.
Aveva consolidato le proprie credenziali di estremista di destra lavorando come editore di un giornale del partito, per poi estrometterne l'allora leader John Tyndall.
Griffin ha dato quindi inizio alla ricostruzione dell'immagine del BNP, con l'intento di farne una formazione politica piu' rispettabile e quindi capace di rivolgersi ad un bacino di elettori piu' ampio.
La sua strategia si e' rivelata vincente per la prima volta nel 2002, quando e' riuscito a far eleggere tre consiglieri comunali al Comune di Burnley (nella contea del Lancashire, Nord Ovest dell'Inghilterra, ndt).

I suoi compagni di scuola lo ricordano generalmente come un ragazzo educato, che non emergeva in alcun modo ne' in positivo ne' in negativo, e con nulla che lasciasse presagire gli sviluppi futuri.
Solo un compagno di liceo sostiene che a scuola era soprannominato "Nick the prick" (Nick il cazzone, ndt), mentre sua moglie Jackie, infermiera, sposata con lui da molti anni, ne dipinge un ritratto impietoso, quanto tipico dei grandi sognatori: "Un eccentrico. Io ho lavorato per mantenerci finanziariamente e tirare su i nostri quattro figli, mentre lui ha trascorso la vita a giocare alla politica. Pensavo che prima o poi sarebbe maturato." »

Ora, io non voglio certo sostenere che un tipo cosi' sia degno di qualsivoglia tipo di rispettabilita'.
Tuttavia, siamo in democrazia e le leggi della democrazia si rivelano dure ed impietose, alle volte.
La democrazia mostra il proprio vero volto, la propria forza, quando riconosce anche a certi personaggi poco rispettabili uno spazio per parlare, a condizione che la stampa libera analizzi con attenzione le dichiarazioni di Griffin e controbatta parola per parola.
Saro' presuntuoso, ma smontare Nick Griffin non mi sembra un obiettivo impossibile, a condizione di tenere il cervello bene accesso e rinchiudere a chiave tutti gli slogan e le frasi fatte nel ripostiglio.

Di conseguenza, pur comprendendo lo sdegno dei cosiddetti "antifascisti" stipati fuori Sheperds Bush, trovo i loro metodi ed i loro picchetti del tutto fuori luogo.
Si', ho detto proprio "fuori luogo".
Se sei un antifascista, tira fuori le palle e smonta, una dopo l'altra, tutte le cazzate di questo reale emulo del Führer.
Ma non fermarlo negandogli gli stessi diritti di liberta' di parola in cui tu dici di credere e che sostieni di difendere ogni giorno.

Saluti,

(Rio)

mercoledì 21 ottobre 2009

Amos Oz e la pace in Medioriente

Amos Oz viene criticato aspramente per le sue posizioni non violente, ma non pacifiste (e' molto Radicale tutto cio', non so se avete notato), sia da parte Israeliana, dove viene bollato come "traditore patentato" dai falchi della guerra, sia da parte Palestinese, dove si ritiene che le sue posizioni non siano morbide abbastanza e lo si chiama "un falco travestito da colomba".
Questo tanto per confermare - ove mai ve ne fosse bisogno - che a questo mondo, se hai un'opinione personale, e' meglio se te la tieni per te. Se no poi arrivano i fascistoni da una parte, i Centri Sociali dall'altra e ti rompono il pistillo, perché "non sei schierato".
Comunque, il povero Amos Oz prende legnate da tutti e anche questo, non so se si vede, e' molto Radicale.

Ma lasciamo da parte tutti questi Radicali liberi.

Per Amos Oz, Israele non e' altro che il più grande campo profughi e rifugiati ebraici del mondo. Non e' soltanto una nazione, ma il luogo in cui convergono, da ogni parte del mondo, gli ebrei buttati fuori a calci dagli altri Paesi.

Spesso Oz ricorda che suo padre, un ebreo polacco-lituano, negli anni della giovinezza, quando girava per le strade in diversi Paesi europei, le trovava spesso graffitate con messaggi antisemiti del genere "Sporchi Ebrei, andatevene in Palestina!".
Ci e' ritornato 50 anni dopo in quelle stesse strade, il padre di Oz, per vederle coperte di altri graffiti che dicevano: "Sporchi Ebrei, fuori dalla Palestina!". :-)

Chiunque conosca anche solo un po' la storia degli Ebrei nei Paesi musulmani del Nord Africa, sa bene che il trattamento loro riservato li' e' stato persino peggiore.
"A che Paese appartengono, gli Ebrei, allora?" si chiede Oz. La risposta e' "ad un Altro Paese", ovvero ovunque, eccetto li' dove si trovano.
Israele e' la sola eccezione a questa regola, in duemila anni.

Con buona pace di chi - specie nella Sinistra e nella Destra più estreme - si chiede "Ma che cazzo c'entrano gli Ebrei moderni con la Palestina?"
Non andrebbe chiesto agli Ebrei, secondo Oz.
Andrebbe chiesto a chi si e' posto la stessa domanda sostituendo alla parola "Palestina" il nome della propria nazione e poi, di la', li ha buttati fuori a pedate.

Amos Oz considera quella di due Paesi divisi da un muro la sola soluzione praticabile.
Voi direte "E capirai, e' arrivato lui...!"
Gia'. Peccato che lui queste idee ha le palle di ripeterle da quando, nel 1967, ritorno' militare dalla Guerra dei Sei Giorni; da quando in Israele non c'era un movimento pacifista e, per sua stessa ammissione, "le riunioni di tutti quelli che la pensavano come lui si sarebbero potute tenere in una cabina telefonica".
Posto che molti Palestinesi hanno conosciuto la stessa sorte dell'esilio dal 1947, "molti Ebrei non riconoscono quanto profondo sia il legame che i Palestinesi hanno con questa terra - dice Oz - come molti Palestinesi non riescono a capire che Israele non e' un incidente della storia, che Israele non e' un intruso, che Israele e' la sola patria possibile per gli Ebrei israeliani, a prescindere da quanto questo sia doloroso da ammettere".

Cio' che serve, per Oz, e' un compromesso, non una capitolazione di una delle parti.
E' un "divorzio fra due popoli", risolutivo e consensuale, ma pur sempre un divorzio e, quindi, doloroso.
"Per questo progetto - continua Oz - Israele e Palestina non dovranno ottenere aiuti internazionali: le due nazioni dovranno investire nella stessa misura, dollaro su dollaro, e pagare entrambe per le idiozie commesse nel passato".

Saluti,

(Rio)