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sabato 11 dicembre 2010

Un commento al progetto per l'Italia di "The Week"

Salve.
Due settimane fa, preceduto da una debole eco mediatica, è partito un nuovo progetto editoriale che sta suscitando interesse a livello sia politico che giornalistico: sto parlando del lancio del settimanale "The Week", diretto dal giornalista e blogger Mario Adinolfi, di area PD.

Chiariamo subito una cosa: i temi toccati da "The Week" non sono certo nuovi.
Si parla del tradimento del patto intergenerazionale a danno di quelli nati a partire dal 1970, del precariato, dell'assenza di prospettive presenti e future per le giovani generazioni, insomma delle questioni già affrontate da molti in Italia, a partire da Giuliano Da Empoli nel suo celebre libro "Un Grande Futuro Dietro Di Noi", pubblicato nell'ormai lontano 1996.
Si parla anche delle problematiche relative al vuoto di rappresentanza degli under-40 in campo politico, sociale, mediatico ed imprenditoriale; le stesse di cui discutono da tempo, tra gli altri, anche i "rottamatori" che fanno capo al sindaco PD di Firenze Matteo Renzi.

La prima, grande differenza rispetto al passato sta, semmai, nel dibattito mediatico che è seguito al lancio del settimanale: a parte diverse trasmissioni televisive che si sono occupate del tema, a distanza di pochi giorni, Barbara Spinelli prima e, in maniera più obliqua, Giovanni Sartori poi, hanno pubblicato - rispettivamente - su "La Repubblica" e sul "Corriere della Sera", editoriali sul tema della mancanza di prospettive delle giovani generazioni.

In un momento in cui la politica è caratterizzata da una cronica mancanza di idee, un ulteriore elemento di grande interesse è costituito dalla presentazione, nel numero di questa settimana, di un progetto per l'Italia: si tratta di un manifesto suddiviso in 10 punti programmatici, articolati in 25 proposte che, a parere di chi scrive, meritano un'analisi più da vicino.

Nel complesso, si tratta di un progetto davvero vasto, che per alcuni punti richiede persino una revisione della Costituzione. Di conseguenza, per la sua completa realizzazione, si impongono tempi lunghi.
Di buono c'è però che le 25 proposte hanno una propria utilità anche se  attuate singolarmente, il che rende comunque sensato cercare di portare avanti quelle di più semplice implementazione.

Non dispongo dei diritti per riportare integralmente il manifesto, per il quale vi rimando all'articolo dal titolo "L'Italia che faremo", pubblicato sul n. 3 di "The Week", uscito il 10 Dicembre 2010 (in foto, la copertina).

Però, vorrei presentare qui di seguito una personalissima disamina dei principali punti programmatici (sintetizzati in blu), a cui ho aggiunto miei commenti e, alla fine, anche alcune mie perplessità (in rosso).

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Elezione diretta a turno unico del Presidente della Repubblica, con poteri simili a quelli del presidente USA e, come lui, in carica cinque anni e rieleggibile una sola volta. 
Per questo e per altri punti, mettiamo subito da parte la legittima obiezione sui tempi di realizzazione della modifica costituzionale e sulla sua fattibilità, soffermandoci - invece - sull'eventuale utilità ed opportunità della proposta, dal punto di vista del riequilibrio generazionale.
Tra le ragioni alla base della scarsa capacità della politica di rappresentare le istanze degli under-40, il mancato ricambio generazionale e l'eccessiva farraginosità dei meccanismi decisionali tra ed all'interno dei partiti costituiscono senza dubbio due tra le cause più importanti.
Pur essendoci quasi metà del Paese che ha meno di 40 anni, la percentuale di parlamentari nati dopo il 1970 è esigua; per non parlare delle posizioni "di potere", interamente nelle mani delle generazioni precedenti.
Un sistema elettorale a turno unico è in grado di scardinare logiche definite "a tavolino" e consegna nelle mani degli elettori una forza decisionale più diretta, scavalcando la "mediazione" delle segreterie di partito.
Il maggioritario, unitamente al potere esecutivo affidato ad un Presidente eletto direttamente dal popolo, determina la condizione migliore per favorire cambiamenti profondi, i soli in grado di restituire prospettive alle generazioni escluse.
Molti dei punti del manifesto puntano a creare proprio questo tipo di condizione.

Sempre atti a facilitare il ricambio generazionale della classe dirigente ed un processo decisionale più rapido e meno "mediato" sono i punti in cui si propone una sola Camera di rappresentanza nazionale eletta con sistema maggioritario puro, il dimezzamento del numero dei parlamentari, il limite massimo di 15 anni complessivi in carica per i deputati, come anche per i Sindaci ed i Presidenti regionali.

Interessante è pure la proposta sui referendum abrogativi e propositivi nazionali e regionali, dietro presentazione di firme certificate del 2% appena degli aventi diritto, e con un quorum valido se votano il 25% degli elettori. Vista la numerosità degli under-40, soltanto con i referendum ce n'è abbastanza da far sentire il fiato sul collo e cambiare per sempre il lavoro di tutta la classe politica locale e nazionale.

Un altro aspetto chiave è l'istituzionalizzazione delle elezioni primarie per la definizione delle liste elettorali dei partiti. Non c'è dubbio che le primarie del PD abbiano riservato sinora più di una sorpresa alla segreteria del partito ed una loro ufficializzazione ed istituzionalizzazione appare come una via obbligata per qualsiasi progetto di ricambio generazionale.

Sono però i punti n. 8, 9 e 10 quelli veramente cruciali per la battaglia del riequilibrio intergenerazionale. Per raccogliere 50 miliardi di euro all'anno e finanziare così - almeno in parte - le politiche di sostegno ai precari, si propone, infatti:
  • L'abolizione immediata delle pensioni di anzianità (attenzione: non sono quelle di chi va in pensione a 65 anni! Quelle sono le pensioni di vecchiaia. Le pensioni di anzianità sono quelle cui si ha diritto quando si è maturata un'anzianità minima di contributi come accadeva, ad esempio, per le pensioni baby).
  • L'istituzione di una tassa di solidarietà intergenerazionale del 10% a valere su tutte le pensioni superiori a 1.500 euro (riguarderebbe oltre 6 milioni di pensionati).
  • L'innalzamento dell'età minima pensionabile a 67 anni da subito per tutti, tranne che per chi fa lavori usuranti.
Inoltre, si propone di sostituire la giungla dei contratti di lavoro flessibili con un unico contratto "a stabilizzazione progressiva del rapporto di lavoro", analogo a quello già ipotizzato anni fa dal professor Francesco Giavazzi della Bocconi.
La stabilizzazione dovrebbe essere raggiunta entro due anni dalla stipula del contratto di lavoro e comportare, man mano che il contratto diventa più rigido, una riduzione del costo aziendale del lavoratore, ovvero una diminuzione sia degli oneri fiscali che fanno capo all'azienda, sia del compenso monetario corrisposto, così da incoraggiare le aziende a stabilizzare il rapporto di lavoro e da remunerare economicamente anche i maggiori rischi sostenuti dal lavoratore precario.

Un ultimo aspetto importante è rappresentato dall'attenzione del manifesto sul finanziamento dell'istruzione e della ricerca sulle nuove tecnologie legate all'ambiente. In sostanza, si riconosce che senza ricerca il Paese semplicemente non ha prospettive di lungo periodo e che i livelli di finanziamento della ricerca in Italia dovrebbero essere innalzati alla media europea.
Interessante anche l'istituzione di un'aerea ad esenzione fiscale totale per i primi tre anni a beneficio di nuove imprese guidate da "giovani", anche se nel documento manca praticamente qualsiasi dettaglio al riguardo.
Nel contempo, la diffusione capillare della banda larga dovrebbe favorire una minore mobilità legata al lavoro (una cosa che, personalmente, io già sperimento ogni giorno qui in Gran Bretagna) ed un sostegno al trasporto pubblico, per ridurre la dipendenza dagli idrocarburi.


Tralascerò, invece, i punti sull'election day, le elezioni regionali di metà termine, il "Senato regionale", la riforma della giustizia, l'implementazione del principio di sussidiarietà, nonché la trasformazione dei partiti politici in associazioni riconosciute dalla legge, senza finanziamenti pubblici né rimborsi elettorali di alcun tipo e sottoposte ai controlli della Corte dei Conti; non perché non interessanti di per sé, ma perché non strettamente attinenti al tema del riequilibrio generazionale.
Tra l'altro nel documento, su un tema complesso - no, complicato, davvero intricato - come il principio di sussidiarietà, manca qualsiasi indicazione di carattere attuativo, per cui si può solo dire: "Sì, in linea di principio, sono d'accordo o non sono d'accordo", ma ogni valutazione di merito è impossibile.

Ed ora, alcune mie perplessità:
  • una delle critiche più evidenti che si possono muovere a questo manifesto sta proprio nell'aver voluto inserire quasi "a forza" una serie di elementi sicuramente importanti, per carità, ma sui quali si poteva anche sorvolare, per ora, mantenendo l'attenzione focalizzata solo sui temi "centrali".
  • Ammirevole lo sforzo di indicare dove e come reperire le risorse per finanziare il sostegno ai precari, nonché l'ammissione che sono necessarie scelte dolorose: siamo lontani dalla contraddizione in termini e dalla demagogia di progetti come "Giovani NON+" della CGIL. Tuttavia, mancano molte, troppe considerazioni importanti da fare: ad esempio, quelle in materia di reperibilità dei finanziamenti per la ricerca, di modalità di erogazione dei fondi, di valutazione della qualità dei risultati, di rapporti con il mondo imprenditoriale. 
  • Siamo certi che l'esenzione fiscale totale possa rilanciare l'avvio delle attività da parte dei "giovani"? Non rischia invece di creare "abitudini deleterie"? Non sarebbe forse il caso di puntare su una forte semplificazione degli adempimenti? E a chi si applicherebbe la no-tax area? Anche ai 30enni alla loro seconda impresa? E se un'azienda è costituita da un 20enne e da un 50enne? E se un padre/zio iscrivesse la proprietà al figlio/nipote 20enne, solo per ottenere l'esenzione triennale? 
  • Che cos'è mai questa istituzionalizzazione dell'informazione che si concretizzerebbe nella creazione di un Consiglio Superiore dell’Informazione, sul modello del CSM? Specie nell'era di internet e dei social media, a che serve? Piuttosto, non bisognerebbe de-istituzionalizzarla, l'informazione? Qui sembra invece che si voglia creare degli spazi appositi per qualcuno.
  • Spesso, nel breve e medio periodo, le riforme in materia di ambiente possono determinare incrementi di spesa ed anche tagli alle entrate. In questo caso, una significativa riduzione dalla dipendenza dagli idrocarburi comporta una riduzione altrettanto significativa del gettito derivante dal prelievo fiscale sui carburanti (si pensi, ad esempio, all'accisa regionale sulla benzina), che costituisce una voce non trascurabile delle entrate. Se lo Stato e le Regioni perdono questi soldi, bisogna farglieli recuperare in qualche modo, anche perché le Istituzioni centrali e territoriali saranno chiamate a trasferire ulteriori risorse agli Enti Locali per potenziare il trasporto pubblico (il car sharing, il bike sharing, i bus, e così via).
Insomma, è evidente che siamo appena agli inizi. ma resta sempre il fatto che un manifesto per il riequilibrio del Paese - forse più un documento programmatico che un manifesto - finisce sotto il riflettore dei media.

E' un documento tutt'altro che perfetto, a tratti un po' improvvisato, sicuramente da migliorare e rivedere. Ma, diversamente dal passato, oggi internet ed i social network possono favorirne la diffusione e offrire strumenti utili ad ampliare e vivacizzare il dibattito e la discussione sui diversi punti programmatici.

Forse, diversamente dal passato, internet ed i social media possono anche fare la differenza; non lo so.
Ma quel che so è che è il caso di provarci comunque.
Perché su una cosa Adinolfi ha sicuramente ragione: l'Italia possiamo cambiarla soltanto noi e, se non lo facciamo, saremo soltanto noi a pagare.

Saluti,

(Rio, classe 1970)


Aggiornamento: sembra che al momento la rivista si sia arenata. Un ritardo di due settimane nell'uscita del numero 4 è diventato prima di un mese, poi di due mesi, poi di tre e attualmente... non si sa. 
Né si sa che fine faranno i soldi degli abbonati che, a detta della redazione, "hanno pagato per 50 numeri e 50 numeri riceveranno". 
Mah...