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martedì 29 novembre 2016

Extra Ecclesiam nulla salus


Salve.


Alcuni decenni fa, George Orwell, autore di grandi romanzi politici come "La Fattoria Degli Animali" e "1984", scrisse che «la colpa di tutte le persone di Sinistra dal 1933 in avanti è di aver voluto essere antifasciste senza essere antitotalitarie».

Si riferiva alla cecità selettiva di molti tra i più brillanti intellettuali europei del XX Secolo, prontissimi ad additare gli orrori commessi da Hitler e da Mussolini, ma del tutto indifferenti dinanzi ai massacri di massa compiuti dai regimi comunisti.
In non pochi casi, addirittura, questi fior di intellettuali (perché, sia chiaro, qui non si parla di scribacchini di secondo piano: queste erano davvero le migliori menti d'Europa!) si sono dedicati con abnegazione alla formulazione di distinguo, ove non di vere e proprie giustificazioni, nei confronti dei crimini commessi dai "rossi", anche se sostanzialmente identici a quelli di cui si erano macchiati i "neri".

Facciamo qualche esempio.
Un brillante drammaturgo comunista come Bertold Brecht, di fronte alle notizie delle mattanze dell'epoca staliniana, disse solo: «Più innocenti sono e più si meritano una pallottola in testa».
E alla notizia che le purghe moscovite avevano colpito anche Carola Neher, una sua ex amante, commentò semplicemente: «Se è stata condannata, devono esserci delle prove contro di lei».

Sia chiaro, ci sono anche esempi di cecità selettiva di segno opposto: Martin Heidegger salutò nel Fürer la realizzazione ultima della filosofia (usò l'espressione «Hitler è il compimento di millenni di metafisica»), mentre George Bernard Shaw addirittura riuscì ad elogiare sia Mussolini che Stalin, contemporaneamente: qualsiasi cosa, meglio della decadente democrazia liberale.

A me, la fascinazione degli intellettuali dinanzi al totalitarismo appare molto più misteriosa ed inspiegabile di quella delle masse, per il semplice motivo che l'ignoranza sul piano culturale, la parziale conoscenza dei fatti oggettivi, l'incapacità di elevarsi al di sopra del proprio quotidiano e di elaborare proiezioni sul futuro sono tutti pretesti che non reggono, quando a cadere sono gli intellettuali --anzi, fior di intellettuali.
Com'è possibile che gran parte dell'intelligencija tedesca, un'élite composta dalle menti migliori del Paese, si sia persa dietro il nazismo, mentre uno sparuto gruppo di giornalisti, dei semplici cronisti come quelli del Münchener Post, abbia invece scritto già nel 1920 editoriali lungimiranti sul catastrofico futuro della Germania nazista?

È possibile che una persona profonda, abituata a pensare fuori dal coro, a precedere anche di decenni un trend di pensiero più che a seguirne le vie, trascorra la propria vita in uno stato di costante disagio: quante cose potrebbero essere migliori ed invece non lo sono, semplicemente a causa della scarsa lungimiranza sia dei popoli che di coloro che vengono da questi scelti per governare?

Forse queste persone sono portate, sul piano psicologico, a guardare con un occhio di favore qualsiasi movimento sovversivo, per il semplice motivo che --ai loro occhi-- una rivoluzione rappresenta un'imperdibile occasione per riportare al centro della società e della politica i temi e i valori "che contano", sgomberando il campo sia dai particolarismi che dalla mediocre "medietà" dei meccanismi di rappresentanza democratica.

In altre parole, il disprezzo dell'intellettuale per l'uomo comune, per la sua grettezza, per la sua miopia, può spingerlo anche ad abbracciare una causa folle, per il semplice motivo che spera, così, di vedere un cambiamento vero.  

Probabilmente, a non molti intellettuali viene in mente che non è affatto scontato che il Nuovo Ordine si baserà davvero sui valori che loro considerano centrali, né tantomeno che loro, gli stessi intellettuali, saranno chiamati a fornire la propria opinione in merito. 

L'intellettuale mette al servizio del Nuovo Ordine tutto il proprio impegno, le proprie capacità e talenti, al solo scopo di sostenerne la nascita e consolidarne il potere; e spesso fa tutto ciò in modo assolutamente disinteressato, senza chiedere nulla in cambio. Agisce mosso solo dalla speranza di vedere finalmente realizzata una diversa visione della società, che esisteva nella mente dell'intellettuale da anni, forse decenni, ma che puntualmente non vedrà mai la luce nel mondo reale.

Per tutti gli altri, la gente comune, i seguaci di questa o di quella parrocchia ideologica, credo basti il motto eterno della Chiesa Cattolica Romana: "Extra Ecclesiam, nulla salus", ovvero non c'è salvezza al di fuori della Chiesa. La parrocchia ha detto "A" e quindi io ripeto "A".
E lo difendo, anche, perché mi dà un senso di appartenenza, di coerenza sempiterna con i valori nei quali io mi riconosco; a prescindere dal fatto che la persona che sto difendendo quei valori li abbia davvero messi in atto come avrei voluto io, oppure ne ha fatto carta straccia, in quanto sicura della copertura e del sostegno a prescindere offerti da tutti quelli come me.

In Italia, dove abbiamo conosciuto la tragedia di una dittatura di Destra, ma non quella di una dittatura di Sinistra, le parole pronunciate da Orwell molti anni fa sembrano particolarmente calzanti.

Saluti,

(Rio)

PS. Va da sé che questo post è ispirato dalle reazioni nostrane alla morte di Fidel Castro che, da dittatore con le mani sporche di sangue innocente, è stato invece ricordato come una sorta di Madre Teresa di Calcutta in salsa proletario-terzomondista.