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mercoledì 13 aprile 2016

USIR (Unione per lo Sfruttamento dell'Ignoranza Referendaria)



Salve.

Nei primi Anni '60, ad Acquaviva delle Fonti (BA) mio padre aveva fondato con alcuni amici universitari un gruppo di aiuto allo studio che offriva ripetizioni per le principali materie scolastiche a studenti delle scuole dell'obbligo. Il gruppo si chiamava U.S.I. che, formalmente, stava per "Ubicumque et Semper Iuncti" (Uniti Sempre e Ovunque) ma che, in realtà, significava "Unione per lo Sfruttamento dell'Ignoranza".

Traggo spunto da questa tra le molte, brillanti intuizioni paterne per istituire anch'io, nel mio piccolo di Londra, un nuovo gruppo di lavoro, denominato U.S.I.R., formalmente "Unione per i Significati Impliciti dei Referendum", in realtà, "Unione per lo Sfruttamento dell'Ignoranza Referendaria".

In verità, ad essere onesti, c'è poco da "istituire": basta un semplice giro sui social network per rendersi conto che i princìpi fondanti di questo "nuovo" gruppo sono già stati largamente adottati da quasi tutte le parti in causa, ogni santissima volta che c'è un referendum.

Oramai, in Italia è diventato praticamente impossibile avere un dibattito sereno, logico, razionale e men che meno proficuo sulle ragioni per il SÌ e su quelle per il NO.

Ogni scelta deve essere presentata -- in una logica di tifoserie opposte -- quasi solo su basi emotive, di pancia (se non un po' più in basso), con infografiche comprensibili all'uomo della strada, anche quando invece si tratta di materie complesse, di cavilli giuridici, di questioni tecnico-ingegneristiche che richiederebbero approfondite analisi di grandi serie storiche di dati e non poche competenze specifiche.

L'impressione di molti (ignari ed involontari) associati all'USIR è che un Parlamento e delle Regioni  costituiti da rappresentanti del popolo che non sanno né vogliono svolgere il proprio lavoro con competenza e diligenza, nella paura di prendere decisioni impopolari, oramai scarichino sul "Popolo Sovrano" ogni sorta di decisione, soprattutto quelle relative a materie di cui i suddetti parlamentari ed amministratori non riescono o non vogliono capire niente.

E siccome chi scrive ritiene che questo Parlamento sia (purtroppo) lo specchio fedelissimo del Popolo Italiano, va da sé che la neo-costituita USIR colga la palla al balzo per presentare un breve quanto incompleto stupidario delle cazzate populiste sparate dai due comitati per il SÌ e per il NO relativi all'imminente referendum "sulle trivelle", che poi in realtà non è sulle trivelle (e cominciamo bene).


1. Fatelo per l'ambiente e per i nostri fondali
(da parte del Comitato per il SÌ)
In caso di vittoria del SÌ, tutto andrà avanti esattamente come adesso, sino alla scadenza di ciascuna singola concessione. A quel punto, la piattaforma la cui concessione è scaduta dovrà interrompere l'estrazione di idrocarburi dai fondali marini.
Il nostro Paese, quindi, invece che ricavare gli idrocarburi da piattaforme vicine a noi, si vedrà costretto a far arrivare il (poco) petrolio ed il (molto) metano da più lontano, probabilmente dal Medio Oriente, con l'ausilio di apposite navi petroliere (poche) e metaniere (molte).
In poche parole, lungo le coste del nostro Paese è previsto un sostanziale incremento del traffico di questi giganti del mare, quasi sempre i veri responsabili dei disastri ambientali (le ben note "maree nere") di cui si legge sui giornali; al punto che Il Fatto Quotidiano, nel tentativo di creare un collegamento più saldo tra disastri petroliferi e piattaforme in Italia, è dovuto risalire ad un incidente avvenuto nella metà degli Anni '60, oltre 50 anni fa; come se le piattaforme petrolifere di allora fossero identiche a quelle odierne.
È quindi possibilissimo che -- in caso di vittoria dei SÌ -- tanto l'inquinamento quanto il rischio ambientale sulle nostre coste AUMENTINO, invece che diminuire.
2. Se vincono i SÌ, si genera disoccupazione nel settore
(da parte del Comitato per il NO)
Non è necessariamente vero, né così automatico; e comunque, non accadrebbe subito. Il SÌ non ferma le piattaforme immediatamente.
Semplicemente, abroga le concessioni sine die, ovvero senza scadenza, ripristinando le scadenze precedentemente in vigore.
Non è detto che, una volta scaduta la concessione, il personale perda il lavoro subito e che non possa essere ricollocato su altri impianti (anche se va riportata la preoccupazione dei sindacati per la totale assenza -- ad oggi -- di un piano che offra qualche garanzia sul ricollocamento del personale).
Si cerca di far passare il pericolo come "immediato e certo" per ragioni di pura propaganda.
3. Votate SÌ per fermare le trivelle
(da parte del Comitato per il SÌ)
Probabilmente la regina di tutte le cazzate.
Il referendum riguarda soltanto le piattaforme in mare entro le 12 miglia marine (pari a, credo, 22 km) dalla costa.
Lasciando stare il nonsense di questa distanza, che gli esperti non considerano affatto significativa, ai fini del controllo di un eventuale incidente ambientale, qui precisiamo soltanto che in tutte le piattaforme interessate dai referendum, non ci sono trivelle.
Le trivellazioni sono state completate anni, a volte decenni fa; dopodiché sono state posate le tubazioni per l'estrazione. Ulteriori trivellazioni alla ricerca di idrocarburi entro le 12 miglia sono già e restano comunque vietate; e comunque non sono oggetto del referendum.
Quindi, per ciò che riguarda le trivelle, un SÌ o un NO non cambierebbero nulla: non si può trivellare, entro le 12 miglia. Non si poteva, non si può e non si potrà.
Parlo dei fondali marini, ovviamente. Tua sorella, non lo so; e comunque anche lei non è oggetto di referendum.
4. Se vincono i SÌ, si perdono competenze ed expertise acquisite
(da parte del Comitato per il NO)
Di nuovo, non necessariamente né automaticamente e, comunque, non accadrebbe subito. Le ragioni sono le stesse riportate nelle argomentazioni relative alla questione della disoccupazione. Sebbene la preoccupazione sia comprensibile, l'allarmismo è ingiustificato.
5. Bisogna fare sempre il contrario di quello che dice Renzi
(da parte del Comitato per il SÌ)
E qui si sconfina nel ggientismo più becero: il voto referendario come dispetto al potente di turno. L'esercizio del diritto di voto, il parere diretto del Popolo Sovrano, espressione più alta della democrazia parlamentare, degradato a sberleffo infantile.
Non ce la posso fare.
Come se poi il governo non potesse comunque stipulare accordi alternativi con le multinazionali, facendoci arrivare gli idrocarburi da altrove e a quel punto chi avrebbe spernacchiato chi?
Incidentalmente, la dichiarazione di Renzi "Se perdo il referendum, lascio" si riferisce non a questo referendum qua, ma all'altro -- ben più importante -- che si vota il prossimo autunno e che è relativo alla riforma della Costituzione.
Naturalmente, ciò non ha impedito un uso strumentale delle sue dichiarazioni sui social, dove il quesito è praticamente diventato: "Ti stanno sul cazzo Renzi e il governo? SÌ / NO".
Beati loro, che menti semplici...
6. Promuoviamo le rinnovabili, non il petrolio
(da parte del Comitato per il SÌ)
E che c'entrano adesso le rinnovabili?
In base a quale automatismo, la cancellazione delle concessioni sine die per le piattaforme entro le 12 miglia, un tecnicismo giuridico, dovrebbe necessariamente portare il Paese verso le rinnovabili?
Ricordiamo che la maggior parte degli idrocarburi estratti è rappresentata da gas metano, usato nelle nostre cucine e nei nostri impianti di riscaldamento.
Come si crede che sia possibile -- in tempi non biblici ed a costi non insostenibili -- riconvertire tutti questi impianti in altri ad alimentazione, boh, solare, eolica o non so che altro?
Quello che accadrà è che -- semplicemente -- il metano verrà da altrove.
Altro che rinnovabili.
7. È in gioco il futuro dei nostri figli
(da parte del Comitato per il SÌ)
Ma davvero? Se una piattaforma che potrebbe ancora estrarre idrocarburi a km_0 smette tra qualche anno di funzionare, e quegli stessi idrocarburi mi arrivano da un'altra parte, io ho salvaguardato il futuro di mio figlio?
8. Dobbiamo difendere le nostre cozze, vera ricchezza dei nostri mari
(da parte del Comitato per il SÌ)
Non so voi, ma io -- da buon barese -- adoro i frutti di mare crudi.
Sono decenni che nella mia terra natìa si mangiano cozze e mitili vari, tutti rigorosamente crudi, con tanto di piattaforme entro le 12 miglia in piena attività.
Ciò che può causare pericolo è, casomai, il vibrione del colera, che non mi risulta però essere in alcun modo collegato alle piattaforme petrolifere.
Di recente, in Romagna, alcuni allevatori di mitili hanno organizzato un pranzo a base di cozze allevate in tratti di mare antistanti le piattaforme. Il pranzo è andato benissimo e nessuno è stato male.
Questo non vuol essere un incoraggiamento a mangiare cozze non sicure dal rischio vibrione, ma una cosa va detta: il colera con le piattaforme non c'entra.
9. Avete visto l'ex ministro Guidi? Questa è la politica del petrolio
(da parte del Comitato per il SÌ)
Le vicende dell'ex ministro Guidi riguardano il petrolio lucano, estratto sulla terraferma, che non è oggetto del referendum.
Il quesito referendario riguarda solo piattaforme marine situate entro le 12 miglia dalla costa.
La estensione più o meno logica al "caso Guidi-fidanzato" eccetera è, come minimo, capziosa.
10. Bisogna dire NO alle multinazionali
(da parte del Comitato per il SÌ)
Eh, certo.
Solo che quando il gas metano dev'essere trasportato da lontano con le metaniere, viene prima sottoposto ad un processo che lo rende liquido. Senza entrare nei dettagli, una volta giunto a destinazione, per poter essere distribuito su terraferma e utilizzato, deve prima essere rigassificato.
La rigassificazione viene effettuata mediante un tipo di impianto industriale, detto appunto rigassificatore, di cui in Italia ne esistono, credo, tre: uno in Liguria, uno in Toscana ed uno in Veneto.
Se dovesse arrivare da più lontano tutto il metano non più estratto sotto costa, si renderà necessario non solo pagarlo di più, ma anche dare la possibilità alle multinazionali di costruire uno o più nuovi rigassificatori.
Lascio al lettore stabilire cosa sia davvero meglio per le multinazionali.

E tutto questo soltanto per uno stupido referendum in cui si è chiamati a decidere su un tecnicismo giuridico.
Niente male: il presente e il futuro dell'USIR non potrebbero essere più rosei.

Saluti,

(Rio)

PS. Vi risparmio qui tutto il dibattito giuridico relativo alla possibilità (o meno) di aggirare il quesito referendario anche in caso di vittoria dei SÌ, perché vi e mi voglio bene. Vi dico soltanto che nel 1993 abbiamo votato per abrogare il finanziamento pubblico ai partiti politici e i nostri parlamentari lo hanno prontamente sostituito con i "rimborsi elettorali ai partiti" -- e per più soldi di prima! -- utilizzando un escamotage giuridico che si potrebbe applicare anche in questo caso (ma secondo alcuni invece stavolta non si può, per effetto di trattati internazionali stipulati dall'Italia, ecc ecc...).