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martedì 3 febbraio 2009

Libertà dal lavoro? No, inflazione.

Salve.

Periodicamente, qualcuno si sveglia al mattino e crede di avere avuto una grande idea.

Dice, in sostanza: ma perché dobbiamo lavorare 5 o 6 giorni alla settimana? Non abbiamo la tecnologia? Non è forse vero che ciascuno di noi produce dieci volte quello che produceva un lavoratore 50 anni fa?
Allora perché non lavorare dieci volte di meno, ma con lo stesso stipendio di oggi?
E alla domanda (ovvia) sul perché non si fa, se è davvero così semplice, tira fuori qualche spiegazione tipo "sono le nostre gabbie mentali" o "è il sistema" e cose così.

Ora, se c'è una cosa per cui non si è mai dovuto pregare un uomo è offrirgli di prendere soldi (legalmente) senza dover lavorare. O lavorando di meno.

Lo si vede quando uno vince alla lotteria: altro che gabbie mentali: uno molla tutto e tanti saluti; con buona pace dell'etica dello schiavo.

Ma veramente si può credere che, se questa cosa non accade, è perché "siamo mentalmente degli schiavi"? Imprigionati nelle nostre logiche asfittiche? Incatenati ai nostri vincoli mentali? Schiavi di un sistema che ci attanaglia?

La ragione vera, purtroppo, è un'altra.
E' la produttività del lavoro, che dipende non solo dalla tecnologia, ma anche da quanto tempo passiamo ad utilizzarla e da quanto quel tempo ci viene retribuito.
In pratica, da quanto lavoriamo e da quanto prendiamo di stipendio.

Uno non può vendere un prodotto o un servizio ad un prezzo più basso di quello che gli costa produrlo. Se no ci rimette, ovviamente.
In quel prezzo unitario di vendita c'è dentro tutto: costi delle materie prime, ammortamenti, mano d'opera, utenze, trasporto, e così via.

Se, a partire da oggi, TUTTI lavorassimo - ad esempio - la metà e guadagnassimo lo stesso stipendio, la produttività del nostro lavoro dimezzerebbe, rispetto a ieri: cioè, stesso costo per la metà dell'output.
O, se preferite, costo del lavoro raddoppiato per ciascuna unità di prodotto realizzata.
Morale: il prezzo di vendita dei nostri prodotti e servizi DEVE aumentare.
Se no, stiamo vendendo sotto costo.

Ma non è tutto.
Abbiamo detto che non lavoriamo la metà soltanto noi, ma TUTTI, vero?
Di conseguenza, anche il costo del lavoro di chi ci fa arrivare -- che so -- l'elettricità, le materie prime, come di chi ci dà i mezzi tecnici (ad es. i computer) per lavorare aumenterà.
E, quindi, anche i loro prezzi di vendita DEVONO aumentare.

Ma loro sono i nostri fornitori: i loro prezzi sono costi, per noi.
E questi aumentati costi DEVONO riflettersi sui nostri prezzi di vendita.
E, come per noi, così anche per tutti gli altri.

Risultato finale: tutti avremmo sì più tempo libero e lo stesso stipendio, ma questo stipendio avrebbe un potere d'acquisto molto più basso di prima, perché i prezzi di ogni cosa sono molto aumentati.

In altre parole, volevamo la liberazione dal lavoro, ed invece abbiamo ottenuto solo un'ondata di inflazione e siamo tutti più poveri.

Questo solo si ottiene a ridurre la produttività del lavoro: inflazione.

Non è un mistero che, con tutti i suoi limiti e difetti, il XX ed il XXI secolo sono il periodo storico che ha visto la maggior diffusione del benessere (almeno in questa parte di mondo).
Come mai?
Perché c'è più tecnologia?
Certo, ma non solo: perché la gente la usa ancora a lavoro per 40 ore alla settimana (in media), come 50 anni fa. Di conseguenza, il nostro lavoro ha circa gli stessi costi di prima, ma produce molto di più.

Questo ha progressivamente fatto scendere i prezzi di tutto ed oggi hai che, ad esempio, un operaio può accendere un mutuo e comprarsi una casa, un fatto impensabile solo negli Anni '30 (lasciamo stare l'Italia, la crisi, eccetera: questo è un discorso che riguarda l'Occidente nel suo complesso).

Perché col cavolo che a quei tempi la gente che viveva in case di proprietà, o che aveva l'auto, o che andava in ferie, era tanta quanto ce n'è oggi.
Il merito di tutto ciò è nell'aumento della produttività del lavoro.

Il lavoro purtroppo ce lo dobbiamo tenere più o meno così com'è.

Saluti,

(Rio)