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mercoledì 23 settembre 2009

"Selezionare gli interlocutori in Afghanistan" (di Emma Bonino)


Dal "Corriere della Sera" di un mese fa (17 agosto 2009), una lezione della Senatrice Radicale Emma Bonino su come si aiuta veramente la democrazia in Afghanistan.

A chi e' scettico, ricordo che la Bonino e' una che "bazzica a Kabul" da molti anni, prima come fondatrice o semplice membro di organizzazioni di volontariato, poi anche come rappresentante ONU.
Di conseguenza, quello che scrive e' dettato molto piu' da lunghe esperienze concrete sul campo, che da semplici convincimenti ideologici personali.
La sintesi dell'articolo e' mia.


L’IMPUNITA’ PER I CRIMINALI DI GUERRA METTE A RISCHIO IL FUTURO DELL’AFGHANISTAN

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Alla vigilia del voto in Afghanistan [l'articolo e' di fine Agosto 2009], in Italia si è acceso un dibattito centrato principalmente sulla presenza militare, intervallato da parole d’ordine populiste.
Il problema del ruolo e delle regole d’ingaggio delle forze NATO è sì un aspetto importante, che richiederebbe un dibattito serio, ma non è il solo.
Anche se i contingenti militari presenti riusciranno a neutralizzare i tentativi dei Talebani di impedire il regolare svolgimento del voto, la comunità internazionale non avrà aiutato l’Afghanistan nel processo di costruzione dello Stato di diritto se non affronterà la questione dei criminali di guerra, che dopo le elezioni potrebbero acquisire posizioni-chiave in seno alla nuova amministrazione.

Dalla fine del regime dei Mullah, nel 2001, le istituzioni statali sono state troppo spesso influenzate dalla presenza di personaggi dal passato più che discutibile, molti dei quali signori della guerra che hanno commesso atrocità nei confronti del loro popolo.
In un Paese dilaniato da anni di guerra, sarebbe da ingenui pensare di escludere dal processo politico chiunque abbia avuto o mantenga legami con gli ex-combattenti. Se nessun leader Talebano venisse coinvolto l’instabilità del Paese crescerebbe, alimentata dal denaro proveniente dal traffico illecito di droga.
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La vera questione sta quindi nel processo di selezione degli interlocutori, perché coinvolgere i responsabili delle violenze del passato sarebbe come dire al popolo afgano che nulla è destinato a cambiare e che l’impunità sarà sempre il principale parametro di giustizia.
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Sul fronte della giustizia penale le basi per lo sviluppo di un ordinamento conforme agli standard internazionali sono state facilitate dal lavoro congiunto della Commissione Indipendente Afgana sui Diritti Umani e di "Non c’è Pace Senza Giustizia", che hanno realizzato un progetto di mappatura del conflitto.
Attraverso le testimonianze di oltre 7.000 persone, intervistate in tutte le 34 province afgane, è stato possibile ricostruire i crimini commessi dal 1978 ad oggi, gli spostamenti delle bande di guerriglieri, gli schemi di conflitto delle fazioni in lotta.
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Se davvero l’Europa e gli altri Stati che dicono di voler lavorare per la stabilità della regione intendono attuare misure utili a far uscire l’Afghanistan dalla spirale di violenza, devono smettere di favorire l’impunità, evitando per quanto possibile che i colpevoli assumano posizioni di potere e promuovendo la riconciliazione, anche attraverso la ricostruzione e lo sviluppo economico del Paese.
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Emma Bonino
(Vicepresidente del Senato e fondatrice di Non C’è Pace Senza Giustizia – www.npwj.org)