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lunedì 27 giugno 2016

Brexit da cosa?

Salve.

Se vi capita di seguire, anche saltuariamente, questo blog, sono certo che ve lo aspettavate: adesso arriva lui, il terrone londinese, e si mette a pontificare pure sulla Brexit. 
Ma noi siamo gente molto bene informata, in Italia, cosa crede questo qua? Noi sappiamo già tutto sulla Brexit.

Bravi. 
Se sapete già tutto, potete saltare la premessa (in blu) ed andare direttamente alla seconda parte del post (quella non in blu).
Oppure sui siti porni, che sono sicuramente più divertenti. 

Qui (nella parte in blu) parlerò di questioni di base, inclusa la faccenda di David Cameron che aveva evidentemente deciso di passare alla storia come il Primo Ministro che aveva concesso al popolo il diritto di dire la sua su questioni fondamentali, dalla secessione della Scozia a quella dall'Unione Europea.

Come anche della faccenda del referendum che doveva essere un rischio calcolato, una roba da vincere con un 55%, massimo 60% dei consensi e rendere così ancora più saldo il potere e l'immagine dei Conservatori "alfieri delle libertà" agli occhi degli elettori, e via strategizzando. 

Sarete anche informatissimi sul fatto che Cameron sapeva, in questa campagna per il "remain", di poter contare sul pieno appoggio di Jeremy Corbyn, il discusso segretario laburista che in queste ore sta vedendo pure lui i sorci verdi, poveraccio, affrontando uno tsunami di dimissioni nel partito da parte di chi gli contesta il fallimento referendario e la strategia post-Brexit. 

E saprete anche della signora Nicola Sturgeon, presidentessa del Parlamento scozzese e segretaria dello Scottish National Party (SNP), partito favorevole alla secessione della Scozia dalla Gran Bretagna, che in queste ore sta cercando di usare la Brexit come un grimaldello per scardinare il Regno Unito, cercando di convincere i delegati del Parlamento di Edimburgo a fare una cosa assolutamente inaudita oltremanica, ma del tutto normale in Italia (e va be'): tradire la volontà referendaria, non ratificando l'esito del referendum consultivo, col pretesto che "tanto gli Scozzesi hanno votato in maggioranza per restare, e quindi è la volontà scozzese(!), non quella britannica, che va rispettata"... (?)

E saprete pure che invece sia i Conservatori che i Laburisti -- scozzesi e non -- pur largamente schierati per restare (anche se in entrambi i partiti c'erano esponenti favorevoli al "leave"), stanno dando alla Sturgeon della matta e le stanno urlando contro che questa cosa di non rispettare la volontà referendaria non esiste proprio sulla faccia del Big Ben. 
Anche la Regina Elisabetta II, che normalmente in certe questioni si fa i reali cazzi suoi, secondo le indiscrezioni dei tabloid qui, pare non abbia affatto gradito questa uscita della Sturgeon e che, se ancora non è intervenuta per ricordare alla politica di non fare 'ste troiate all'italiana e di rispettare la volontà referendaria, qualunque essa sia, è stato soltanto perché lo sanno tutti che anche lei era favorevole al "leave" per cui, se si mettesse in mezzo, gli Scozzesi potrebbero non prenderla proprio benissimo. 

Saprete pure che persino Nigel Farage, leader dello UKIP (UK Independence Party) e leader del fronte del "leave", non se la sta passando benissimo. 
Sì, proprio lui che è il vincitore a sorpresa, uno dei pochi politici al mondo che possa dire, seriamente, di aver raggiunto l'obiettivo politico ultimo del proprio partito: la piena indipendenza del Regno Unito da qualunque ingerenza esterna. 
Se la passa male perché durante la campagna referendaria le ha sparate un po' grosse, anche se non così grosse come qualcuno vorrebbe far credere, dando per certo che i 350 milioni di sterline alla settimana(!) che la Gran Bretagna versava all'Unione Europea, in caso di Brexit, sarebbero stati dirottati all' NHS, cioè al sistema sanitario nazionale britannico che, in effetti, tra tagli e riorganizzazioni, ha conosciuto tempi migliori. 
Adesso invece dice che, siccome non governa mica lui, non può affatto assicurare dove andranno a finire quei soldi risparmiati. Ad onore del vero, può anche aver fatto un po' il gioco del "dico/non dico" (e chi non lo fa, in campagna referendaria, dai?!), ma la cosa ad alcuni sembrava chiara sin dall'inizio. 

Infine, tralasciando tutti quelli che --per ragioni inspiegabili dalla scienza-- non hanno proprio votato (ma come si fa, cazzarola, come si fa?!), veniamo ai veri protagonisti: la ggiente di Gran Bretagna, la variegata e pittoresca Armata Brancaleone di quelli che hanno votato "leave", la versione albionica dei peppiani nostrani. 
Per assimilazione al concetto italico de "la ggiente", li chiamerò "de pìpol".
Ci sono varie categorie di "de pìpol" e alcune vi suoneranno, come dire, familiari:
  • De pìpol nàmber uàn -- I Nostalgici dell'Impero -- Per lo più persone non giovanissime, diciamo dai 55 anni in su, che --io veramente non so che cazzo credevano, quando hanno votato "leave"-- ma stanno lentamente accorgendosi che, anche ora che la Gran Bretagna ha lasciato la UE, l'Impero non ritorna: l'India non vuol tornare ad essere una colonia britannica e la Nuova Zelanda ha persino tolto l'Union Jack dalla bandiera, l'anno scorso. Scherzi a parte, si tratta di gente che attribuiva all'Unione Europea ed alla Merkel la sola ragione per cui nel mondo ci sono delle crisi economiche. Non avendo l'euro, si sono dovuti accontentare di incolpare la burocrazia di Bruxelles, che con la crisi dei prodotti sub-prime e con l'insostenibilità dei livelli di debito pubblico degli Stati membri c'entra come Enzo Bearzot con i risultati dell'Italia a questi Europei 2016. Per loro, tolta di mezzo l'Europa, si torna ai "bei tempi". E va be'. Vai con le note trionfali di "Rule, Britannia". Roba da comiche di Benny Hill.
  • De pìpol nàmber tù -- Quelli de "Gli stranieri ci rubano il lavoro" -- Si tratta di persone con un QI appena superiore al loro numero di scarpe, superato soltanto dal numero di volte in cui hanno ripetuto il SATs (l'esame di scuola media). Fermamente convinti che la presenza degli stranieri rappresenti il solo ostacolo da rimuovere per permettere loro di trovare --nell'attuale mercato globalizzato-- un lavoro comodo e stra-tutelato come quelli dei governi laburisti negli Anni '70, non si chiedono come mai una persona che arriva lì senza conoscere nessuno, senza "collegamenti", con una limitata familiarità con la società britannica, le sue regole ed i suoi costumi, con titoli di studio "strani ed incomprensibili" o comunque non raffrontabili a quelli britannici, e con una padronanza della lingua inglese che spesso rasenta l'imbarazzante, ottenga comunque il lavoro al posto loro ed allo stesso salario indicato nell'offerta. Non se lo chiedono perché temono, non a torto, che la risposta potrebbe minare la loro autostima.
  • De pìpol nàmber trì -- Quelli de "Non ci serve l'Europa con le sue assurde regole" -- Le regole dell'Europa probabilmente no, ma il mercato dell'Europa sì, miei astuti sudditi della Corona. Non sarò certo io a negare il fatto che spesso l'Unione Europea se ne esce con delle Direttive al limite del ridicolo, come quella che impone ai produttori di salmone a fette imbustato l'obbligo di scrivere sulla confezione "contiene pesce", o che per la vendita delle banane, ne specifica la massima curvatura ammessa (giuro) o che dispone che i cetrioli commercializzati nella UE debbano essere diritti e non curvati ("ma esattamente, gli euroburocrati che uso vogliono farne, di 'sti cetrioli?" hanno commentato qui). Sul fatto che l'Unione dovesse rappresentare una grande occasione per armonizzare le regole del mercato e facilitare la libera circolazione e commercializzazione dei prodotti degli Stati membri --e non, invece, imbrigliarle con Direttive assurde-- non ci piove; nemmeno a Londra. Ma l'affermazione che, in un mercato globalizzato, isolarsi abbia ancora un senso logico (e lasciamo stare economico) --con la ovvia conseguenza che le regole dei mercati in cui tu vuoi entrare o restare le decidono gli altri, e tu o ti adegui o ti fotti-- è una roba da avanspettacolo, più che da politica vera. In questa categoria, includerei anche i "libbertari" a tutti i costi, quelli de "meno regole ci sono e meglio è" e quelli de "anche la Thatcher era contraria". Seh, peccato che la Thatcher lo diceva quando esisteva ancora il protezionismo, cioè decenni prima che si diffondessero non solo gli accordi politici, ma le tecnologie e la logistica che hanno reso possibile una vera globalizzazione dei mercati e dell'economia. 
  • De pìpol nàmber fòr -- Quelli de: "Abbiamo votato leave, ma vogliamo lo stesso i soldi e l'accesso ai mercati UE" -- Io questi li candiderei tutti per il Premio "Dibba" 2016. È come se un uomo dicesse a una donna: "Anche se non stiamo più insieme e io faccio il cazzo che mi pare, mi fai comunque trovare un piatto in tavola due volte al giorno e mi stiri la roba?" E la reazione dell'Unione Europea in queste ore è molto simile a quella della donna, credo. 

Saluti,

(Rio)