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sabato 24 ottobre 2015

Cari musicisti, avevano ragione i dj


Salve.

Mi è capitato di ascoltare di recente una discussione sulla rivalità tra dj e musicisti, in cui si ipotizzava --tra le varie cause-- anche una sorta di "invidia incrociata" tra le due figure professionali: i musicisti invidierebbero ai dj la capacità di restare sempre in sintonia con i tempi e con i favori del pubblico, mentre i dj invidierebbero ai musicisti la migliore conoscenza della musica e dei suoi meccanismi.
Sì, va be', amen.

Al di là del fatto che ci sono anche dj e musicisti che vanno d'accordo, come del fatto che esistono buoni "dj-musicisti" e buoni "musicisti-dj", e messa pure da parte l'ovvia considerazione che il mondo è pieno sia di dj che non sanno stare al passo con i tempi, sia di musicisti che non sanno suonare una mazza, io trovo che, nonostante tutto, l'affermazione un fondamento ce l'abbia ancora.

Lo dico nel senso che tra queste due professionalità, una certa rivalità --oggi forse un po' attenuata-- esiste davvero.
Ma in un tempo non lontano, queste due figure contigue del mondo della musica sapevano lavorare bene insieme, quasi in simbiosi; e forse ci si può permettere di ipotizzare che quel clima di armonia stia lentamente tornando, dopo gli attriti anche forti che si sono avuti negli Anni '80 e '90.

Negli Anni '50, '60 e '70, e sino alla metà degli Anni '80, i musicisti avevano il compito di creare ed eseguire musica.
I dj avevano invece il compito di scegliere, nel mare di nuovi dischi prodotti ogni mese, la musica che a loro piaceva o interessava, diffondendola per influenzare i gusti del pubblico e generando le tendenze, le mode, le riscoperte e anche missandola in modo creativo ed intelligente, creando così opere derivate e selezioni di ascolto (quelle che oggi si chiamano playlist).

In un certo senso, i musicisti erano "le fabbriche" che producevano musica, mentre i dj erano il marketing, la pubblicità, i trend-setters e i maître-à-penser del mondo delle tendenze musicali. Il prodotto creativo, una volta nelle loro mani, si fondeva con gli stili di vita della gente.

Era un sodalizio meraviglioso; sino a quando una delle parti non ha cercato di svolgere il lavoro dell'altra.

Per come la vedo io, il capro espiatorio è stato la house music.
Nata a Chicago nei primi Anni '80 (la leggenda vuole che i primi brani proto-house americani risalgano addirittura al 1982), si è affermata in Europa nella seconda metà dello stesso decennio.

Purtroppo, ho l'età per ricordare bene "Nineteen" di Paul Hardcastle, uscito nel 1985, da molti considerato il primo pezzo house a diventare davvero famoso.
Che poi "Nineteen" non è nemmeno house, anche se è senz'altro stato il primo brano a rendere note quelle tecniche di campionamento e processing vocale che da lì a poco diventeranno iper-inflazionate proprio nel nascente movimento house.

Primo brano o no, house o no, "Nineteen" rappresenta senza dubbio uno spartiacque: dopo questo pezzo, la musica di massa non è più stata la stessa e l'atmosfera nelle discoteche è cambiata radicalmente. 
Ma torniamo al punto: che cosa ha interrotto la proficua collaborazione e suscitato l'insorgere della rivalità tra musicisti e dj? Secondo me, ci sono due fattori principali:

1. I musicisti "gnià facevano"
A metà degli Anni '80, i dj ormai consideravano tutte le forme musicali proposte dai musicisti come vecchie o superate, e ritenevano --forse non tanto a torto quanto si vorrebbe credere-- che il loro lavoro di influencer e di trend-setters fosse impossibile, con quella musica. 
In altre parole, da alcuni anni, la gente era un po' stufa della solita roba ed il processo di rinnovamento degli stili musicali e di evoluzione del sound che i musicisti dovevano attuare era diventato semplicemente troppo lento. Così, posto che ormai le tecnologie disponibili lo permettevano, i dj hanno deciso che potevano benissimo fare da soli, dando alla gente ciò che in quel momento --a loro avviso-- la gente voleva davvero. 
Con il senno di poi, da (ex) musicista, non posso non riconoscere che la cosa ha funzionato alla grande. 
L'istantaneo quanto immenso successo della house music (ricordate "Ride On Time" --o "Right On Time", secondo altri-- dei Black Box?) dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che la maggior parte della gente voleva effettivamente solo quello: una musica minimale, molto ritmata, in cui gli stessi riffs e frammenti musicali, sia melodici che armonici, si ripetevano ossessivamente per diversi minuti. 
E se poi le orecchie dei musicisti sanguinavano, peggio per loro. Per un dj che prende seriamente il proprio lavoro, la pista ed il suo mood contano molto di più.

2. I dj hanno "fregato il lavoro" ai musicisti
Come ho accennato prima, io sono un ex musicista. Quando ero adolescente, ho passato --io, come molti altri miei coetanei-- un sacco di tempo a suonare, a fare pratica, a cercare di migliorarmi sul piano tecnico, su quello espressivo e su quello creativo e compositivo. 
Le migliori ore della mia vita, sia chiaro, ma tutto questo aveva uno scopo: quello di diventare un professionista e di ritrovarmi finalmente nelle condizioni di dare forma alla musica del futuro (o almeno ad una piccola parte di essa). Sì, va be', oggi suona supponente, ma io e molti altri lavoravamo per questo fine: dire la nostra. Perché no?

Be', all'improvviso arrivano 'sti scassaminchia con i giradischi (all'epoca era ancora tutto e solo vinile), si mettono a fare una musica di merda --perché la house è una musica di merda, dai-- e in un lampo nel mainstream ci sono solo loro e le loro cagate: tutti i grandi artisti che ci avevano ispirati, la cui musica noi ci esercitavamo ad eseguire, il cui sound volevamo ricreare... Spazzati via. Finiti nell'oblio.
Il dj era ancor più idolo delle masse di prima e noi musicisti eravamo di colpo diventati pura archeologia; modernariato, al massimo.

Non so fino a che punto questo stato di cose si possa cogliere oggi, perché --entro certi limiti-- c'è stata un'ondata di riflusso ed i musicisti (quelli-con-gli-strumenti) sono "tornati".
Ma vi assicuro che a quei tempi, parlo del 1989-1994, andava per la maggiore una musica che noi, con le nostre inutili chitarre elettriche, antiquati bassi elettrici e preistoriche batterie, non potevamo nemmeno davvero suonare: era tutta un tripudio di suoni campionati, una profusione di synth, effetti speciali ed arrangiamenti MIDI, non nati per essere eseguiti "manualmente" con gli strumenti.
Per non parlare del fatto che, anche riuscendo a suonarla con una pletora di tastiere, si trattava pur sempre di ripetere più o meno lo stesso fraseggio per diversi minuti.
Ma vafangu'.

E voi dovete pure vedere le cose dal nostro punto di vista!
Diciamo che c'è uno che si allena duramente a tennis perché sogna un giorno di diventare un professionista e magari, che so, partecipare ad un torneo importante. Secondo voi, che succede se, di punto in bianco, arrivano --per dire-- gli idraulici, prendono una racchetta in mano e, facendo solo finta di giocare, al torneo importante ci vanno loro, mentre il tennista no?
Improvvisamente, il tennista diventa il passato, viene estromesso dagli idraulici, ossia da gente che --in buona sostanza-- non sa giocare a tennis e non ha mai nemmeno provato ad imparare a giocare a tennis.
E mi pare pure abbastanza normale che il tennista s'incazzi.

Detta così, può sembrare una cosa buffa, ma si trattava di un'esperienza del tutto nuova, per la categoria. In passato poteva succedere --ed è successo molte volte-- che musicisti che suonavano un genere "vecchio" venissero scalzati da altri musicisti che proponevano un genere "nuovo"; ma non era mai capitato che ad un musicista il lavoro venisse fregato da uno che quel lavoro nemmeno lo sapeva fare.
Anzi, è pure peggio: tutt'a un tratto, la musica è diventata "altro", rispetto... alla musica.
Perché --sia chiaro-- la house, ed ancora di più la techno, non sono generi musicali: sono esperienze sonore di tipo differente, che con la musica hanno sì a che fare, ma soltanto sino ad un certo punto.

Sentite scuse a tutti
Mi rendo conto di aver espresso un'opinione molto personale, "da vecchio", di essere stato emotivo, poco equilibrato e per nulla obiettivo, e me ne scuso.
A mia parziale discolpa, posso solo dire che ho cominciato dicendo che avevano ragione i dj, che la loro strategia è risultata quella vincente, mentre noi musicisti ci siamo chiusi in un elitismo (ove non etilismo) autoreferenziale che ci ha alienati dal pubblico, o almeno da buona parte di esso.

Più di tanto, essendo un ex musicista, proprio gnià faccio.
Accontentatevi, dai.
E cercate di migliorare i vostri gusti musicali di merda. 

Saluti,

(Rio)

PS. Una precisazione doverosa: mi sono fermato all'incirca al 1994 perché, dopo questa fase iniziale, alcuni dj sono diventati molto creativi ed hanno cominciato a produrre lavori musicali apprezzabili. Non è sbagliato affermare che oggi una parte dell'avanguardia musicale sia rappresentata dalla musica prodotta da alcuni dj. Solo che io, per ragioni anagrafiche, ho vissuto sulla pelle della mia giovinezza più gli Anni '80.