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giovedì 27 ottobre 2011

Invettiva contro Berlusconi di un liberista all'estero

Salve.

Nel corso degli ultimi 40 anni, il nostro Paese si è trovato sovente in gravi difficoltà, a volte di carattere economico (crisi petrolifere degli Anni '70, crisi valutaria dei primi Anni '90), altre di carattere sociale (gli Anni di Piombo e dell'Eversione Nera, l'affermazione della mafia, il secessionismo Leghista) oppure politico (la crisi del PCI, la fine della Prima Repubblica e Tangentopoli).

Tuttavia, nella tormentata e, a volte, drammatica storia della Repubblica, non si ricorda un momento buio come questo in cui, alla crisi economica che registra i suoi massimi storici ed all'immobilismo politico, si aggiunge una caduta verticale in termini di credibilità internazionale, di cui -- fidatevi -- in Italia giungono solo eco smorzate.

Il nostro Paese è ormai percepito all'estero come la patria di un manipolo di finti furbi, intenti ed avvezzi al gioco delle tre carte molto più che al sacrificio, il cui unico scopo nella vita è continuare a "spassarsela" il più a lungo possibile, scaricando opportunisticamente i propri conti da pagare sugli altri; un popolo di faccendieri sempre pronto ad inventare nuove scuse e ad approfittare subdolamente di ogni possibile scappatoia per procrastinare all'infinito l'adempimento dei propri obblighi verso l'Unione. 

Ai molti che si interrogano sulle ragioni di questa crisi di credibilità, vengono subito in mente due parole: Silvio Berlusconi. E in effetti nessuno come il più longevo premier d'Europa, il protagonista assoluto della storia politica italiana degli ultimi 20 anni (questo anche per colpa degli altri), può essere additato come il principale responsabile di questo stato di cose.
Le colpe di Berlusconi non si limitano alle clamorose cadute di stile per un Presidente del Consiglio dei Ministri, dal bunga bunga sino al mercato delle vacche a Montecitorio, passando per le uscite assolutamente inopportune sugli altri Primi ministri, sino alle figuracce diplomatiche ai vari summit internazionali.
E nemmeno si fermano alle inchieste giudiziarie che lo vedono coinvolto, né alle sue battaglie istituzionali contro la "magistratura  rossa" (che pure esiste), né ai tentativi sfacciatamente reiterati di ottenere l'approvazione di leggi ad personam, al solo scopo sfuggire alle proprie responsabilità penali o di favorire le aziende di famiglia.
Da quanto già detto, ci sarebbe abbastanza per mettere il Cavaliere da parte per sempre, relegandolo tra le pagine più tristi ed imbarazzanti della storia repubblicana.

E invece no.
Io non crocifiggo il signor Silvio Berlusconi per questo motivo. Se l'attuale Presidente del Consiglio avesse attuato un terzo, dico, soltanto un terzo delle cose che aveva promesso di fare in 17 lunghi anni, io -- e, badate, dico sul serio -- gli avrei perdonato tutto: dalla prostituzione di minorenni alla figuraccia al vertice NATO del 2009 in Germania (questa, che qui in Gran Bretagna fa ancora ridere tutti); dalla guerra istituzionale con i giudici (alcuni dei quali, lo si ammetta una buona volta, sono davvero obiettivi come Vittorio Agnoletto) sino al Lodo Alfano ed ai maledettissimi condoni.

La cosa che davvero io, da liberista, non gli perdono è quella di non aver avuto il coraggio di fare nessuna di quelle scelte impopolari, di quelle misure severe la cui attuazione rappresenta l'essenza stessa e la vera necessità dell'esistenza di una Destra in politica.
Non c'è bisogno del Centrodestra per spendere soldi e per cavalcare l'onda del consenso. C'è bisogno del Centrodestra per rimettere in carreggiata un Paese che vive al di sopra delle proprie possibilità, con un'evasione fiscale spaventosa, ma anche con un apparato pubblico che, più che erogare servizi utili allo sviluppo del territorio, davvero sembra stia lì per dare ad alcuni fortunati un posto di lavoro fisso e, tutto sommato, ben retribuito, senza che costoro si preoccupino minimamente di contraccambiare producendo valore per la collettività, né tantomeno di farsi valutare.

Il peccato mortale di Silvio Berlusconi non si chiama né bunga bungaconflitto di interessi e nemmeno leggi ad personam: il peccato mortale di Silvio Berlusconi si chiama codardia politica.
L'Italia ha l'unico leader di Centrodestra al mondo che pretende di governare una situazione grave e complessa come quella italiana per mezzo di manovre economiche basate sui sondaggi d'opinione.
Lo spettacolo patetico della manovra di risanamento della scorsa estate, messa insieme e poi disfatta mille volte in base all'intensità delle urla di protesta ora di questa, ora di quella lobby di interessi, relega il Popolo delle Libertà ed il suo leader tra le formazioni populiste, lontane anni luce dalla serietà e dal rigore di personalità della Destra moderna come Margaret Thatcher, Ronald Reagan o José María Aznar.

Berlusconi spesso si giustifica dicendo di aver ereditato una situazione insostenibile, venutasi a creare in sessant'anni di Repubblica. È vero:
  • non è Silvio Berlusconi che ha portato il rapporto "debito / PIL" dal 37% (giuro!) della metà degli Anni '60 al 119% circa di oggi; 
  • non è Silvio Berlusconi che ha determinato una situazione in Italia in cui ci sono oltre quattro milioni di dipendenti pubblici, che si stima svolgano un lavoro che potrebbe essere fatto altrettanto bene (o altrettanto male, fate voi) da circa la metà delle persone;
  • non è Silvio Berlusconi che ha messo in piedi un sistema previdenziale ed un mercato del lavoro che, sul piano intergenerazionale, risultano essere i più iniqui del mondo industrializzato e non è certo Silvio Berlusconi che li difende a spada tratta e con malcelato e cinico egoismo, nascondendosi dietro paraventi sindacali ridicoli;
  • non è nemmeno Silvio Berlusconi quello che ha creato un sistema di istruzione scolastica ed universitaria che rappresenta gli interessi di chi vi lavora molto meglio di quelli di chi usufruisce dei suoi servizi;
  • e non è stato certo Silvio Berlusconi ad inventarsi follie irresponsabili come il finanziamento delle spese di parte corrente del bilancio dello Stato (leggi: pensioni e stipendi, più altre spese non legate ad investimenti) attraverso il ricorso all'emissione di titoli del debito pubblico, i cui interessi hanno trascinato il Paese in pessime acque finanziarie.
Ma Silvio Berlusconi si è candidato ripetutamente per offrire una soluzione a tutto questo, e non ritengo affatto che fosse ingenuo al punto da credere sul serio che la sua sarebbe stata una medicina gradita alla gente.
Silvio Berlusconi ha più volte detto di voler dedicare questa fase della propria vita alla politica ed al Paese, ed ha invitato la gente a vedere in lui il "non politico" che aveva i numeri per fare quel che da anni andava fatto, ma che nessuno aveva mai avuto il coraggio di fare.

E invece, dopo diciassette anni di quasi immobilismo, adesso siamo qui, Centrodestra e Centrosinistra (o quel che ne rimane) ad invocare lo spauracchio del "governo tecnico". Come se un governo politico servisse solo per l'ordinaria amministrazione e le piccole cose, mentre, tutte le volte che c'è da decidere su questioni vitali, da cambiare rotta, da prendere decisioni coraggiose -- in una parola, ogni volta che c'è da fare Politica con la P maiuscola -- la palla passasse ai "tecnici", così da evitare ai "politici" ogni assunzione di responsabilità ed ogni conseguenza dinanzi ai loro elettori.

Dopo anni di umiliazioni pubbliche che hanno fatto scoprire anche agli Italiani più insensibili il significato del termine "imbarazzo", i nostri problemi -- non affrontati per pura e semplice codardia politica -- sono tutti ancora lì e, con il tempo, sono peggiorati sino al punto da rischiare di divenire cronici.
Alla fine, ci siamo lasciati umiliare per cosa?

In più -- e questo lo dico da liberista -- con questi 17 anni si è offerta ai populisti dell'altra parte come Antonio Di Pietro una scusa impagabile per giustificare la loro, di inettitudine politica -- quando verrà il  momento per IdV di governare.
Ad ogni fallimento, ad esempio, nella lotta all'evasione fiscale, per anni basterà ripetere il mantra: "Il Paese deve ancora riprendersi dal ventennio berlusconiano e dai danni che il Centrodestra (sic!) ha inflitto al tessuto sociale ed economico italiano".

Saluti e buona fortuna a tutti,

(Rio)