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domenica 10 ottobre 2010

Lettera alla Redazione di Repubblica.it ed al suo Direttore

 Titolo: "Attenti all'etica professionale".



Egregio Direttore e spett.le Redazione di Repubblica.it,

con dispiacere noto che sul sito del vostro quotidiano compare una pagina con immagini ricevute da un'agenzia di stampa, in cui un colono Israeliano sembrerebbe investire senza alcuna pietà con la propria auto dei poveri bambini Palestinesi a Gerusalemme.
Questo è il link:  http://www.repubblica.it/esteri/2010/10/09/foto/gerusalemme_auto_coloni_travolge_due_ragazzini_palestinesi-7893598/1/?ref=HREC1-9

Dico "con dispiacere" perché nessuno all'interno della Redazione pare si sia posto il problema di verificare le fonti dalle quali quelle immagini apparentemente così drammatiche provenivano, né tanto meno di accertare come i fatti si siano effettivamente svolti.

Alle volte, questo atteggiamento "sbrigativo" di dare le notizie non produce dei danni; ma questa volta, invece, sì, perché La Repubblica si è involontariamente resa complice di un fenomeno che i media esteri chiamano "Pallywood", ovvero the Palestinian Hollywood, che consiste nel montaggio "ad arte" di notizie ad uso e consumo di media troppo occupati per darsi pena di verificare le proprie fonti.

Di conseguenza, vi riporto qui un link su YouTube in cui TUTTA la sequenza viene mostrata, senza tagli "ad arte", e la vostra attenzione viene attirata anche su dettagli "ai margini" dalla scena madre.
Da buoni giornalisti, scoprirete cose molto interessanti, che cambiano -- e di molto -- i fatti; cose che voglio sperare giudicherete meritevoli di adeguate attenzioni e di una rettifica da parte vostra: non credo che a Repubblica.it piaccia essere "usati".

Il link su YouTube è questo. Vi invito a guardarlo per intero e tradurre in italiano le scritte in inglese che compaiono in sovrimpressione: sono loro che vi dicono cosa vi è sfuggito.
http://www.youtube.com/watch?v=1Gi2z6sRSnQ

Comprendo che nelle redazioni dei quotidiani italiani, anche di quelli più importanti, la maggior parte sia rappresentata da precari, ai quali va tutta la mia solidarietà. Tuttavia, fare il mestiere di giornalista in questo modo diventa un'operazione che ha molto a che fare con la sopravvivenza e molto poco con il dovere di cronaca.

Spero che comprendiate il mio disappunto.

Saluti,