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giovedì 24 settembre 2009

Un condono era una buona idea. Dieci condoni un'oscenità

Salve.

E' di ieri la notizia dell'approvazione, da parte del Senato, del cosiddetto "scudo fiscale", vale a dire di una norma che consente il rientro di capitali relativi ad utili a loro tempo non dichiarati al fisco italiano e trasferiti illegalmente all'estero, a fronte del semplice pagamento delle tasse non versate, con una minima sanzione pecuniaria, ma nessuna conseguenza sul piano penale per il trasgressore.

In altre parole, un condono fiscale.

Senza entrare in dettagli tecnici, lo "scudo fiscale" non può essere utilizzato da chi ha un procedimento giudiziario in corso (e ci mancherebbe che un evasore, vistosi incastrato dai giudici, potesse fare "marameo" ed utilizzare lo scudo fiscale! Così evaderemmo praticamente tutti: se ci prendono, evvai con lo scudo!) e, udite udite, è esteso alle dichiarazioni fraudolente mediante fatture inesistenti, artifici contabili, occultamento o distruzione di documenti e falso in bilancio.

La giustificazione o, come dicono alcuni, il pretesto di questa nuova norma proviene dalla necessità di reperire fondi alla svelta per la ricostruzione delle aree colpite dal terremoto di aprile in Abruzzo.

Inutile dire che, quando il provvedimento arriverà alla Camera, saranno scintille, dentro e fuori dell'aula. Inutile dire che una parte del Paese guarda al Presidente Napolitano come ultima speranza per evitare l'entrata in vigore definitiva del testo.
Inutile dire anche che questo provvedimento, più di molti altri, sta spaccando il Paese a metà.
Da un lato Confindustria, il cui vicepresidente, Alberto Bombassei, dichiara che lo scudo fiscale "non è una cosa bella, etica o morale, ma di fatto è utile al Paese."
Dall'altro l'Associazione Nazionale Magistrati, che invece tuona "Basta amnistie, pena certa!", appena in tempo per sentirsi rimproverare duramente dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, che ricorda "il numero infinito di pronunciamenti dell'ANM su provvedimenti legislativi mentre il dibattito politico è ancora in corso" e che sottolinea: "La nostra Costituzione dice che i magistrati sono soggetti solo alla legge. E la legge la fa il Parlamento!"

In mezzo, milioni di Italiani, alcuni dei quali dicono che - se il fine è veramente quello di ricostruire i centri colpiti dal sisma - forse questa ennesima amnistia è utile; altri, invece, che sbottano che davvero non se ne può più con queste leggi criminali, che rappresentano un insulto verso chi rispetta la legge.

I condoni sono un'invenzione socialista degli Anni '80, ad opera del ministro Formica (PSI), che per primo - se non ricordo male - li utilizzo' in materia edilizia.
Quel primo condono fruttò alle casse dell'erario svariate centinaia di miliardi di vecchie lire, oltre a ridurre notevolmente il numero di accertamenti necessari, contribuendo così ad alleggerire il carico di lavoro di forze dell'ordine e magistratura.
Quel condono, approvato in un clima di scetticismo generale e di grandi divisioni interne nella Sinistra italiana (con scontri verbali ed accuse reciproche nelle due Camere tra i parlamentari del PSI e quelli del PCI), duole dirlo, ma... fu un vero successo.
Funzionò.
Raggiunse perfettamente lo scopo.

Il problema, a parere di chi scrive, non è nella natura dello strumento in sé, ma si pone quando il ricorso a tale strumento diviene sistematico, minando alle fondamenta la credibilità del nostro sistema giudiziario.
Quante volte abbiamo sentito qualcuno dire "Tu fa' pure il capannone abusivo, tanto poi c'è il condono"? Oppure: "Non versare l'IVA, tanto prima o poi ci sarà una sanatoria"?
Sempre l'ANM commenta che "Il diritto penale richiede certezza ed effettività della pena, e non può tollerare un così frequente ricorso ad amnistie o sanatorie".
Ora, se si pensa che l'ambito di applicazione di questo condono è quello dei reati economici e fiscali, il cui accertamento è spesso particolarmente difficile, le parole dell'ANM suonano come un monito davvero ragionevole.

In poche parole, se a chi commette reati in materia fiscale (e che ha già una buona possibilità di non incappare nelle maglie della giustizia), vengono sistematicamente offerte opportunità per rimettersi in regola senza patire conseguenze sul piano personale e patrimoniale, forse si sta veramente inviando un messaggio sbagliato al Paese.
E non soltanto a quella parte del Paese che delinque; anche a quella che, per non delinquere, si sottopone ai sacrifici talvolta vessatori richiesti dalla nostra normativa tributaria.

Uno dei fattori - si dice - per misurare lo stato di salute di una democrazia è dato dalla percezione diffusa della certezza della pena. Nel Paese dei Condoni, dubito che questo sia il caso.

Saluti,

(Rio)

mercoledì 23 settembre 2009

"Selezionare gli interlocutori in Afghanistan" (di Emma Bonino)


Dal "Corriere della Sera" di un mese fa (17 agosto 2009), una lezione della Senatrice Radicale Emma Bonino su come si aiuta veramente la democrazia in Afghanistan.

A chi e' scettico, ricordo che la Bonino e' una che "bazzica a Kabul" da molti anni, prima come fondatrice o semplice membro di organizzazioni di volontariato, poi anche come rappresentante ONU.
Di conseguenza, quello che scrive e' dettato molto piu' da lunghe esperienze concrete sul campo, che da semplici convincimenti ideologici personali.
La sintesi dell'articolo e' mia.


L’IMPUNITA’ PER I CRIMINALI DI GUERRA METTE A RISCHIO IL FUTURO DELL’AFGHANISTAN

[...]
Alla vigilia del voto in Afghanistan [l'articolo e' di fine Agosto 2009], in Italia si è acceso un dibattito centrato principalmente sulla presenza militare, intervallato da parole d’ordine populiste.
Il problema del ruolo e delle regole d’ingaggio delle forze NATO è sì un aspetto importante, che richiederebbe un dibattito serio, ma non è il solo.
Anche se i contingenti militari presenti riusciranno a neutralizzare i tentativi dei Talebani di impedire il regolare svolgimento del voto, la comunità internazionale non avrà aiutato l’Afghanistan nel processo di costruzione dello Stato di diritto se non affronterà la questione dei criminali di guerra, che dopo le elezioni potrebbero acquisire posizioni-chiave in seno alla nuova amministrazione.

Dalla fine del regime dei Mullah, nel 2001, le istituzioni statali sono state troppo spesso influenzate dalla presenza di personaggi dal passato più che discutibile, molti dei quali signori della guerra che hanno commesso atrocità nei confronti del loro popolo.
In un Paese dilaniato da anni di guerra, sarebbe da ingenui pensare di escludere dal processo politico chiunque abbia avuto o mantenga legami con gli ex-combattenti. Se nessun leader Talebano venisse coinvolto l’instabilità del Paese crescerebbe, alimentata dal denaro proveniente dal traffico illecito di droga.
[...]
La vera questione sta quindi nel processo di selezione degli interlocutori, perché coinvolgere i responsabili delle violenze del passato sarebbe come dire al popolo afgano che nulla è destinato a cambiare e che l’impunità sarà sempre il principale parametro di giustizia.
[...]
Sul fronte della giustizia penale le basi per lo sviluppo di un ordinamento conforme agli standard internazionali sono state facilitate dal lavoro congiunto della Commissione Indipendente Afgana sui Diritti Umani e di "Non c’è Pace Senza Giustizia", che hanno realizzato un progetto di mappatura del conflitto.
Attraverso le testimonianze di oltre 7.000 persone, intervistate in tutte le 34 province afgane, è stato possibile ricostruire i crimini commessi dal 1978 ad oggi, gli spostamenti delle bande di guerriglieri, gli schemi di conflitto delle fazioni in lotta.
[...]
Se davvero l’Europa e gli altri Stati che dicono di voler lavorare per la stabilità della regione intendono attuare misure utili a far uscire l’Afghanistan dalla spirale di violenza, devono smettere di favorire l’impunità, evitando per quanto possibile che i colpevoli assumano posizioni di potere e promuovendo la riconciliazione, anche attraverso la ricostruzione e lo sviluppo economico del Paese.
[...]

Emma Bonino
(Vicepresidente del Senato e fondatrice di Non C’è Pace Senza Giustizia – www.npwj.org)

martedì 22 settembre 2009

La Finanziaria 2010-2012: prime impressioni

Salve.

Il Governo Berlusconi ha appena completato la discussione interna sulla Legge Finanziaria 2010-2012, confermando la scelta triennale nella pianificazione di spesa delle risorse pubbliche, per limitare l'assalto alla diligenza di lobby e partiti. Dato il momento di difficoltà per le finanze pubbliche, si tratta di una manovra definita "leggera", di complessivi 3,4 miliardi di euro, ripartiti nell'arco di tre anni.

E' apprezzabile sia lo sforzo di rivedere la pianificazione in una prospettiva che vada oltre l'orizzonte annuale (contenendo gli effetti perversi degli "emendamenti", che facevano lievitare la spesa ed il debito pubblico di molto, rispetto alle previsioni iniziali), sia l'atteggiamento realista di mantenere alcune risorse "libere" da vincoli: circa 8 miliardi di euro, accantonati per fronteggiare con tempestività le emergenze del lavoro.

Tuttavia, da un'analisi di massima delle voci di spesa, emergono alcune considerazioni - a parere di chi scrive - davvero sconsolanti.
Queste considerazioni prescindono dal "colore politico" del governo, ma diventano ancora più tristi se si pensa che ad presentare la finanziaria non sia un esecutivo di Sinistra guidato da Fausto Bertinotti, bensì un governo di Centrodestra, che si dice "liberista", guidato dall'imprenditore Silvio Berlusconi.

Nel 2010, ad esempio, si stanziano circa 690 milioni di euro per il rinnovo dei contratti nel pubblico impiego, di cui 350 per i contratti direttamente a carico dello Stato (Ministeri, e diversi enti "centrali").
Sin qui, nulla di strano. Sono pochi soldi, certo, ma le risorse complessive sono quelle che sono.
Ciò che colpisce è la destinazione di gran parte di quei 350 milioni: infatti, di quei soldi, ben 215 milioni (ovvero, circa il 61%) sono destinati al personale contrattualizzato (leggi: assunto), mentre soltanto 135 milioni (il 38%) ai precari della Pubblica Amministrazione.

Ora, non è per spirito polemico ma, in tempi di grave crisi come questa, non sarebbe lecito attendersi un forte spostamento di risorse dai lavoratori più tutelati a quelli meno tutelati?
Non siamo alla solita codardia di tutti i governi che, pur di non dover fronteggiare l'ira della Trimurti Sindacale (a cui - notoriamente - dei precari non importa nulla, ma dei lavoratori loro tesserati nei Ministeri sì), sottrae risorse ai soliti "servi della gleba" per assicurare copertura agli scatti salariali di chi ha già un posto di lavoro garantito?
Perché in questo Paese si fa un gran parlare di principi come solidarietà ed uguaglianza e poi, puntualmente, li si tradisce?

Un'altra considerazione triste scaturisce dalla spesa per l'università e per la ricerca. Ci sono Paesi che spendono una quota significativa del PIL nazionale per finanziare l'istruzione universitaria superiore e la ricerca scientifica. Il governo Berlusconi si vanta di "aiutare" il know-how del Paese a crescere con un bel 5-per-mille (signori, lo 0,5%!) dei proventi, niente affatto certi, che potrebbero o che si spera dovrebbero derivare dalla lotta all'evasione e dallo scudo fiscale.
Qualcuno lo ricordi ai movimenti studenteschi, quando decideranno di scendere in piazza contro la Gelmini, che altro non fa se non... distribuire briciole.

Del resto, che volete farci?
Non possiamo contrariare il funzionario ministeriale che prende 14 mensilità da 3.000 euro per lavorare 35 ore alla settimana, non facendogli trovare i 90 euro lordi di aumento in busta paga...

Saluti,

(Rio)

lunedì 21 settembre 2009

A (s)proposito dell'indagine dell'Espresso su Brunetta...

Ciao.

Da qualche giorno gira su internet un video confezionato dal settimanale L'Espresso dal titolo "La verità su Brunetta", che sintetizza i risultati di un'indagine sul passato pubblico e privato del cosiddetto ministro "castiga fannulloni".
Sia chiaro: non c'è assolutamente nulla di male nel fatto che L'Espresso, come qualsiasi altra testata, indaghi sulla vita pubblica e -- perché no? -- anche privata di un Ministro della Repubblica. Si tratta di esercitare un diritto costituzionalmente garantito, oltre che di un dovere etico ad informare i cittadini. Per quel niente che vale, esprimo la mia personale gratitudine per l'iniziativa dell'Espresso e per ogni altra iniziativa analoga.

Tuttavia, ciò che colpisce dalla visione del filmato è la pressoché totale inconsistenza delle accuse rivolte al secondo nano più famoso d'Italia, che dall'indagine dell'Espresso ne emerge semplicemente come il tipico pesce in barile italiano, uno che "sa star a galla", uguale a molti milioni di suoi concittadini che hanno usufruito delle stesse circostanze favorevoli, siano essi di Destra o di Sinistra.

Caviamoci subito un dente: chi scrive questa nota è Radicale e, quindi, non certo un amico di questo governo.

Anche se non mi meraviglio che l'iniziativa di indagare sulla vita di Brunetta nasca dall'Espresso e non da un giornale "vicino" a Berlusconi, riconosco che questo non sia importante, se il contenuto del filmato è veritiero.
E, sempre a parere di chi scrive questa nota, il filmato dice effettivamente la verità.

Naturalmente, se L'Espresso avesse trovato "di più" sull'«odiato Brunetta», non avrebbe certo evitato di riferirlo, nella propria indagine...

Il video dell'Espresso è attualmente (20 Settembre 2009) disponibile a questo link del quotidiano "La Repubblica":
http://espresso.repubblica.it/multimedia/home/3671846

Siete invitati, prima di proseguire nella lettura di questa nota, a guardarlo con attenzione. E' gradevole, strutturato "in stile Report", e dura meno di quattro minuti. Poi, vi esorto a tornare qui e a continuare a leggere.

- - - -

Visionato il filmato?
Vediamo adesso, una per una, le accuse che L'Espresso rivolge al ministro Renato Brunetta.


1. Le consulenze pubbliche
Non è ben chiaro da quale pianeta discendano i giornalisti ed i lettori dell'Espresso, ma che le consulenze pubbliche, come anche i fondi pubblici per lo spettacolo o quelli per finanziare i «progetti» delle "associazioni culturali" no profit, siano distribuiti perlopiù in base a logiche clientelari e non di merito io lo so da quando avevo i brufoli alle scuole medie.
Personalmente, non conosco alcun libero professionista, ricercatore, dottore di ricerca (per non citare i professori universitari) che disdegnerebbe di fare consulenze agli Enti Locali (Comuni e Province), come anche a quelli territoriali e figuriamoci ai Ministeri!
Se non altro perché sono soldi (spesso, ma non sempre) più facili e sicuri.
Qualcuno all'Espresso crede forse che il problema delle consulenze distribuite perlopiù su base clientelare riguardi solo il Centrodestra? Si sono già dimenticati della multa miliardaria in lire che la Corte dei Conti inflisse a Rutelli, quando era sindaco di Roma, per consulenze distribuite ad amici e conoscenti? E cito Rutelli solo per fare un esempio: mostratemi una Giunta comunale (di qualsiasi colore!) e vi farò vedere una Giunta comunale che ha distribuito qualche consulenza facile. Immaginatevi cosa succede nei Ministeri, dove la visibilità è minore. Ma se volete continuare a pensare che certe cose accadano solo a Brunetta o solo al Centrodestra, fate pure: ognuno è padrone delle proprie illusioni. :)

2. La carriera universitaria
E' tutto vero. Agli inizi degli anni '80 fu approvato un DPR scellerato, veramente da incoscienti, che permise di acquisire l'abilitazione a professore associato con referenze e curriculum minimi.
Ne approfittarono tutti, ovviamente: siamo in Italia, qui, mica sul "Pianeta Espresso".
Nello stesso periodo -- ma non ricordo se in base alla stessa norma oppure ad un'altra approvata in quegli anni -- tutti i ricercatori "precari" divennero effettivi. Così, per decreto.
Per la cronaca, il risultato di queste norme, che giustamente vengono considerate una vera e propria «moratoria» è che, di fatto, per oltre 20 anni si è impedito alle nuove leve l'accesso alla carriera universitaria. A farne le spese, neanche a dirlo, la "solita" generazione di sfigati nati a partire dagli anni '70. Quella dei co.co.pro., per intenderci.
Ma Brunetta, come tutti quelli che erano al posto giusto al momento giusto, ne ha usufruito. Lo si accusa di non essere un santo? Cosa avrebbe dovuto fare, dire di no e darsi al precariato?
Si dice ancora nel filmato che Brunetta abbia ottenuto la cattedra solo nel terzo ateneo dell'Abruzzo e che, quindi, non fosse certo da Nobel. Che Brunetta sia da Nobel lo dice solo lui (se mai l'ha detto) e qui nessuno sottoscrive. Come tutti, anche Brunetta è padrone delle proprie illusioni. :)
Ma io conosco fior di dottori di ricerca, ricercatori ed associati che hanno trovato spazi solo in sedi universitarie di infimo ordine. La carriera universitaria è così, almeno in Italia: non è mai stata meritocratica. Brunetta si è solo mosso bene in queste acque torbide.
Sia chiaro che c'è chi -- a Destra ed a Sinistra -- negli atenei si è saputo muovere molto, molto meglio di lui. Ma che colpa sarebbe, questa?

3. Il periodo da Europarlamentare
Qui -- scusate -- ma veramente i giornalisti dell'Espresso hanno voglia di scherzare: c'è un regolamento del Parlamento Europeo che prevede che gli Europarlamentari debbano presenziare ad almeno il 40% delle sedute, per avere diritto alle indennità.
Brunetta totalizza, opportunisticamente, il 42% e prende l'indennità.
Qualcuno all'Espresso si stupirebbe se, controllando le percentuali di presenza degli altri Europarlamentari (italiani e non), in media non si andasse molto lontani da quel 40%?
E il rimborso per i voli?
Se il Parlamento Europeo concede rimborsi per i viaggi degli Europarlamentari su base forfetaria e non a piè di lista (leggi: in base alle ricevute effettivamente presentate per rendicontazione), tutti gli Europarlamentari saranno andati a Strasburgo in autostop o a piedi scalzi, come i pellegrini, pur di mettersi in tasca i soldi del rimborso fisso!
E' per questo che oggi nessuno più, nemmeno alle Nazioni Unite (!), concede rimborsi forfetari.
Ma dove vivono, all'Espresso?
E le auto blu?
Lui ha chiesto per iscritto di averne assegnata una. Il video non dice se gliene abbiano effettivamente data una oppure no (io non credo...) ma, se pure fosse, lui l'ha formalmente richiesta e quelli gliel'hanno formalmente concessa. La colpa sarebbe di Brunetta o dell'idiota euro-burocrate che gli ha detto di sì? :)

4. L'acquisto di immobili
A parte che il video parla dell'acquisto di sole due proprietà immobiliari, casa sua a Roma e la villa delle vacanze a Ravello, il che non mi pare nulla di più di quello che fa la maggior parte della gente (l'ex sindaco di Bari, Simeone Di Cagno Abbrescia, con i suoi svariati immobili nella città vecchia, batte ampiamente il secondo nano più famoso d'Italia), anche qui Brunetta non ha fatto altro che di usufruire -- insieme a molti, molti altri di Destra e di Sinistra -- di una normativa, quella delle privatizzazioni e delle cartolarizzazioni degli immobili di enti previdenziali ex pubblici, approvata e confermata (cioè mai abrogata!) dai governi di epoca «prodiana e berlusconiana» nei primi anni '90.

In breve, negli anni '70 e '80 c'era una casta di privilegiati, alcuni cittadini comuni, alcuni professionisti "in vista", molti parenti ed amici di politici di tutti gli schieramenti, che pagavano affitti ridicoli per abitare in immobili di pregio, di proprietà di enti pubblici, in genere enti previdenziali o assistenziali (INPS, INAIL, eccetera), collocati per la maggior parte a Roma, ma non solo.
Tra questi inquilini, tra gli altri, c'erano anche alcuni parenti di Massimo D'Alema e di altri esponenti dell'attuale PD.

Con le privatizzazioni, si è concesso agli inquilini di riscattare la proprietà dell'immobile a prezzi "di favore".
Alzi la mano chi crede che l'abbia fatto solo Renato Brunetta.

Era una legge della Repubblica. Assurda, sia chiaro (lo Stato avrebbe dovuto mettere all'asta quegli immobili di pregio!), ma era una legge approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento.
Chiedetevi perché "a larghissima maggioranza" e scendete dalla luna, per favore, ché ormai siete grandi.

E veniamo alla mega-villa di Ravello, sulla Costiera Amalfitana. Qui il filmato non è chiaro: Brunetta aveva la cubatura per fare quei lavori di ristrutturazione, sì o no? Se non l'aveva, saremmo dinanzi ad un abuso edilizio, un reato perpetrato -- tra l'altro -- in un'area bellissima del Paese!
Brunetta andrebbe perseguito, se fosse così!

Ma questo L'Espresso non lo dice.
E allora posso dubitare che, se l'indagine dell'Espresso avesse scoperto un reato commesso da Brunetta, non l'avrebbe denunciato chiaramente, oppure sono io che ho perso l'innocenza dell'infanzia e penso sempre a male di tutti? :)

Al contrario L'Espresso sembrerebbe insinuare -- con uno stile "dico-non dico" degno del miglior Buttiglione -- che il sindaco di Ravello avrebbe concesso non meglio precisati "permessi" (si tratta di normali permessi a costruire? Oppure di una variante al Piano Regolatore per aumentare la cubatura a disposizione di Brunetta e permettergli di costruire una mega villa? Il filmato glissa su questo e, di nuovo, se così fosse, perché mai L'Espresso dovrebbe "coprire" le nefandezze del ministro?), tutto ciò in cambio di consulenze al Ministero.
Bene: se c'è un'ipotesi di reato, che L'Espresso denunci Brunetta ai Carabinieri e che la Procura della Repubblica indaghi.
Ma, per quel che è noto sui procedimenti amministrativi degli Enti Locali, non è il sindaco che concede i permessi, bensì il Settore "Edilizia Privata" del Comune.
Allora pure i funzionari di tale Settore che hanno istruito la pratica ed il dirigente che l'ha firmata avrebbero forse commesso un illecito?
Ed in cambio di che cosa?
Hanno ottenuto consulenze a Roma anche loro?
O forse sarebbero stati vessati, mobbizzati, ricattati dal sindaco?
Perché L'Espresso non chiarisce meglio ciò che intende denunciare nel filmato, in merito alla villa di Ravello?

5. La morale della favola
Se questa è la verità su Brunetta, io sarei abbastanza tranquillo, posto che Brunetta ne viene fuori come l'Italiano medio e che io ritengo che in Italia nessuno sia un "santo"; tanto meno a Montecitorio o a Palazzo Chigi.
Tuttavia, al Renato Brunetta di oggi, pur simpatico come il mal di denti di notte, vanno riconosciuti meriti innegabili, quantomeno in termini di coraggio: Brunetta è abbastanza pazzo, esaltato ed arrogante per mettersi contro tutto il Paese per portare avanti le battaglie in cui crede.
Per favore, sia chiaro: questo NON è un problema di orientamento politico.
Io un Brunetta del Centrosinistra lo accoglierei a braccia aperte, così da essere certi che, chiunque governi, PD o PdL, "un Brunetta" ci sia.

Perché se aspettiamo che a fare le riforme sia uno che non abbia usufruito delle circostanze favorevoli del passato, in Italia attenderemmo probabilmente in eterno.

Saluti,

(Rio)

P.S. Se pure, come sostengono i suoi detrattori, il ministro Brunetta non avesse ottenuto alcun risultato concreto (e io non credo sia così), il DLgs 112/98 rappresenterebbe sempre un momento di svolta in Italia nei rapporti tra lo Stato ed i dipendenti del Pubblico Impiego.
E' come se si dicesse: "In una fase di crisi profonda, in cui le aziende chiudono e gli operai perdono il posto di lavoro, voi dipendenti della P.A. siete gli unici inamovibili, il cui stipendio è e rimane garantito. Avete molti diritti e nessuno ve li tocca; ora però parliamo anche di doveri. Per una volta, scusateci, ma vi chiediamo anche qualcosa, in cambio di tutta questa sicurezza".