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venerdì 13 febbraio 2009

Ringo Starr, il più figo dei Beatles

Ringo Starr (nato 7/7/40)
Salve.

Oggi una cosa leggera, dai...
Ché altrimenti qua, tra Eluana ed il precariato, Berlusconi e la strage di Via D'Amelio, si rischia la depressione.

Perciò oggi scriverò di musica: oggi si parla dei Beatles.


Tutti gli appassionati dei Beatles, o quasi, si dividono in Lennoniani e McCartneyani; qualcuno tiene anche per quella personcina per bene che è stato George Harrison. Alcuni tirano in ballo persino il quinto Beatle, George Martin, che in effetti un ruolo determinante l'ha avuto eccome.
Ma non è il più figo.
Pochissimi osano dire che dei quattro Beatles ― che, va bene, erano tutti fighi (del resto erano i Beatles, mica l'Equipe 84...!) ― il più figo di tutti era ed è ancora il signor Richard Starkey, in arte Ringo Starr.

Ora, a me McCartney piace ― per la verità più come Fireman che come il Paul McCartney solista degli ultimi 30 anni (oso dirlo perché sono a distanza di sicurezza dai beatlesiani, altrimenti rischierei la gambizzazione) ― però ragazzi, no... Il più figo dei Beatles è stato ed è ancora Ringo.

Prima di farmi a pezzi, lasciatemi perorare per cinque minuti questa causa. Ve lo chiedo per favore. E' come l'ultimo desiderio del condannato: non me lo potete negare.
Allora vado, eh...? OK, vado.

Sin da giovane, John Lennon ― si sa ― voleva rendere Liverpool famosa con la propria musica, proprio come l'amico Stu Sutcliffe voleva fare con i propri quadri. Resta da capire quest'ultimo che ci facesse con un basso in mano, ma questa è un'altra storia...
Anche il giovane Paul McCartney, dietro la solita (perché dove vivo io si vede spesso) apparenza perbenista inglese, nascondeva un'ambizione grande come una casa; anche da ragazzo.
Ora, non fraintendetemi: non c'è nulla di male ad essere ambiziosi. Voglio dire, si va ad Amburgo, si fa quello che si deve fare, ma ci si prova e ce la si mette tutta. Se no, non ha senso. La mia non è affatto una critica ai musicisti ambiziosi.

Ma Ringo...!
Ragazzi, Ringo...! Questo signor Richard Starkey era un ragazzo povero in canna proveniente da Dingle, un quartiere tra i più proletari di Liverpool, che aveva abbandonato la scuola a 13 anni per problemi di salute e che imparò a suonare la batteria tardi, a soli diciassette anni.

Prima di arrivare nei Beatles, Ringo suonava con Rory Storm & The Hurricanes.

Senza farla troppo lunga, ad un certo punto, Richard Starkey ricevette due offerte: una da King Size Taylor and the Dominos (che oggi nessuno sa chi diavolo siano) e l'altra dai Beatles.
Ringraziando la Madonna, Ringo optò per i Beatles. Ma non perché avesse intravisto chissà che cosa (a quei tempi, i Beatles erano solo un gruppo promettente come tanti e non erano certo famosi come gli Hurricanes), ma semplicemente perché gli offrivano tipo 5 sterline a settimana in più.

Perché questo era Ringo: uno che voleva vivere di musica, per sfuggire all'inevitabile destino da camallo nel porto di Liverpool o da operaio in qualche azienda di stato ― sempre che fosse riuscito ad entrare, dato che era già stato scartato anni prima dalle Ferrovie Britanniche, a causa della salute cagionevole.

Ringo non voleva cambiare il mondo, né fare di sé una celebrità.

Aveva persino pensato di trasferirsi in America per lavorare in una fattoria texana, ma aveva lasciato perdere per via delle complicazioni con l'Ufficio Immigrazione.

La storia dei primi 22 anni di vita di Ringo Starr (prima, cioè, di entrare nei Beatles, nel 1962) è uguale a quella di un miliardo di altri ragazzi poveri, senza aspirazioni particolari, se non quella di racimolare qualche soldo, tirare avanti e ogni tanto, possibilmente, spassarsela.
Non si ravvede nelle scelte di Richard Starkey neppure un barlume di quell'ambizione di ferro che caratterizzava gli altri Beatles. E George Harrison lo lasciamo fuori solo perché era troppo giovane...

MORALE: questo ragazzo povero, che dalla vita non desiderava niente, se non evitare di rendersela troppo sgradevole, senza né aspettarselo né volerlo, si è trovato al centro del più grande fenomeno musicale della seconda metà del Novecento.

Quelle di Paul McCartney e di John Lennon sono storie di una rispettabilissima ed ambiziosa scalata alle vette del mondo.

La storia di Richard Starkey, invece, è pura poesia.
E' la storia di un miracolo avvenuto per caso, né voluto, né cercato.

E' la storia di un ragazzo come noi che ha staccato un biglietto vincente alla Lotteria di San Culo e si è goduto il premio senza darsi troppe arie, mantenendo sempre un sorriso sornione sulle labbra.

Viva Ringo.

Che Dio lo (RI)benedica.

(Rio)

martedì 10 febbraio 2009

Perle e fango sulla pelle di Eluana Englaro


Riporto di seguito un post pubblicato in un altro spazio la sera della notizia della morte di Eluana Englaro, il 9 Febbraio 2009.

In un clima politico che ti obbliga a ricrederti, ogni volta che ritieni non possa diventare piu' deprimente di com'e', fa piacere scoprire che, improvvisamente, un fantasma si aggira per Montecitorio e per le austere sale di Palazzo Madama: e' l'intelligenza dei nostri onorevoli e senatori.

Facciamo come Ignazio Larussa: diGiamolo.

Questo DDL sull'interruzione delle cure mediche, nato dalle polemiche sul caso della povera Eluana Englaro -- morta questa sera (9 Feb 2009) intorno alle 20:00 -- contiene una proposta che fa davvero schifo.

Non ha neppure il coraggio -- e ce ne vuole tanto -- di sposare apertamente le tesi cattoliche "in difesa della vita". Si limita a quello che di meglio i politici italiani di tutti gli schieramenti fanno da anni: nicchiare, alludere e, soprattutto, rinviare alle calende greche.

Tutto perche' non si vuole scontentare nessuno, si vogliono tentare sempre le "convergenze parallele" di memoria democristiana, nella delicata partita elettorale di chi vuol sottrarre voti all'altro schieramento, ma soprattutto sta attento a non scoprirsi in difesa.
Questi maghi Herrera del Liberismo (liberismo???), questi Trapattoni della Sinistra Laica (sinistra laica???) proprio non se la sentono di assumere una posizione chiara; proprio «gni'a fanno».

Sulla pelle di questa donna di 38 anni morta dopo averne passati 17 in coma, esponenti dei principali partiti, primo fra tutti Silvio Berlusconi (ma in buona compagnia), hanno dato vita ad un balletto orribile, fatto di strumentalizzazioni, esagerazioni, semplici e pure idiozie e, neanche a dirlo, tanta, tanta disinformazione.

Come interpretare, altrimenti, le dichiarazioni patetiche di Berlusconi alla notizia della morte della ragazza?
Che cosa mai vorrebbe dire «È grande il rammarico che sia stata resa impossibile l'azione del Governo per salvare una vita», se non che, se Eluana e' morta, ora sarebbe colpa del Centrosinistra?

E che diamine vorrebbe dire la presa di posizione di Rutelli della Margherita «Io sono per innalzare il livello del rispetto, delle cure e per tenerlo piu' alto possibile, per non considerare alimentazione e idratazione allo stesso modo delle cure ormai inutili, se non crudeli, su un corpo che si spegne», se non che -- secondo questo ex radicale laico che adesso quando parla del papa dice "Il Santo Padre" -- chiunque chieda di spegnere quella macchina sia soltanto uno sciagurato che non ha a cuore la vita degli altri?

Menomale che, in questo lunedi' di risse ed insulti reciproci a Palazzo Madama, mai stati piu' fuori luogo di oggi, riscopriamo che la classe politica non e' del tutto estinta.

Neanche a dirlo, la senatrice radicale e Vicepresidente del Senato Emma Bonino esterna (legittimi!) dubbi sulla costituzionalita' del DDL e promette una sfilza di emendamenti che lo stravolgano del tutto, mettendo in guardia contro i rischi dello stato etico, quello cioe' in cui la morale di qualcuno viene imposta a tutti.

Bella anche la posizione di Veltroni che, messa da parte la retorica da contrapposizione elettorale, lascia liberta' di scelta e spiega il proprio secco "NO" con poche, semplici parole: «Ritengo che su materie cosi' delicate ne' lo Stato ne' la politica debbano intervenire.»

Bellissima, anzi, talmente elegante da apparire quasi irreale nella bruttura generale, la posizione del deputato "radicale" del PdL Benedetto Della Vedova: «Chiedo a Silvio Berlusconi, Presidente del mio partito e del Governo che convintamente sostengo, di ripensarci. Sarebbe un insensato atto di accanimento politico nei confronti di una creatura che ha vissuto fino in fondo il suo calvario clinico e giudiziario e ora ha diritto, quale che sia il convincimento personale di ciascuno di noi, di essere lasciata andare.»

Una ventata di stile e di coerenza politica da Destra e da Sinistra, una boccata di aria sana in un'atmosfera parlamentare stantìa, in cui la sola vera logica onnipresente e' la strumentalizzazione a fini elettorali.

Per quel pochissimo che vale, il mio personale ringraziamento.

Saluti,

(Rio)
Nella foto: Eluana Englaro (1970-2009)

domenica 8 febbraio 2009

Maledetti delatori...!

Ciao.
Questo e' una nota diversa dal solito: piu' parolacce e meno analisi.
Del resto, il tema e' talmente offensivo nei riguardi dell'intelligenza e del senso comune da non meritare davvero di meglio.

Puntuale come un orologio svizzero, la politica italiana, sempre piu' a corto di idee, torna a fare della sistematica disinformazione, esagerazione e delazione ai danni dell'avversario l'arma molto impropria ma pur sempre preferita per guadagnare consensi.

Lo fa il Centrodestra quando, ad una semplice uscita sgangherata del solito Di Pietro ai danni del Presidente della Repubblica, reagisce come il comico di Zelig Beppe Braida: "ATTENTATO! SI TRATTA DI ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE!"
Cazzate.
Dire che Napolitano "dorme" probabilmente non e' la piu' elegante delle maniere di esprimersi, visto il ruolo che Napolitano attualmente ricopre. Ma qui l'unico attentato, casomai, e' al bon-ton; alle buone maniere parlamentari. Oltre che all'intelligenza degli Italiani (sempre che ne sia rimasta, da qualche parte).

Ma il Centrosinistra, che poteva seppellire questa ridicola denuncia del PdL sotto una pernacchia, non si e' fatto cogliere impreparato ed ha risposto a modo proprio con una miriade di dichiarazioni assolutamente fuori luogo sulla vicenda della denuncia degli extracomunitari irregolari da parte dei medici.
Dichiarazioni a cui e' seguita (e come dubitarne?) la solita, patetica mobilitazione generale delle Sinistre Giovanili (ormai si deve parlare al plurale, perche' non sui sa piu' quante ve ne siano).
"Le" Sinistre Giovanili, o i semplici militanti/simpatizzanti/appecorati di Sinistra, con iniziative varie nel mondo reale e virtuale (immancabili i vari gruppi di Facebook "Aderisci contro la legge razzista!") hanno urlato tutti in coro indovinate cosa? "ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE!"

Io non so voi, ma di tutti questi Attentati-Alla-Costituzione ne ho veramente le palle piene.

I cretini della Lega hanno preteso che venisse rimosso dal testo della normativa un paragrafo che VIETAVA ai medici di sporgere denuncia.
Questo vuol dire che un medico adesso PUO' - NON DEVE, semplicemente PUO' denunciare un irregolare.

Del resto tutti, dalle Forze dell'Ordine, all'Ordine dei Medici, ai governi di Centrodestra (!) di molte Regioni italiane, alla Chiesa Cattolica, alle direzioni delle ASL, alle Onlus, ai Sindacati, ai Boy Scout, si sono precipitati a dire: "Medici, non denunciate nessuno e non temete, perche' nessuno ve ne chiedera' conto! Difenderemo la vostra liberta' di scelta!"

In questo clima di totale marasma, ci mancava giusto Giuseppe D'Avanzo, sulla Repubblica di oggi (Dom, 8 Feb 09), pronto a fare equilibrismi dialettici per dire che noo, il pericolo esiste davvero! Nelle Regioni controllate dalla Lega, e' la Lega che nomina i Direttori Generali e Sanitari delle ASL e -- cito testualmente -- "i camici bianchi che non si adegueranno non avranno una vita comoda in quelle aziende sanitarie e in comunità fortemente condizionate dalla Lega..."

Ma ci pensate, se questo accadesse davvero?
Un medico di una "ASL leghista" non denuncia un irregolare e per questo viene mobbizzato da un DG appecorato a Bossi.
Ma su che pianeta vive, la gente che scrive certe cose? Quanta poca stima ha dell'intelligenza dell'Italiano medio, per pretendere che noi ci si beva una palla del genere?
Il medico mobbizzato si recherebbe presso la piu' vicina sede dell'Ordine o del sindacato, o semplicemente manderebbe un fax ad un giornale (in perfetto Italian Style), ed il primo a vedere i "sorci verde-Padania" sarebbe il Direttore Generale, mica lui.

Tra l'altro, questa liberta' di scelta esiste dovunque, nella UE. Solo da noi vigeva questo divieto anomalo. Non mi pare che i medici stranieri denuncino gli extracomunitari irregolari e non mi pare che qualcuno si permetta di mobbizzarli o meno per questo.

Quindi -- vi prego -- quale che sia il vostro orientamento politico, fatevi un piacere: orientate il vostro zelo confessionale verso obiettivi che lo meritino.

Un saluto,

(Rio)

Sua Maestà il Precariato

Ciao.
Questa volta, invece che parlare io, voglio far parlare gente piu' seria di me, attraverso i quotidiani italiani. I miei commenti, quando proprio non ho resistito, li ho messi in parentesi quadre [ ... ].

Da "La Repubblica" del 7/02/2009
Le previsioni del Fondo Monetario Internazionale sulla recessione italiana sono più pessimistiche di quelle della Commissione Europea e della Banca d'Italia. Anzi, gli stessi analisti di Washington definiscono "tetre" le prospettive economiche dell'Italia, ritenendo che nel migliore dei casi si avrà "un'eventuale ripresa debole e lenta".

Cosa fare per evitare il peggio? Secondo il FMI l'Italia deve continuare sulla strada delle liberalizzazioni del mercato del lavoro, dove è necessaria una riforma di "seconda generazione". Servono "riforme ampie al fine di evitare ulteriori interventi parziali che esacerberebbero le iniquità già esistenti".

[Notare come persino da Washington siano chiare le INIQUITA' GIA' ESISTENTI sul mercato del lavoro italiano. Solo a Roma maggioranza ed opposizione non le vedono. Ma facciamo un passo indietro.
Il professore della Bocconi ed editorialista del Corriere della Sera Francesco Giavazzi, in un suo articolo del 26 Agosto 2007, scriveva -- a proposito del precariato --] che, il maggior ostacolo che i giovani precari (ma anche molti purtroppo non più giovani) hanno di fronte a sé è la rigidità dei contratti a tempo indeterminato, in particolare il fatto che licenziare un lavoratore con un posto fisso è spesso impossibile.

I motivi dell'azienda possono essere i più ragionevoli, ma se il lavoratore si rivolge a un giudice il più delle volte questi ne ordina il reinserimento nel posto di lavoro.

Per evitare questo rischio, le aziende (sia private che pubbliche) tendono a offrire contratti a tempo determinato.
E quando questi scadono, abbandonano il lavoratore e lo sostituiscono con un altro precario.
L'assunzione a tempo indeterminato è troppo rischiosa per il datore di lavoro e così i precari rimangono tali per sempre.

[Aggiungo io, che non saro' Giavazzi ma ogni tanto qualcosa di sensato la dico, che - nonostante le mille promesse elettorali di Centrodestra e Centrosinistra - non esiste ad oggi alcun incentivo di carattere fiscale per le imprese ad assumere a tempo indeterminato: anzi, con l'eccezione del lavoro interinale, un lavoratore a tempo indeterminato ha un costo aziendale superiore rispetto a quello di un precario, per il quale l'azienda e' tenuta a versare meno contributi. Morale: il precario e' piu' asservito e costa anche meno...!].

Oggi, scriveva Giavazzi nel 2007, in Italia il 15% dei lavoratori (oltre 3,7 milioni) è precario.
Questa cifra include sia coloro che hanno un lavoro a tempo determinato sia coloro che lo hanno avuto, l'hanno perduto e ne cercano uno nuovo: un precario su quattro sta cercando un altro posto di lavoro precario.

Invece di pensare in modo nuovo ai problemi di un mercato del lavoro profondamente trasformato, i sindacati continuano a porre una condizione irrinunciabile: tutti i precari vengano regolarizzati, cioè diventino lavoratori permanenti.
In questo modo si ritornerebbe semplicemente al sistema in vigore prima dei pacchetti Treu e Biagi, quando c'era un solo tipo di contratto, quello a tempo indeterminato: l'effetto sarebbe di riportare la disoccupazione oltre il 10%, come accadeva prima dell'introduzione dei contratti a tempo determinato, quando il mercato rispondeva alla mancanza di flessibilita' con il lavoro nero.

Da quando in Europa (in particolare in Italia, Spagna e Francia) si è avuta una liberalizzazione del mercato del lavoro, l'occupazione è effettivamente salita.
[Aggiungo io, non me ne voglia Giavazzi, che si e' trattato in realta' per lo piu' di emersione del lavoro nero. Ma e' gia' qualcosa. Di questo a Centrodestra e Centrosinistra va dato atto].

Tra il 1980 e il 1995 nell'area UE furono creati solo 12 milioni di nuovi posti di lavoro, a fronte di 26 milioni negli Usa.
Ma nel decennio successivo (1996-2006), quando in Europa è stata introdotta la liberalizzazione, il numero di nuovi posti di lavoro creati è salito a 18 milioni, esattamente lo stesso dei nuovi posti creati negli Usa nel medesimo decennio.

Il problema è che la maggior parte dei nuovi occupati non riesce a uscire dalla condizione precaria.

In Europa, come ormai è noto, il modello più efficace è quello danese (il Paese con il minore numero di disoccupati nel continente): nessun vincolo ai licenziamenti (tranne in casi di evidente discriminazione del lavoratore) e forte protezione di chi è temporaneamente senza lavoro.
La Danimarca ha raggiunto questo risultato trasformando le tutele che un tempo si applicavano al posto di lavoro in tutele al lavoratore.
Per introdurre in Italia un sistema simile occorrerebbe il coraggio di rispolverare le proposte della Commissione Onofri, insediata dal primo governo Prodi nel 1996 e presto dimenticata, proprio per l'opposizione dei sindacati.

Un'altra soluzione sarebbe quella di abolire sia i contratti a tempo determinato che quelli a tempo indeterminato e sostituirli con un contratto unico che offra garanzie crescenti nel tempo: tutti precari all'inizio, ma tutti con la prospettiva di divenire dipendenti via via più stabili se il rapporto tra lavoratore e impresa funziona.
E' questo il modo per sottrarre i lavoratori precari a una situazione oggi senza via d'uscita. Ma richiede che si mettano in discussione i contratti a tempo indeterminato, un tabù per i sindacati.

E la Sinistra e' consapevole del fatto che « Senza una Cgil forte un governo di Centrosinistra non reggerebbe » come scrive sul manifesto Rossana Rossanda.
Io non so se reggerebbe: so però che i sindacati difendono — comprensibilmente dal loro punto di vista — i loro iscritti e questi non sono né i veri poveri né i lavoratori precari.

(Rio)