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martedì 3 marzo 2009

Politici da salvare (1): Veltroni, Bonino, Tabacci

Walter Veltroni, ex leader del Partito Democratico, rappresenta -- da solo -- il volto migliore che il Centrosinistra possa avere. Vero laico, rifugge gli eccessi, gli allarmismi alla Beppe Braida (ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE!), limita gli slogan al minimo sindacale per un politico di sinistra, guarda con diffidenza ai veterocomunisti rifondaroli, verdi e di qualsiasi nuance, e con grande speranza (non si sa quanto ben riposta) ai grandi movimenti laburisti europei.
Fosse stato per lui, Walter Veltroni avrebbe fatto proprio questo del Partito Democratico: la prima grande forza laburista moderna in Italia, un partito che non ha paura di ispirarsi al libero mercato e ad una visione nuova dello stato sociale; in altre parole, quello che i DS non sarebbero mai riusciti a realizzare.
Il buon Veltroni contava di riuscirci annacquando in una coalizione piu' vasta i vecchi "sindacalismi socialisti" dei DS, retaggio ancora forte del PCI che un tempo fu.
Non aveva fatto bene i conti con l'elettorato, purtroppo.
In Italia sono in pochi a volere la modernita'.
La modernita' fa paura, la modernita' puzza di fregatura, la modernita' se la becchino prima gli altri.
Benche' in tutta l'Europa il tempo passi inesorabile, l'Italia e' un Paese che predilige sempre le contrapposizioni forti, perche' sono comode e ti risparmiano la fatica di pensare, come se fossero ancora giustificate da uno slancio ideologico novecentesco, oggi scomparso.
Contro questo muro di egoistico rifiuto della modernita', contro la difesa a catenaccio di una parte della della societa' civile italiana che dice "E' tutto uno schifo! Vogliamo le riforme, la devono finire, basta che non debba finirla io...", il povero Walter Veltroni si e' schiantato miseramente; e, con lui, i sogni gia' di per se' vaghi, di chi l'aveva votato come unico baluardo di decenza. Anche nel suo partito.


Emma Bonino dovrebbe essere un modello per ogni donna italiana che abbia cervello, cuore e "attributi". Il solo pensiero che ci siano persone cosi' nel desolante scenario politico italiano riesce a far si' che persino nel cuore di un cinico disilluso come me si insinui la speranza che forse non tutto e' perduto.
La poliglotta Emma Bonino non ha un grande carisma politico, ma ha uno spirito proattivo, propositivo, ed in ogni sua azione da' l'idea di avere sempre chiari nella mente i propri principi.
Forte e determinata, ha regalato all'Italia la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza, pagandone le conseguenze in prima persona, da buona radicale (per chi ancora non lo sa, si autodenucio' ai Carabinieri per procurato aborto, facendosi arrestare e diventando uno dei protagonisti della campagna proabortista. Quello fu il primo dei suoi molti atti di disobbedienza civile. Ne seguirono altri a Varsavia e New York).
Ma e' come Alto Commissario per i Rifugiati ONU che la Bonino ci ha fatto fare davvero un figurone.
Noi, che siamo solitamente considerati, nel migliore dei casi, dei dilettanti casinisti.
Appena quarantotto ore dopo il suo insediamento, parti' per l'ex Jugoslavia, recandosi a Sarajevo e a Mostar, primo membro della Commissione europea a mettere piede la' dall'inizio della guerra, per denunciare l'impotenza dell'Europa e il disinteresse dell'ONU dinanzi all'allargarsi della "pulizia etnica".
Il suo schierarsi a favore dell'intervento militare in Kosovo le alieno' il supporto di parte del mondo nonviolento e pacifista da cui lei stessa proveniva.
Nel 1997 e' tra le principali promotrici della Convenzione di Ottawa contro le mine antiuomo, che lei stessa poi firmo' in nome e per conto della Commissione Europea. Come Alto Commissario, si reco' nel Sudan, sfidando l’embargo imposto dal regime di Khartoum, per riaprire il corridoio umanitario fra il Nord ed il Sud del paese. E si potrebbe continuare per pagine.
Da radicale quale sono, non ho problemi a dire che e' un peccato che Emma Bonino sia "solo" una piccola grande radicale.
Ce ne vorrebbero a bizzeffe, di Emme Bonino, in ogni partito e partitino politico che Dio manda all'Italia.
Anche solo per ricordare a tutti noi che cosa sia la Politica vera, quella che si scrive con la P maiuscola.

Bruno Tabacci, parlamentare della Rosa Bianca (proveniente dall'UDC), rappresenta -- a detta di chi scrive -- la migliore espressione di quel Centro cattolico che e' stato letteralmente la rovina dell'Italia della Prima Repubblica.
Se soltanto la meta' dei politici democristiani avesse somigliato un po' di piu' a Tabacci ed un po' di meno a Gava, probabilmente oggi non saremmo messi cosi' male.
Da sempre grande critico sia dei sindacati che del sistema di gestione "casereccio" delle privatizzazioni italiane, si e' distinto ultimamente per aver tra i primi evidenziato i gravi limiti e le contraddizioni dell'operazione Alitalia ed il danno di immagine che ne e' derivato per il nostro Paese, in termini di credibilita' e serieta'.
Attento nella valutazione di temi complessi come il federalismo, ai toni da uomo della strada preferisce quelli dell'analisi tecnica e, forse, per questo motivo non trova grande spazio sulla stampa nazionale.
Il suo blog (http://blog.brunotabacci.it/) e' una vera miniera d'oro per chiunque abbia il tempo, la voglia e il masochismo di capire quanta differenza in politica ci sia tra il dire ed il fare; specie se il dire e' quello di chi strilla slogan in una piazza.
L'azione politica di Bruno Tabacci si caratterizza per l'assenza di quell'atteggiamento tutto italiano dei sotterfugi e della furbizia, a cui preferisce la chiarezza e la riflessione.

Saluti,

(Rio)