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martedì 2 dicembre 2008

Allucinogeni e Psicoterapia (2)


Confezione di Delysid

[Per la premessa del traduttore sull'LSD, si veda la nota "Allucinogeni e psicoterapia (1)". I link agli altri due post della serie sono (3) e (4)]
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Il progetto
I casi citati sono riferiti al progetto di ricerca coordinato dallo psicologo Gary Fisher (Dr. Gary Fisher, Ph.D. - 1750 E. Ocean Blvd. #705 Long Beach CA 90802 - USA) e realizzato tra la seconda meta' degli Anni '50 e la prima meta' degli Anni '60 nel Reparto di Psichiatria Infantile di una clinica californiana. Nonostante i risultati decisamente incoraggianti, a causa del mutato clima politico sul tema dell'LSD, il progetto non fu mai completato e fu dichiarato chiuso nel 1963. I bambini del Reparto non ancora curati furono cosi' abbandonati alla loro misera esistenza di isolamento dal mondo.

Ipotesi alla base della terapia.
L'assunto di base e' che la psicosi sia un potente meccanismo di autodifesa basato sul trinomio reprimi/evita/nega, mediante il quale il paziente riesce a proteggersi dalle conseguenze di traumi subiti nella prima infanzia.
La repressione e' talmente forte da impedire al piccolo paziente di percepire se stesso, a qualsiasi livello, anche superficiale.
Il bambino esiste, cosi', isolato in un mondo senza sentimenti ed il nostro mondo e' per lui privo di qualunque significato.
Uno dei piccoli pazienti del dottor Gary Fisher gli riferi' di vivere in un mondo di "niente di niente" (originale: "no nothingness").
Il team del dottor Fisher ipotizzo' di utilizzare la potenza delle droghe psichedeliche per aiutare il bambino a rimuovere temporaneamente il blocco emotivo, al fine di permettergli di rivivere il trauma subito e, cosi' facendo, di rilasciare il dolore ad esso associato.
In tal modo, si ipotizzava di dare al bambino la possiblita' di riconoscere il trauma e di contestualizzarlo nella propria storia personale, riallacciando un rapporto con il mondo e con il personale di supporto, costituito da infermieri, interni e tecnici, tutti adeguatamente addestrati sugli effetti delle droghe psichedeliche e tutti con un'esperienza diretta di tali effetti.

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Il Reparto in cui i piccoli pazienti vivevano era in uno stato di perenne pandemonio. Il Reparto ospitava circa 60 bambini di eta' tra i quattro ed i dodici anni, tutti casi ritenuti essere i piu' gravi di una piu' vasta popolazione ospedaliera.
Molti bambini assumevano costantemente un comportamento distruttivo nei confronti dell'ambiente circostante, gli uni verso gli altri, verso lo staff paramedico e verso se stessi.
Il livello di rumore nel Reparto era sempre elevato, poiche' alcuni piccoli pazienti erano estremamente iperattivi e chiassosi.
Altri, invece, erano chiusi in se stessi ed indugiavano in movimenti ripetitivi; se interrotti, reagivano con violenza nei confronti dell'intruso.
Qualsiasi giocattolo o oggetto introdotto nel reparto veniva rapidamente distrutto.
Il puzzo di urina e di feci era un problema costante.
Si potrebbe dire che, come minimo, l'ambiente dei Reparto non fosse salutare per i piccoli pazienti.

Il caso di Patty, ragazzina di 12 anni.
Il trattamento di Patty duro' tre mesi, nel corso dei quali tre sole sessioni furono sufficienti.
Il dosaggio utilizzato fu il seguente:
Sessione 1) 100 microgrammi di LSD;
Sessione 2) 100 microgrammi di LSD e 10 milligrammi di psilocibina (un altro allucinogeno);
Sessione 3) 200 microgrammi di LSD.
Patty era stata ricoverata per la sua totale incapacita' di relazionarsi e di comportarsi tanto a casa, quanto a scuola e nella societa'.
Il suo comportamento oscillava tra la totale chiusura e la grande aggressivita' e sadismo nei confronti dei bambini piu' piccoli.
Rubava oggetti e cibo dai bambini piu' piccoli e, se ostacolata, manifestava scatti di ira e violenza incontrollata, al punto da dover essere legata ed isolata.
Nonostante il suo QI misurasse solo 72, era evidente come il suo comportamento fosse causato da disturbi gravi della personalita', e si ipotizzava che - una volta curata - il suo reale potenziale sarebbe invece rientrato nella norma.

Prima sessione di Patty
Durante la prima sessione, Patty passo' ben sette ore regredendo ad uno stadio infantile di tipo "orale".
Ripeteva incessantemente "ho fame" e, quando le si chiedeva di cosa avesse fame, non faceva che ribadire di avere fame.
Per tutta la durata della sessione, Patty rosicchio' e succhio' gli abiti propri e degli altri, le proprie dita, le proprie braccia e qualsiasi oggetto riuscisse a raggiungere.
Le fu dato un biberon vuoto e lei continuo' a masticare e succhiare la tettarella per ore.
Era evidente che cercava di trarre nutrimento da qualsiasi cosa potesse raggiungere nell'ambiente circostante.
Durante la sessione, un membro dello staff sedeva con lei, le teneva la mano e la abbracciava o scuoteva dolcemente.
Le veniva offerto un contatto fisico costante.
Per circa due ore, Patty morse e mastico' il ciuccio del biberon con fare aggressivo, stirandolo e rosicchiandolo con vigore.
Infine, sembro' esausta, e resto' in silenzio per circa un'ora. Successivamente, tenne la mano di un membro del personale e sorrise in silenzio, senza parlare. Sembro' in grado di stabilire contatti interpersonali autentici.
Nel mese successivo alla prima sessione, Patty non manifesto' il desiderio di parlare della propria esperienza.

Seconda sessione di Patty
Durante la seconda sessione, Patty passo' molto tempo a succhiare dal biberon, solo questa volta chiese che fosse riempito di latte e noi acconsentimmo. Successivamente, entro' in uno stato di panico e parlo' a lungo del terrore di venire respinta dai propri genitori. Insistette a lungo noi con noi perche' li chiamassimo immediatamente, affiche' potessero passare a prenderla e riportarla a casa. Si mostro' estremamente ansiosa e preoccupata di essere abbandonata da loro ed una volta, parlando di sua madre, disse "Non mi ama".
Dopo circa tre ore di costante agitazione, Patty passo' in uno stato silenzioso per un po'.
Riprese a succhiare piano il biberon e, quando lo toglieva dalla bocca, ripeteva "Io sono amata".
Dopo circa quattro ore in questo stato, disse: "Io amo mia madre, io amo mio padre, io amo i miei fratelli e le mie sorelle. Non mi sono mai sentita cosi' prima d'ora. Io li amo."
Disse di non aver mai provato prima la sensazione di sentirsi amata e quel che sentiva in quel momento era per lei del tutto nuovo.
Entro' quindi in uno stato di trance profonda, in cui rimase per circa due ore.
In quella fare, era del tutto immobile e non rispondeva ad alcuno stimolo esterno, fosse esso verbale o tattile.
Invine, usci' da quello stato e prese a sorridere, ma non rispose ad alcuna nostra domanda.
Dopo circa un'ora, si alzo' dal letto e manifesto' il desiderio di fare una passeggiata fuori.
Apparve felice e sorridente e alle volte rise con forza.
Dopo questa sessione, Patty di nuovo non volle parlare della propria esperienza, ma il modifico' in modo radicale il proprio comportamento, nel senso che gli attacchi d'ira cessarono e lei apparve distesa e contenta.
Interagi' con un atteggiamento nuovo e piu' maturo con tutto lo staff e sviluppo' una relazione molto positiva (che appariva come adorazione adolescenziale) con uno degli interni di psicologia maschi e trascorsero parecchio tempo insieme.

Terza ed ultima sessione di Patty

Anche la terza sessione, fu inizialmente caratterizzata da comportamento regressivo di tipo "orale". Patty chiese il biberon con il latte e trascorse circa due ore mordendolo, succhiandolo e cercando persino di ingoiare l'intera bottiglia, ma tale comportamento - questa volta - non aveva un carattere di disperazione. Sembrava piu' giocare con la bottiglia, divertirsi e la sua espressione in viso era serena e felice. Succhiava il biberon a lungo e poi scivolava in uno stato di pace e serenita', del tutto rilassata, e sorrideva alle infermiere quando stabiliva con loro contatto visivo.

Voleva restare in silenzio e noi restavamo in silenzio con lei, toccandola, abbracciandola, tenendole la mano quando lei si allungava verso di noi. Patty rispondeva allo stimolo visivo, ad esempio, di una rosa con delizia e stupore.
Gradi' davvero l'attenzione e l'affetto dello staff.
Ancora una volta, dopo la sessione, si dimostro' molto piu' matura, interessata a relazionarsi con gli adulti e volle tornare a scuola dai propri coetanei.
I suoi comportamenti antisociali, i furti e gli scatti d'ira scomparvero del tutto e Patty si senti' pronta ad affrontare la scuola anche al di fuori dell'ambito ospedaliero. Si sentiva emozionata per questa nuova situazione e non manifesto' alcuna ricaduta. Non sembrava nutrire preoccupazioni per il cambiamento ed era eccitata dall'opportunita' di inserirsi in ambienti nuovi e si comporto' molto bene.
Continuo' a rientrare in ospedale, dopo la scuola e mantenne sempre un atteggiamento di collaborazione con lo staff.
Divenne una ragazzina molto affezionata ed amabile e la sua personalita' era diventata placida e tranquilla.

L'articolo continua qui.

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Traduzione di Rio
Link alla fonte originale in inglese: http://www.maps.org/news-letters/v07n3/07318fis.html

lunedì 1 dicembre 2008

Allucinogeni e Psicoterapia (1)

Fialetta e flacone del Delysid,
nome commerciale dell'LSD-25
prodotto dalla Sandoz tra il 1949 ed il 1966.
Premessa del traduttore
Questo e' il primo di quattro post (i link agli altri tre sono [2], [3] e [4]) dedicati all'utilizzo terapeutico delle sostanze allucinogene nel trattamento di pazienti schizofrenici, in cui la patologia ha origini psicologiche.

La semplificazione e' un elemento chiave nella comunicazione sociale.
In pratica, non si puo' veicolare un messaggio su vasta scala se non lo si rende chiaro, semplice, comprensibile a chiunque.
Cio' richiede, da parte di chi deve comunicare, uno sforzo per rendere semplice cio' che e' complesso, attraverso la rimozione dal messaggio dei dettagli tecnici secondari, dei distinguo, delle eccezioni e delle differenze.

Tuttavia tali semplificazioni, se non architettate con attenzione ed amore della verita', sono spesso causa di fraintendimenti, errate conclusioni e, in alcuni casi, di vere e proprie falsità, specie quando sono animate da ragioni sociali e politiche, piu' che dalla necessita' di portare alla luce fatti oggettivi.

Il caso di errata semplificazione di cui parlo in questa nota e' quello relativo agli effetti delle cosiddette sostanze psichedeliche. Le sostanze allucinogene sono state associate ad altre droghe pericolose e, per questa ragione, con esse proibite (persino in ambito clinico) in praticamente tutto il mondo.

Le ragioni sociali di tale bando sono chiare: negli Anni '60 e '70, l'uso diffuso ed errato di queste sostanze e' stato concausa di incidenti gravi, a volte letali.

Inoltre, le sostanze psichedeliche sembravano racchiudere un potenziale "antisociale" piu' forte, rispetto a quello di qualsiasi altra droga, dove "antisociale" va inteso non come foriero di disordini e rivolte, ma come la capacita' di mettere chi consumava tali sostanze nella condizione di ipotizzare, in modo del tutto pacifico e non violento, un sistema di valori sociali e personali differenti ed antagonisti, rispetto a quelli sui quali la societa' e' fondata.

Le sostanze psichedeliche erano (e sono ancora) "nemiche" della societa', in quanto mettono in discussione il principio che l'ordine costituito sia cosi' perche' non puo' che essere cosi'.
Di conseguenza, pur avendo prodotto incidenti (e, in rari casi, decessi) solo quando consumate impropriamente o inconsapevolmente, pur essendo molto, molto meno rischiose per la salute dell'alcol o del fumo, pur non inducendo alcuna dipendenza ne' fisica ne' psicologica, sono state bandite in tutto il mondo.

Non voglio discutere dell'opportunita' o meno di tale bando: le sostanze psichedeliche sono estremamente potenti e, se consumate senza un'adeguata preparazione culturale, al di fuori di un rituale che ne indirizzi l'utilizzo e le modalita' (oltre che le quantita') di consumo e, mi sia consentito, senza un obiettivo "spirituale", possono portare a conseguenze spiacevoli.

L'uso "ricreativo" di una sostanza allucinogena e' semplicemente una cattiva idea. Questa mia considerazione -- ci tengo a precisarlo -- non ha basi etiche. Giocare, non senza rischi, con le alterazioni della biochimica del cervello senza avere un obiettivo di "insight", di crescita interiore, e' una pratica da ritenersi di scarsa utilita' e di ancor meno buon senso.

Forse il legislatore qui non se l'e' sentita di fare dei distinguo.
Ed ha scelto, anche per pressioni politiche, di buttare via il bambino con l'acqua sporca.

D'altro canto, come dargli torto?
Non esisteva una cultura del consumo moderato, come invece c'era da millenni per l'alcol. La societa' riconosce benissimo la differenza tra l'uso "appropriato" dell'alcol (non eccedere, o eccedere solo in ricorrenze particolari, come Capodanno, e mai se cio' costituisce un pericolo per gli altri, come quando si e' al volante, eccetera), ma non riconosce e non comprende un uso appropriato delle droghe psichedeliche.
La societa' tollera un vizio assurdo come quello del fumo, che non ha alcuna utilita' ne' personale ne' sociale, per il semplice fatto che e' storicamente consolidato.

Tuttavia, anche dinanzi all'evidenza scientifica che il fumo fa male e che l'uso in ambito clinico e/o psicoterapeutico di alcune sostanze allucinogene ha prodotto risultati di grande interesse, non e' in grado di -- o non vuole -- darsi una risposta differente.

Esiste, infatti, una vasta letteratura (purtroppo, per la maggior parte soltanto in lingua inglese) sugli effetti dell'LSD nel trattamento di pazienti affetti da turbe psichiche gravi, come la schizofrenia; pazienti per i quali ogni altro trattamento psichiatrico, di tipo farmacologico e non, si era rivelato insufficiente o inutile.
Quando la Sandoz commercializzo' l'LSD-25 nel 1949 con il nome di Delysid, il farmaco era destinato all'uso in ambito esclusivamente psichiatrico, e qualcuno dice che fosse venduto come una sorta di "panacea" nel trattamento di paranoia, comportamento criminale, schizofrenia grave, eccetera.

Panacea o no, sino al ritiro del Delysid dal commercio nel 1966, furono realizzati oltre mille articoli scientifici, diverse dozzine di testi clinici e sei conferenze internazionali, tutti basati sulla somministrazione in ambito terapeutico di LSD-25 ed altre sostanze psichedeliche ad oltre 40 mila pazienti in tutto il mondo.

Esiste un numero significativo di casi in cui l'utilizzo delle sostanze psichedeliche si e' rivelato utile.
Non esiste, invece, un solo caso documentato in cui tale utilizzo si sia rivelato dannoso o abbia in qualche modo peggiorato le condizioni del paziente.
Per amore del vero, va anche detto che l'assenza di effetti nocivi non e' un fatto raro nel caso di sostanze somministrate a pazienti in condizioni gia' di per se' molto gravi.

Gli effetti piu' interessanti si sono avuti con pazienti gia' affetti da turbe psichiche gravi, che avevano subito ulteriori traumi e che si ritrovavano in condizioni di totale isolamento dal mondo come, ad esempio, bambini schizofrenici che, in virtu' delle loro condizioni, avevano subito ripetute violenze a sfondo sessuale in famiglia.
Casi molto seri, in cui l'impiego di qualsiasi altra terapia (incluso l'elettroshock, ancora usato negli Anni '50) si era rivelato del tutto inefficace.

Tradurro' e pubblichero' volentieri in questo spazio il resoconto sul trattamento clinico di questi bambini e sui suoi buoni risultati, se mi verra' richiesto.
Dato il "lieto fine", si tratta di storie interessanti sul piano umano quanto su quello clinico e dimostrano come l'espressione "caso incurabile" dovrebbe sempre essere utilizzata con grande cautela.

Tutto cio' premesso, non volendo piu' ignorare una tale mole di materiale scientifico, questa estate il Governo Federale Svizzero, dopo 40 anni e piu' di bando totale, ha deciso di riaprire la sperimentazione clinica sull'LSD.
(Aggiunta: piu' di recente, anche il Presidente americano Barak Obama ha autorizzato la ripresa della sperimentazione clinica delle droghe psichedeliche).

Personalmente, trovo che questo sia un gesto di grande apertura mentale.

Ciao,

(Rio)

PS. Nei prossimi tre post ([2], [3] e [4]), l'esperienza ed i risultati del dottor Gary Fisher nella terapia di bambini schizofrenici.